Articolo 7 CEDU: quando fare ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo

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Articolo 7 CEDU: quando fare ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo

Violazione dell’ Art. 7 CEDU e ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: se sei sottoposto ad un procedimento penale per un fatto che al momento della commissione non costituiva reato, puoi richiedere assistenza legale ad Avvocato Penalista H24 esperto nel principio di irretroattività delle norme penali. Contattaci qui.

Esaminiamo di seguito le diverse implicazioni del principio di irretroattività della norma penale. Se sei interessato alla redazione di un ricorso davanti alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, clicca qui per capire come compilarlo.

QUALI SONO I PRINCIPI DEL DIRITTO PENALE ?

Il diritto penale si regge sul principio di legalità compendiato nel brocardo “nullum crimen nulla poena sine legem”.

Tale principio, sancito dalla Costituzione all’art. 25 co. 2 e 3, vieta di punire qualsiasi fatto che al momento della sua commissione non sia espressamente previsto come reato dalla legge e con pene che non siano dalla stessa espressamente previste.

Dal principio di legalità ne discendono i seguenti tre corollari:

  • il principio della riserva di legge: ossia il divieto di punire un determinato fatto in mancanza di una specifica norma di legge che lo configuri quale reato;
  • il principio di tassatività: da un lato, indica il dovere del legislatore di determinare le fattispecie penali e, dall’altro, impone al giudice di individuare il tipo di fatto disciplinato dalla norma, in modo tale da determinare una corrispondenza tra il fatto storico e la fattispecie legale astratta;
  • il principio di irretroattività: in base al quale la legge penale ha efficacia soltanto per i fatti commessi dopo la sua entrata in vigore.

COSA PREVEDE IL PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITÀ ?

Nel caso di successione delle leggi nel tempo, il principio generale è quello di irretroattività previsto all’art. 11 delle Preleggi che recita “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”.

Il principio di irretroattività in materia penale è temperato dall’art. 2 c.p. in forza del quale nel concorso di due leggi, quella vigente al momento del fatto e quella attuale, si applica quella più favorevole al reo.

L’irretroattività delle norme penali è cristallizzata in un principio relativo e non assoluto, proprio perché la legge più favorevole al reo può avere effetto retroattivo.

COME SI APPLICA IL PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITÀ DELLE NORME PENALI ?

L’art. 2 c.p. prevede tre diverse manifestazioni del principio di irretroattività delle norme penali:

  • nuove incriminazioni: quando una nuova norma riconosce come reato un fatto che prima era perfettamente lecito, trova applicazione il principio di irretroattività della legge per cui ogni legge che prevede nuove figure di reato si applica solo ai fatti commessi dopo la sua entrata in vigore;
  • abolizione di incriminazioni precedenti: quando una nuova norma non prevede più come reato un fatto che in precedenza era considerato tale, si applica il principio della retroattività della legge penale nuova più favorevole al reo;
  • nuove disposizioni solo modificatrici: quando una nuova norma considera pur sempre come reato il fatto previsto da una legge anteriore ma stabilisce per essa un trattamento diverso, la nuova legge opererà retroattivamente o irretroattivamente a seconda che la modificazione siano favorevoli o sfavorevoli al reo.

Nel caso in cui, in relazione ad una determinata fattispecie, venga pronunciata condanna a pena detentiva e successivamente a seguito di modifica legislativa, la norma posteriore preveda, per la medesima fattispecie, esclusivamente la pena pecuniaria, il principio di irretroattività delle norme penali impone che la pena detentiva inflitta si converta immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria.

Le ipotesi sovraesposte non trovano spazio nel caso di leggi eccezionali o temporanee (ovvero quelle che si applicano solo per il tempo in cui sono necessarie) per le quali si applica sempre la legge del tempo in cui è stato commesso il reato.

QUALE TIPO DI RAPPORTO INTERCORRE TRA L’ART. 2 C.P. E L’ART. 7 CEDU ?

Indispensabile è segnalare la relazione tra l’articolo 2 c.p. e l’ Art. 7 CEDU (Convenzione Europea per i Diritti Umani).

L’ Art. 7 CEDU fa proprio il principio di retroattività della legge penale più favorevole e recita “nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso. Il presente articolo non ostacolerà il giudizio e la condanna di una persona colpevole di un’azione o di un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, costituiva un crimine secondo i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili”.

L’ Art. 7 CEDU, al primo paragrafo, nello stabilire il principio di legalità dei reati e delle pene, sancisce anche il principio di irretroattività della norma penale.

Al secondo paragrafo, è prevista un’eccezione al suddetto principio, consentendo la punizione della persona responsabile di un fatto che, al momento in cui è stato commesso, doveva considerarsi criminale secondo i principi generali del diritto riconosciuti dalle nazioni civili. La Corte europea si è avvalsa di tale deroga alla legalità penale in casi concernenti vicende accadute durante il secondo conflitto mondiale o nell’immediato dopoguerra.

QUALE È LA PECULIARITÀ DEL PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITÀ DELLA CEDU ?

Nell’esaminare il principio di irretroattività della norma penale di cui all’ Art. 7 CEDU, occorre tenere presente una differenza sostanziale con il nostro ordinamento rappresentata dalla diversa nozione di “legge”.

La giurisprudenza della Corte europea offre una nozione autonoma di legge e, in particolare, di legge penale.

“Legge” non è tanto l’atto scritto che risulta da particolari procedimenti di produzione, quanto il “diritto applicato” ossia quel diritto che nasce dalla produzione giurisprudenziale.

In questo senso, il principio di irretroattività in materia penale andrebbe ad applicarsi non ad una norma penale scritta ma bensì ad una regola di giudizio, ragionevolmente conoscibile e prevedibile al momento in cui il fatto è stato compiuto.

COSA ACCADE QUANDO NELL’ORDINAMENTO PENALE ITALIANO SI REGISTRA UN MUTAMENTO GIURISPRUDENZIALE ?

Il principio di irretroattività della norma penale di cui all’ Art. 7 CEDU – così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU – non consente l’applicazione retroattiva dell’interpretazione giurisprudenziale di una norma penale nel caso in cui il risultato interpretativo non fosse ragionevolmente prevedibile nel momento in cui la violazione è stata commessa.

Quindi, la Corte EDU non impedisce alla giurisprudenza nazionale di mutare il proprio orientamento nell’interpretazione di una norma legislativa, né in materia extrapenale né in materia penale.

Si richiede, tuttavia, che tale mutamento sia ragionevolmente prevedibile dal destinatario della norma affinché lo Stato non incorra in una violazione dell’art. 6 (quanto alla materia extrapenale) e dell’ Art. 7 CEDU (in relazione alla materia penale).

Per cui la ragionevole prevedibilità di una interpretazione giurisprudenziale rappresenta il discrimine fra condotte che possono essere punite anche in ragione di una interpretazione che si è affermata in epoca successiva al loro compimento e condotte che debbono andare, invece, esenti da pena.

La Vª sezione della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 37857 del 24/04/2018, aderendo all’interpretazione del principio di irretroattività della norma penale enunciato dalla Corte Edu, ha affermato che

“in tema di successione di leggi penali nel tempo, l’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo non consente l’applicazione retroattiva dell’interpretazione giurisprudenziale più sfavorevole di una norma penale solo quando il risultato interpretativo non era ragionevolmente prevedibile nel momento in cui la violazione è stata commessa”.

Suprema Corte di Cassazione

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