Utilizzabili o meno le conversazioni di WhatsApp? La decisione della Corte di Cassazione

Utilizzabili o meno le conversazioni di WhatsApp? La decisione della Corte di Cassazione

Cass. Sez. V n. 49016_2017 art. 612bis cp whatsapp

L’utilizzabilità delle conversazioni WhatsApp è subordinata all’acquisizione del supporto – telematico o figurativo – contenente la registrazione, svolgendo la relativa trascrizione una funzione meramente riproduttiva del contenuto della principale prova documentale. Ciò in quanto occorre controllare l’affidabilità della prova medesima mediante l’esame diretto del supporto onde verificare con certezza sia la paternità delle registrazioni sia l’attendibilità di quanto da esse documentato.

Secondo il codice di procedura penale, possono essere utilizzate.

WHATSAPP: CHAT VALIDE COME PROVA SE SI ACQUISISCE ANCHE IL TELEFONO.Cass. Sent. n. 49016/2017 Per la Cassazione solo così è possibile verificare l’affidabilità, nel processo penale, della mera trascrizione del contenuto della chat.La Corte di cassazione ha dato una risposta: per l’utilizzabilità della chat è indispensabile l’acquisizione del supporto telematico o figurativo.Per i giudici, è vero che la registrazione di tali conversazioni da parte degli interlocutori rappresenta la memorizzazione di un fatto storico, del quale è possibile disporre a fini probatori: si tratta infatti di una prova documentale legittimata dall’articolo 234 del codice di procedura penale, il quale contempla la possibilità di acquisire in giudizio anche documenti che rappresentano fatti, persone o cose attraverso la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.Tuttavia, è anche vero che la trascrizione ha una funzione di mera riproduzione del contenuto della principale prova documentale, con la conseguenza che la sua utilizzabilità richiede necessariamente l’acquisizione del supporto che la contiene. Solo in tal modo (e quindi esaminando direttamente il supporto) è infatti possibile controllare l’affidabilità della prova, ovverosia la paternità delle registrazioni e l’attendibilità di quanto esse documentano.

I dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono in uso all’indagata (sms, messaggi whatsApp, messaggi di posta elettronica “scaricati” e/o conservati nella memoria dell’apparecchio celluiare) hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen. La relativa attività acquisitiva non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche. Secondo l’insegnamento della Corte di legittimità non è applicabile la disciplina dettata dall’art. 254 cod. proc. pen. con riferimento a messaggi WhatsApp e SMS rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro, in quanto questi testi non rientrano nel concetto di “corrispondenza”, la cui nozione implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito (Sez. 3, n. 928 del 25/11/2015, dep. 2016, Giorgi, Rv. 265991). Non è configurabile neppure un’attività di intercettazione, che postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, mentre nel caso di specie ci si è limitati ad acquisire ex post il dato, conservato in memoria, che quei flussi documenta. 1822/2018

Se vuoi ricevere una consulenza su questo argomento clicca qui.

    RICHIEDI UNA PRIMA CHIAMATA GRATUITA