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L’allenatore di una squadra di pallacanestro, che ha compiuto degli atti sessuali ai danni di un minore di 11 anni, è punito ai sensi dell’art. 609-quater, comma 1, numero 1 (minore di 14 anni), non rientrando il caso nell’ipotesi prevista dal numero 2 dello stesso comma (minore di 16 anni, affidato al colpevole per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia).
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 maggio – 24 giugno 2014, n. 27419 Presidente Squassoni – Relatore Marini
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza ex art. 442 cod. proc. pen. emessa il 13/7/2011 il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Bologna ha condannato il sig. C. alla pena di cinque anni di reclusione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla circostanza aggravante ex art. 61, n. 11, cod. pen., perché colpevole del reato previsto dagli artt. 81, 609-quater cod. pen. commesso in danno di persona di undici anni di età in più occasioni fino al (omissis) e quindi in data (omissis) . Lo ha condannato, altresì, alle pene accessorie di legge e al risarcimento dei danni in favore del minore e di ciascuno dei suoi genitori, costituiti parte civile.
Il giudice ha ritenuto provato che l’imputato in più occasioni, e fino all’arresto in flagranza di reato avvenuto il 3 dicembre 2010, ebbe a compiere atti sessuali in danno di un minore di anni 11 di età che gli era affidato nella sua qualità di allenatore di una squadra di pallacanestro.
2. Con sentenza del 16/1/2013 la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Giudice delle indagini preliminari, ha ridotto a 4 anni e 4 mesi di reclusione e modificato la durata della pena accessoria, confermando nel resto la sentenza impugnata anche nella parte relativa alla condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile.
3. La Corte di appello ha rigettato i motivi di appello che sollecitavano l’esclusione della circostanza aggravante ex art. 61, n. 11, cod. pen. e la applicazione dell’ipotesi attenuata prevista dal comma 3 dell’art. 609 quater cod. pen., incompatibile con la gravità dell’episodio maggiormente invasivo della sfera sessuale del minore. Quindi, confermato il giudizio di equivalenza tra circostanze, ha ritenuto corretta l’entità della pena base fissata dal primo giudice (anni 5 di reclusione) ma ridotto l’entità dell’aumento relativo ai restanti episodi criminosi, giudicati di ridotta gravità.
4. Avverso tale decisione l’avv. Cesarina Mitaritonna nell’interesse del sig. C. propone ricorso in sintesi lamentando:
errata applicazione di legge ex art.606, lett. b) cod. proc. pen. per avere i giudici di merito ritenuto applicabile la fattispecie ex artt. 609 quater, comma 1, n. 1, cod. pen. aggravata ai sensi dell’art. 61, n. 11, cod. pen. e non la più corretta ipotesi ex art. 609 quater, comma 1, n. 2, cod. pen. (ipotesi oggetto della contestazione contenuta nel capo d’imputazione). Depongono in tal senso non solo il chiaro rapporto fra circostanza aggravante ed elemento costitutivo del reato, ma le decisioni con cui la Sez. 3 della Corte di Cassazione ha ritenuto irrilevante l’età della persona offesa in relazione alla sussistenza dell’ipotesi prevista dal n. 2 del comma 1 dell’art. 609 quater cod. pen. (n.35018 del 18/6/2003; n. 37509 del 28/9/2011).
5. Con memoria depositata in data 16 aprile 2014 la Difesa del ricorrente insiste nell’interpretazione degli artt. 609 quater, comma 1, n. 2, e 61, n. 11, cod. pen. e nella richiesta di assorbimento della circostanza aggravante all’interno della fattispecie incriminatrice.
6. Con memoria datata 24 aprile 2014 e trasmessa via telefax in pari data la Difesa di parte civile richiama la differenza esistente nel testo dell’art. 609-quater cod. pen. tra l’ipotesi indicata al n. 1 e quella indicata al n. 2 della fattispecie e le ricadute che questo ha sull’applicabilità della circostanza aggravante ex art. 61, n. 11 cod. pen..
Considerato in diritto
1. La Corte ritiene che il ricorso debba essere rigettato in quanto propone una lettura non condivisibile delle disposizioni di legge applicabili al caso in esame.
2. L’età della persona offesa al momento in cui ebbero inizio le condotte illecite, pari a soli undici anni, riconduce inevitabilmente la fattispecie concreta all’interno di quella prevista dal n. 1 del primo comma dell’art. 609-quater cod. pen., che prevede la punibilità degli atti sessuali commessi da chiunque in danno di persona infraquattordicenne. È noto che tale disposizione si fonda sulla presunzione dell’assenza di autonoma capacità di determinarsi dei minori di età inferiore ai quattordici anni e introduce una forma incondizionata di tutela della persona offesa. Diversa è la forma di tutela contenuta nel numero 2 dello stesso comma, che presuppone un difetto di libera determinazione della persona minore di anni sedici quando l’autore sia un soggetto ritenuto in grado di influire sulla volontà e sulle scelte della vittima in virtù del particolare legame esistente e della posizione di supremazia insita in quel legame.
3. Così ritenuta corretta la soluzione adottata dai giudici di merito nel qualificare la condotta del ricorrente, non sussistono ragioni per escludere la circostanza aggravante prevista dall’art.61, n. 11 cod. pen., certamente sussistente alla luce della relazione che legava l’allenatore al proprio allievo e che ha costituito occasione per il verificarsi dei fatti e ragione ulteriore di minorata difesa da parte della vittima.
4. Quanto alle spese sostenute dalla parte civile nel grado, la Corte ritiene che il principio di soccombenza debba essere applicato anche al presente caso.
La qualificazione giudica del fatto, ivi compresa l’applicazione della circostanza aggravante, costituisce elemento rilevante ai fini della valutazione complessiva della vicenda e non può essere considerata elemento privo di interesse in vista della determinazione del risarcimento. A ciò si aggiunga che l’impugnazione del ricorrente sottopone al giudice di legittimità questioni che aprono alla possibilità che la Corte individui l’esistenza di istituti applicabili officiosamente, così che la parte civile non può dirsi priva di un interesse concreto nel partecipare al giudizio.
5. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.000,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.000,00, oltre accessori di legge.