Avvocato per incidente sul lavoro: quando deve essere assolto il datore di lavoro

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Avvocato per incidente sul lavoro: quando deve essere assolto il datore di lavoro

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Nella sentenza n. 54813/2018 la IV sezione della Corte di Cassazione si è occupata della tematica dell’individuazione dei responsabili degli incidenti sul lavoro; nello specifico la Corte veniva chiamata a valutare la legittimità della sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria  che condannava l’imputato per omicidio colposo, commesso con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, in quanto responsabile della morte sul lavoro di un operaio.

IL FATTO CONTESTATO

La vittima era un dipendente della società Italgeo, che era parte di un raggruppamento di imprese al cui vertice vi era la società Porto di Messina di cui il ricorrente era delegato con funzioni di datore di lavoro.

Il giorno dell’incidente sul lavoro, un autoarticolato della ditta Calabria Lavoro a cui era agganciato un pianale si presentava sul cantiere della Italgeo. Il capocantiere della Italgeo ordinava a tre operai, tra cui la vittima, di caricare sull’autoarticolato una trivella perforatrice. A quel punto si verificava un’avaria nell’abbassamento del pianale a cui i tre operai della Italgeo, unitamente all’autista dell’autocarro, ponevano rimedio  in modo fortuito ed improvvisato facendo pressione sulle rampe e riuscendo a caricare la trivella. Trasportata la trivella nel luogo stabilito, nel tentativo di scaricarla, l’autista sganciava le rampe del pianale ed una di queste si abbatteva sulla vittima provocandone la morte.

Di tale incidente sul lavoro da cui scaturiva la morte dell’operaio venivano chiamati a rispondere il ricorrente,  quale datore di lavoro della società vertice Porto di Messina, l’autista dell’autoarticolato (condannato), la titolare della ditta Calabria Lavoro (assolta) ed il capocantiere della ditta Italgeo (assolto).

Al ricorrente, nella sua qualità datoriale, veniva contestato di non avere ottemperato, nei riguardi dell’operaio rimasto vittima dell’incidente sul lavoro, ai suoi doveri di formazione ed informazione relativamente alle attrezzature presenti sul luogo di lavoro e veniva condannato sia in primo che in secondo grado per omicidio colposo.

IL RICORSO PER CASSAZIONE

La difesa evidenziava i diversi errori in cui era incorsa la Corte d’appello e consistenti nel non valutare le seguenti circostanze:

  •        che il ricorrente era titolare della posizione datoriale nell’ambito della società consortile Porto di Messina e non della Italgeo;
  •        che la vittima non era  dipendente dalla Porto di Messina, ma dalla Italgeo, e dunque il suo datore di lavoro era il capocantiere;
  •        che il ricorrente aveva conferito al capocantiere della ditta Italgeo (nel settembre 2005, ossia prima dell’incidente sul lavoro) non solo la posizione di “assistente di cantiere”, ma anche quella di responsabile della gestione personale anche per quanto riguarda la formazione, con il compito di istruire il personale preposto e gli addetti al lavoro;
  •        che l’incidente sul lavoro era stato causato dalla manomissione di un mezzo di trasporto appartenente alla Calabria Lavoro.

La difesa eccepiva anche la contraddizione in cui era incorsa la Corte di merito che nell’assolvere la titolare della ditta che aveva fornito l’autoarticolato, aveva descritto la manovra eseguita sulle rampe come del tutto anomala, ma non estendeva tale ragionamento anche al ricorrente.

LA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE

La Corte di Cassazione riteneva il ricorso fondato osservando che la Corte di Appello non aveva valutato l’atto col quale il ricorrente, quale datore di lavoro della ditta Porto Messina, attribuiva al capocantiere della Italgeo dei poteri in materia prevenzionistica tra i quali quello di «opportunamente istruire il personale preposto e gli addetti ai lavori (…)».

La Corte non sottaceva che, anche in caso di delega, il datore di lavoro delegante non è del tutto sollevato dagli obblighi connessi alla sua posizione di garanzia, fra cui quello della formazione e dell’informazione dei lavoratori (cfr. ad es. Sez. 4, n. 44977 del 12/06/2013, Lorenzi e altri) ma riteneva, nel caso in esame, necessario comprendere  se permanesse in capo al ricorrente – quale soggetto apicale di una società capogruppo rispetto a quella da cui dipendeva la vittima – la posizione di garanzia in relazione agli obblighi di formazione e di informazione, con riferimento a rischi connessi alla cooperazione dei lavoratori (dipendenti da altra società del consorzio) con soggetti terzi, nell’impiego di un mezzo appartenente ad altra ditta (la Calabria Lavoro) estranea al consorzio di cui la società Porto di Messina era capogruppo.

Secondo i giudici di legittimità vi erano due problemi  irrisolti:

In primo luogo, atteso che nella sentenza viene dato atto del fatto che la manovra errata sarebbe stata compiuta dall’autista  (che agiva di fretta) contro il parere degli operai della Italgeo (tra cui la vittima), non si evince dalla motivazione in quali termini e sotto quale profilo il comportamento alternativo doveroso – ossia l’ottemperanza all’obbligo formativo e informativo che il Damiano avrebbe disatteso – sarebbe stato, nel caso di specie, salvifico.

In secondo luogo, per quanto concerne la prevedibilità dell’accaduto, era palese la contraddittorietà del percorso argomentativo addotto nella sentenza impugnata, laddove – per la  titolare della società proprietaria dell’autoarticolato e del pianale – le attività poste in essere dall’autista e dagli operai della Italgeo per tentare di riparare la rampa sono ricondotte a «un’operazione di manomissione così anomala» che «fuoriusciva del tutto dalle condotte che ci si poteva attendere dai lavoratori» ed integrava perciò un’ipotesi di comportamento eccezionale, abnorme ed esorbitante idoneo a interrompere il nesso di causalità in quanto causa sopravvenuta idonea da sola a determinare l’evento.

Sicchè, la condotta dell’autista e dei dipendenti della Italgeo dovrebbe considerarsi eccezionale e con valenza interruttiva del nesso eziologico anche quanto al ricorrente.

Al riguardo, deve ricordarsi che, secondo l’ormai pacifico insegnamento della giurisprudenza di legittimità, è interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore, quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è “interruttivo” non perché “eccezionale” ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (Sez. Unite, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri).

Perciò, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria, cui spetterà di chiarire se la mancanza di formazione e informazione del personale a fini prevenzionistici abbia avuto un rilievo eziologicamente rilevante nell’accaduto, e se il rischio concretizzatosi nell’incidente sul lavoro rientrasse fra quelli che il ricorrente, nella sua qualità, doveva governare.

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