Se hai bisogno di consulenza o assistenza legale contattaci qui, Avvocato Penalista H24 vanta grande esperienza nel reato di maltrattamenti in famiglia.
Andiamo ad esaminare le condotte che integrano il reato di maltrattamento in famiglia di cui all’art. 572 c.p. e le diverse sanzioni previste.
L’art. 572 c.p. rubricato “Maltrattamenti contro familiari e conviventi” sanziona con la reclusione da due a sei anni chi, fuori dai casi indicati all’articolo precedente (ossia le condotte di abuso dei mezzi di correzione o disciplina in grado di provocare una malattia nel corpo e nella mente – art. 571 c.p.), maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, di istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte. In questi casi è opportuno avvalersi, per una assistenza legale adeguata, di un esperto avvocato per maltrattamenti in famiglia.
Cosa significa maltrattare i familiari ed i convinventi?
L’elemento oggettivo dei maltrattamenti in famiglia: la condotta si estrinseca nel “maltrattare” ossia umiliare mediante una serie di atti lesivi dell’integrità, della libertà e del decoro del soggetto passivo nei cui confronti viene posta in essere una condotta sistematica di sopraffazione, tale da rendergli la vita e l’esistenza particolarmente dolorose.
Affinché si configuri la condotta di maltrattamenti in famiglia, i maltrattamenti devono tradursi un una condotta abituale che si manifesta attraverso più atti, delittuosi o meno, realizzati in momenti successivi con la consapevolezza di ledere l’integrità fisica e morale del soggetto passivo, tanto da sottoporlo ad un regime di vita dolorosamente vessatorio.
Infatti, nelle condotte che integrano la fattispecie di maltrattamenti in famiglia non rientrano soltanto le percosse, le ingiurie, le minacce, le privazioni e le umiliazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità che si risolvono in vere e proprie sofferenze morali. La giurisprudenza ricomprende implicitamente nella nozione di maltrattamento anche l’abbindolamento psicologico.
L’abitualità della condotta che caratterizza ed unifica i diversi atti vessatori, non significa che per la configurabilità del reato di maltrattamento in famiglia occorra un comportamento vessatorio continuo ed ininterrotto, giacché è possibile che gli atti lesivi si alternino con periodi di normalità e che siano cagionati, a volte, da motivi contingenti.
Quindi, in ragione della natura abituale del reato di maltrattamenti in famiglia, l’intervallo di tempo tra una serie e l’altra di episodi lesivi non fa venir meno l’esistenza del reato.
L’elemento soggettivo dei maltrattamenti in famiglia: l’elemento psicologico è dato dal dolo generico, ossia la coscienza e volontà di maltrattare il soggetto passivo e di sottoporlo ad una serie di sofferenze fisiche e morali, in modo continuativo ed abituale, tale da lederne la personalità.
Qual è il concetto di famiglia rilevante ai fini della configurabilità dei maltrattamenti in famiglia?
Sul concetto di famiglia rilevante per l’integrazione del reato di maltrattamenti in famiglia, è intervenuta la legge n. 172/2012 con cui è stata ratificata la Convenzione di Lanzarote che ha ad oggetto la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale.
Tale intervento legislativo ha apportato delle modifiche al reato di maltrattamenti in famiglia estendendo l’applicazione della fattispecie anche alla convivenza.
Peraltro, con tale novella il legislatore codifica un principio ormai consolidatosi in giurisprudenza, ossia: “ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia il richiamo al concetto di famiglia deve intendersi riferito a qualsiasi consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e di solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo”.
Anzi la Corte di Cassazione ha chiarito che il reato di maltrattamenti in famiglia si configura anche se le condotte vessatorie sono poste in essere ai danni del coniuge non più convivente, a seguito di separazione legale o di fatto, purché vi sia con l’agente una stabile relazione dovuta ai vincoli nascenti dal coniugio o dalla filiazione; diversamente, nel caso di divorzio tra i coniugi, ovvero di cessazione della relazione di fatto, le stesse condotte integrano il reato di atti persecutori previsto dall’art.612-bis cod. pen. (Cass. pen. Sez. 6, Sentenza n. 3087 del 19/12/2017).
Ed addirittura, nel reato di maltrattamenti in famiglia trova rilevanza penale la figura del ’mobbing’, ossia quel comportamento vessatorio e denigratorio atto a assurgere il lavoratore come mero prestatore di energie lavorative e finalizzato alla emarginazione dello stesso con l’intenzione di indurlo a licenziarsi. Dunque, anche in questo caso puoi rivolgerti ad un avvocato esperto nel campo dei maltrattamenti in famiglia.
Il mobbing, tuttavia, può rientrare nel concetto di maltrattamenti in famiglia esclusivamente qualora il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente assuma natura para-familiare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia (Cass. pen. Sez. 6, Sentenza n. 14754 del 13/02/2018).
Al fine di comprendere quali condotte in concreto integrano il reato di maltrattamento in famiglia e, quindi, per predisporre la giusta difesa nell’ambito di un procedimento penale, è necessario farsi assistere da un avvocato penalista esperto nei reati di maltrattamento in famiglia. Se hai bisogno di assistenza o consulenza legale puoi contattarci qui e ti metteremo in contatto con un avvocato che si occupa di maltrattamenti in famiglia.
Quali condotte integrano le ipotesi aggravate dei maltrattementi in famiglia?
Nel reato di maltrattamenti in famiglia costituisce circostanza aggravante ad effetto speciale quando dal fatto ne derivi:
- una lesione personale grave (reclusione dai quattro ai nove anni);
- una lesione personale gravissima (reclusione dai sette ai quindici anni);
- la morte (reclusione dai dodici ai ventiquattro anni).
Oltre alle suddette aggravanti speciali previste dall’art. 572 c.p., per il reato di maltrattamenti in famiglia spesso trova applicazione anche l’aggravante comune prevista dall’art. 61 n. 11 quinquies dell’aver commesso il fatto in danno o in presenza (c.d. Violenza assistita) di un minorenne o di donna in stato di gravidanza.
Infine, il reato di maltrattamenti in famiglia di cui all’art. 572 c.p. è procedibile d’ufficio e quindi non è necessario proporre una querela ed in caso di flagranza è previsto l’arresto obbligatorio. Anche in caso di proposizione di una querela è comunque il caso di affidarsi ad un esperto avvocato per maltrattamenti in famiglia.
Se vuoi ricevere assistenza o consulenza legale in materia di maltrattamenti in famiglia, contattaci qui, il team Avvocato Penalista H24 è esperto in materia.