Condanna Berlusconi a 4 anni

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Condanna Berlusconi a 4 anni

Berlusconi condannato a 4 anni.
Da ilMessaggero
 
ROMA – Confermata la condanna d’appello a 4 anni di reclusione e rinvio alla Corte d’Appello di Milano per rideterminare l’interdizione: lo ha deciso la Corte di Cassazione a conclusione del processo Mediaset.
Appena letta la sentenza un piccolo boato di esultanza si è levato dal gruppetto di sostenitori di Silvio Berlusconi che hanno appreso in diretta la sentenza della Corte di cassazione. Dietro le transenne di piazza del Gesù i manifestanti hanno gridato «Silvio-Silvio».
Confermata la condanna dei coimputati di Berlusconi. La Corte di cassazione ha rigettato i ricorsi di Daniele Lorenzano, Gabriella Galetto e Frank Agrama, coimputati di Berlusconi nel processo Mediaset. Nei loro confronti, dunque, la sentenza di condanna d’appello diventa definitiva. Frank Agrama, il produttore statunitense ritenuto “socio occulto” di Berlusconi, ha una condanna a 3 anni di reclusione (condonati), mentre gli ex manager Daniele Lorenzano e Gabriella Galetto hanno riportato condanne a 3 anni e 8 mesi e ad un anno e due mesi. «E’ una sentenza ingiusta e ingiustificabile in un paese di diritto» ha detto il legale di Frank Agrama, l’avvocato Pisano, subito dopo la lettura della sentenza.
La Corte di Cassazione, è detto nel dispositivo della sentenza, «annulla dunque la sentenza impugnata nei confronti di Silvio Berlusconi limitatamente alla statuizione relativa alla condanna alle pena accessoria per l’interdizione temporanea per anni 5 dai pubblici uffici per violazione dell’art. 12, comma 2, decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74 e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della corte d’appello di Milano perchè ridetermini la pena accessoria nei limiti temporali fissati dal citato articolo 12, ai sensi dell’art. 133 codice penale, valutazione non consentita alla Corte di legittimità. Rigetta nel resto il ricorso del Berlusconi nei cui confronti dichiara, ai sensi dell’articolo 624 comma 2 codice procedura penale, irrevocabili tutte le altre parti della sentenza impugnata».
«Non dirò “a”». È quanto si è limitato a dire uno dei legali dello studio Coppi che ha assistito Silvio Berlusconi nel processo Mediaset in Cassazione subito dopo la lettura del dispositivo. Anche alle richieste di un suo commento tecnico sulla sentenza non ha voluto rilasciare dichiarazioni.
L’avvocato Dinacci. «La pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, per Silvio Berlusconi, potrebbe ridursi fino a un anno di interdizione, perchè le norme alle quali ha fatto riferimento il dispositivo del verdetto prevedono un’interdizione da un anno a un massimo di tre. La misura dunque la rideterminerà la corte di Milano». Lo ha detto l’avvocato Filippo Dinacci, che nel processo Mediaset in Cassazione ha difeso Gabriella Galetto, e che difende l’ex premier in altri procedimenti.
Il procuratore di Milano. Nessun commento alla decisione della Cassazione sul processo Mediaset da parte del procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati che si è limitato a spiegare che «la pena principale è definitiva ed è eseguibile».
Delusione ma soprattutto soddisfazione davanti al Palazzaccio a Roma, sede della Cassazione, dopo la sentenza emessa sul caso Mediaset. C’è chi esprime delusione per la conferma della condanna, mentre tanti altri sono «soddisfatti». In particolare, il coordinamento di cittadini guidato da Gianfranco Mascia, che ora chiede che «la giunta del Senato proceda per l’interdizione dai pubblici uffici». Davanti alla Corte di Cassazione sono assiepate circa un centinaio di persone tra curiosi e attivisti del Popolo Viola. Qualcuno espone cartelli dalla scritta ‘Nessuno è più uguale degli altrì e fogli con l’immagine di Berlusconi e la scritta ‘Giustizia è fatta’.
In via del Plebiscito lo stato maggiore del Pdl. Subito dopo la lettura della sentenza della Cassazione a Palazzo Grazioli sta arrivando tutto lo stato maggiore del Pdl. Tra i primi a giungere a via del Plebiscito i due capigruppo Renato Schifani e Renato Brunetta, il coordinatore del partito Denis Verdini e il senatore pidiellino Altero Matteoli.
L’attesa del Cavaliere. Berlusconi ha atteso la sentenza blindato a palazzo Grazioli con i più stretti collaboratori, sua figlia Marina, Gianni Letta e l’avvocato Franco Coppi e il vicepremier Alfano. Fuori Palazzo Grazioli ressa di giornalisti e telecamere, gli unici ammessi davanti all’ingresso della residenza romana del Cavaliere. Le strade limitrofe, infatti, per motivi di sicurezza sono state chiuse. Chiusa anche via del Plebiscito. Traffico in tilt in tutto il centro storico a causa anche di una manifestazione che si è svolta nei pressi di Palazzo Grazioli. I bus – informa l’Agenzia per la Mobilità di Roma – sono stati a Teatro Marcello-lungotevere. Direzione Venezia deviati lungotevere-Arenula-Argentina. In forte ritardo l’intera rete del centro.
A presidiare gli ingressi intorno a Palazzo Grazioli sono state infatti le forze dell’ordine che hanno transennato via del Plebiscito bloccando l’accesso da piazza Venezia, piazza del Collegio Romano e piazza del Gesù. Molti i militanti e i curiosi. Dopo un breve attimo di euforia, i manifestanti vicino Palazzo Grazioli, che avevano esultato per la prima parte della sentenza della Corte di Cassazione sul processo Mediaset, hanno ripiegato le bandiere nel momento in cui i giudici della Suprema Corte hanno confermato la condanna per Silvio Berlusconi per frode fiscale. Il gruppetto ha smesso anche di gridare ‘Silvio, Silvio’ ed è rimasto in silenzio dietro le transenne di Piazza del Gesù. 
La difesa: Berlusconi aveva chiesto l’assoluzione. Per il legale di Berlusconi,
Franco Coppi, l’ex premier doveva essere assolto subito e il verdetto di appello è mosso da pregiudizio. L’altro legale Nicolò Ghedini ha detto: un processo da incubo (continua a leggere).
Il sostituto procuratore generale, Antonello Mura, nella sua requisitoria aveva invece indicato Berlusconi come «l’ideatore del meccanismo delle frodi fiscali» da 7,3 milioni di euro relativi ai diritti tv Mediaset degli anni 2002-2003, e dunque ne ha chiesto la conferma della condanna a quattro anni di carcere (di cui tre coperti dall’indulto). Mura ha però chiesto di ridurre l’interdizione dai pubblici uffici da cinque a tre anni (continua a leggere).

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