Confisca IVA: non può intervenire se viene pagata l’imposta evasa

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Confisca IVA: non può intervenire se viene pagata l’imposta evasa

Con la sentenza che si riporta, emessa il 26.01.2021 e depositata il 09.03.2021, la Suprema Corte di cassazione Sezione IIIª penale ha annullato senza rinvio la decisione del Giudice dell’esecuzione che aveva confiscato dei beni nonostante fosse intervenuto l’accordo tra l’imputato ed il Fisco relativamente al pagamento dell’IVA inizialmente non versata da parte dell’imputato.

Si riporta il testo della sentenza sopra citata.

1. RITENUTO IN FATTO 

1. Con ordinanza del 26 giugno 2020, la Corte d’appello di Ancona, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha deciso sull’istanza con cui S. B., condannato per il reato di cui all’art. 10 quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, aveva richiesto – previa sospensione degli effetti dei provvedimenti esecutivi adottati dalla Procura Generale – la revoca o l’annullamento dell’esecuzione della confisca ex art. 12 bis d.lgs. 74 del 2000, nella misura rideterminata dalla stessa Corte con ord. 4 febbraio 2019, con conseguente restituzione della somma di € 19.417 e di un immobile sito a Civitanova Marche. 

Accogliendo parzialmente detta istanza, la Corte territoriale, senza disporre la restituzione dei beni, ha ordinato la sospensione della «ulteriore esecuzione dei provvedimenti del Procuratore generale della Repubblica in data 31/10/2018 ed in data 8/02/2019 sino all’esito, positivo o negativo, del pagamento rateale, fermo restando il vincolo sui beni derivante dalla confisca». 

2. I MOTIVI DI RICORSO

2. Avverso detta ordinanza, a mezzo del difensore fiduciario, il condannato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con il primo motivo, violazione degli artt. 12 bis d.lgs. 74/2000, 3, commi 14 e 24, d.l. 119/2018, 321 e 323 cod. proc. pen. 

Il ricorrente lamenta che, essendo stato assunto l’impegno, nell’ambito di una procedura agevolata e rateizzata, di pagare all’Erario il debito d’imposta connesso al reato giudicato ed essendo state onorate le (due) rate già scadute, non trattandosi neppure di beni in precedenza sottoposti a sequestro preventivo, non si sarebbe potuto operare materialmente la confisca, come invece avvenuto, in forza della sentenza passata in giudicato. Facendo malgoverno delle citate disposizioni di legge e della sent. Cass. n. 42578/2019 – che aveva rigettato il ricorso proposto da Benedetti e dalle figlie avverso l’ord. 4 febbraio 2019, con cui la Corte d’appello di Ancona aveva ridotto la somma da sottoporre a confisca non accogliendo però la richiesta di revoca della stessa – l’ordinanza impugnata aveva errato nel non restituire all’istante i beni indebitamente appresi, potendo la confisca concretizzarsi nel solo caso di inadempimento degli obblighi assunti dal contribuente nei confronti dell’Erario. 3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di motivazione nella parte in cui si è sostenuto che la restituzione dei beni comporterebbe il pericolo della loro dispersione, non essendosi affermati – né mai verificati – concreti pericoli di atti di diminuzione della garanzia patrimoniale da parte del ricorrente, tanto che neppure nel giudizio di cognizione erano state adottate misure 2 <>L” cautelari reali, avendo peraltro il condannato l’interesse ad adempiere il debito nella forma agevolata, esponendosi, in caso di inottemperanza, al pagamento di una somma almeno tre volte superiore. 

3. CONSIDERATO IN DIRITTO 

1. Il ricorso è fondato. 

Interpretando la disposizione di cui all’art. 12-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, introdotta dal d.lgs. n. 158 del 2015, secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prezzo del reato «non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro», questa Corte ha ritenuto che la stessa debba essere intesa nel senso che la confisca – così come il sequestro preventivo ad essa preordinato – può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito (Sez. 3, n. 28488 del 10/09/2020, D’angela, Rv. 280014, nella cui motivazione si è precisato che il sequestro e la conseguente confisca devono essere conservati fino all’integrale effettivo pagamento della somma evasa, potendo le rate già versate essere considerate solo ai fini della riquantificazione della misura; nello stesso senso, Sez. 3, n. 42470 del 13/07/2016, Orsi, Rv. 268384). Altre, conformi, pronunce hanno stabilito che la confisca può comunque essere adottata nonostante l’accordo rateale intervenuto, ma non è eseguibile, producendo i suoi effetti solo al verificarsi del mancato pagamento del debito (Sez. 3, n. 18034 del 05/02/2019, Castiglioni, Rv. 275951; Sez. 3, n. 6246 del 11/10/2018, dep. 2019, Budino, Rv. 274856). 

2. Nella precedente pronuncia di legittimità – evocata tanto nell’ordinanza impugnata, quanto in ricorso – con cui questa Corte aveva deciso il ricorso proposto contro l’ordinanza del 4 febbraio 2019, resa dalla Corte d’appello di Ancona con riguardo all’esecuzione della confisca in parola, l’orientamento più sopra richiamato era stato calato nella vicenda sub iudice stabilendosi l’impossibilità, per il pubblico ministero, di procedere all’esecuzione della disposta confisca sino a che non si fosse eventualmente verificata la condizione sospensiva dell’inadempimento dell’accordo concluso con l’Erario. 

In particolare, si era in allora stabilito che «al fine di attribuire un significato logicamente plausibile alla norma in esame, deve necessariamente ritenersi che la locuzione “non opera” non significa affatto che la confisca, a fronte dell’accordo rateale intervenuto, non possa essere adottata, ma piuttosto, e più semplicemente, che la stessa non divenga efficace con riguardo alla parte “coperta” da tale impegno. 

La confisca “non operativa”, dunque, è una confisca applicata ma non eseguibile perché non (ancora) produttiva di effetti, la cui produzione sarebbe subordinata (condizionata) al verificarsi di un evento futuro ed incerto, costituito dal mancato pagamento del debito, fermo restando che, come recita il comma 2 dell’art. 12 bis, essa dovrà, comunque, essere “disposta”, cioè diventare efficace, allorquando l’impegno non sia stato rispettato e il versamento “promesso” non si sia verificato; pertanto, anche in presenza di un piano rateale di versamento, la confisca potrà continuare a essere comunque consentita, sia pure per gli importi non ancora corrisposti, così continuando a essere consentito anche il sequestro ad essa finalizzato che, ai sensi dell’art. 323, comma 3 del codice di rito manterrà i suoi effetti in caso di pronuncia di una sentenza di condanna, qualora sia stata disposta la confisca, ancorché condizionata, delle cose sequestrate. 

Al verificarsi della condizione sospensiva, costituita dal mancato pagamento, la confisca sarà pienamente produttiva di effetti; e il Pubblico Ministero, ricevuta la comunicazione di inadempimento da parte dell’Amministrazione finanziaria, potrà mettere in esecuzione la misura, con facoltà dell’interessato di ricorrere al giudice della cautela nel corso delle indagini preliminari o del processo, ovvero al giudice dell’esecuzione nelle forme dell’incidente previsto dall’art. 666 del codice di rito» (Sez. 3, n 42578 del 07/06/2019). 

3. Poiché nel caso di specie, a quanto risulta, non era stato disposto alcun sequestro preventivo – suscettibile di continuare a produrre effetto pur dopo la sentenza di condanna che abbia disposto la confisca, ai sensi dell’art. 323, comma 3, cod. proc. pen. – l’esecuzione della misura ablatoria era dunque subordinata all’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo assunto, sicché la stessa non poteva essere eseguita con l’apprensione dei beni, come invece avvenuto. 

4. A diversa conclusione non può giungersi neppure valorizzando il profilo cautelare che l’immediata – provvisoria – esecuzione della misura potrebbe spiegare in attesa di verificare se sarà o meno onorato l’impegno ad estinguere il debito fiscale. 

E’ ben vero che nella fase esecutiva della sentenza non è di regola possibile disporre un sequestro penale, posto che esula dalla sfera di attribuzioni del giudice dell’esecuzione il potere di disporre o ripristinare la misura cautelare del sequestro preventivo al di fuori della speciale ipotesi di sequestro finalizzato alla confisca di beni ai sensi dell’art. 12 sexies dl. 8 giugno 1992, n. 306 del 1992, conv. in legge 7 agosto 1992, n. 356 (Sez. 6, n. 41116 del 18/09/2014, Sirio Adriatico Ltd., Rv. 260373; Sez. 6, n. 5018 del 17/11/2011, dep. 2012, Chafik, Rv. 251792; Sez. 1, ord. n. 1412 del 14/11/2019, dep. 2020, Amodio, Rv. 278070). 

A ciò non può ovviarsi, tuttavia, utilizzando impropriamente lo strumento dell’esecuzione della confisca, che consiste nella definitiva ablazione del bene e che non può essere surrettiziamente utilizzato a fini cautelari. 

Del resto, a ben vedere, non pare sussistere neppure una lacuna normativa, poiché il sequestro preventivo di beni di cui è consentita la confisca è agevolmente adottabile, ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen., in qualsiasi stato e grado del procedimento di merito ed è onere del pubblico ministero che ritenga opportuna la misura cautelare farvi ricorso prima della conclusione del processo. 

A ritenere diversamente, peraltro, si rischierebbe – con un’eccentrica interpretazione praeter legem – di ostacolare l’attuazione della norma di favore che il legislatore ha dettato con l’art. 12 bis, comma 2, d.lgs. 74 del 2000, posto che chi intenda fruire dell’agevolazione per sanare la posizione debitoria nei confronti dell’Erario per non subire gli effetti della confisca si vedrebbe “bloccare” le risorse economiche per poter adempiere all’impegno assunto. 

5. Non essendosi verificata la condizione sospensiva dell’inadempimento dell’impegno assunto per il pagamento rateizzato del debito – essendo lo stesso, invece, a quanto consta regolarmente in corso – la confisca, ancora inefficace, non poteva essere eseguita. 

L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio, disponendosi la restituzione agli aventi diritto dei beni sui quali la stessa è stata eseguita. 

4. P.Q.M. 

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e ordina la restituzione agli aventi diritto dei beni sui quali è stata eseguita la confisca

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