Il matrimonio con un’italiana salva il clandestino dall’espulsione.

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Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 24 giugno – 29 luglio 2013, n. 32859
Presidente Siotto – Relatore Bonito

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Con sentenza pronunciata il 20 dicembre 2011 il Giudice di pace di Rapallo condannava A.L. , imputato del reato di cui all’art. 10-bis d.lgs. 286/1998, alla pena di Euro 5000,00 di ammenda. Motivava il giudice territoriale che l’imputato era stato controllato dagli organi di polizia sul territorio dello Stato, il (omissis), senza essere in possesso di documenti validi per il soggiorno in Italia e che tanto integrava il reato contestato.
2. Avverso la sentenza detta ricorre per cassazione l’imputato, assistito dal difensore di fiducia, denunciandone l’illegittimità per violazione di legge e difetto di motivazione, in particolare deducendo che, al momento del controllo di polizia, grazie all’intervento recentissimo del giudice delle leggi che ha rimosso i relativi ostacoli normativi, l’imputato si accingeva a contrarre matrimonio con la cittadina italiana L..P. , matrimonio in effetti contratto il (omissis) , come da estratto dell’atto di matrimonio allegato al ricorso.
Di qui la ricorrenza nella fattispecie della causa di giustificazione di cui all’art. 51 c.p., e cioè l’esercizio del diritto a contrarre matrimonio.
Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente la incompatibilità della norma incriminatrice con la direttiva Europea 2008/115/CE.
3. Il ricorso è fondato nel suo primo motivo di impugnazione, assorbente di ogni altra censura.
Ed invero le circostanze richiamate dalla difesa a sostegno delle conclusioni assolutorie risultano documentalmente provate e tali erano anche nel processo di prime cure.
Al momento del controllo di Polizia, il 26 agosto 2011, l’imputato era infatti in procinto di sposare una cittadina italiana, come provato dalle anteriori pubblicazioni di rito, matrimonio in effetti poi contratto il (omissis) successivo.
Posto che il matrimonio con una cittadina italiana avrebbe consentito all’imputato la legittima permanenza nel nostro Paese, come dimostrato dal permesso di soggiorno per questo rilasciato in suo favore dal Ministero degli interni l’8 gennaio 2012, in ragione proprio dell’intervenuto vincolo matrimoniale con la cittadina italiana P.L. , il riconoscimento di tale circostanza appare decisivo ai fini di causa.
Ciò premesso legittimo e fondato appare pertanto il richiamo difensivo alla norma di cui all’art. 51 c.p. e cioè all’esimente dell’esercizio di un diritto, quale deve ritenersi, senza tentennamenti interpretativi, quello di contrarre matrimonio, nella fattispecie idoneo a scriminare la punibilità della condotta contestata, giacche l’imputato si trovava nel nostro Paese al fine di esercitare il diritto a contrarre matrimonio con una cittadina italiana, con serietà di intenti dimostrata dal successivo comportamento.
In altri termini, il cittadino extracomunitario che ha fatto ingresso e si trattiene nel territorio italiano al fine di esercitare un diritto riconosciuto dall’ordinamento, non viola l’art. 10-bis d.lgs. 286/1998 anche se non in possesso dei documenti validi per tale ingresso e successivo trattenimento.
4. La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato.

P.T.M.

la Corte, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.

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