Ingiuria, animali

Ingiuria, animali

In una struttura alberghiera un cliente si lamenta del fatto che gli viene impedito di portar via il cibo rimasto nel tavolo (doggy bag), sostenendo a voce alta che il servizio era da schifo. Ritenuto colpevole in primo grado ed in secondo di ingiuria, la Cassazione annulla la condanna.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 27 maggio – 8 luglio 2014, n. 29942 Presidente Palla – Relatore Pistorelli 

Ritenuto in fatto 

1. La Corte d’appello di Trento confermava la condanna di M.F. per il reato di ingiuria commesso nel corso di un diverbio con i gestori dell’albergo di cui era ospite e del cui servizio lamentava l’insufficiente qualità, mentre, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, lo assolveva da quello di diffamazione a mezzo stampa ad oggetto le analoghe doglianze manifestate ad un giornale locale e da quest’ultimo riportate in un articolo, ritenendo la sua condotta espressione del legittimo esercizio del diritto di critica e provvedendo conseguentemente alla rimodulazione del trattamento sanzionatorio e dell’entità della provvisionale liquidata in prime cure in favore delle parti civili. 
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato deducendo la contraddittorietà della motivazione e il mancato riconoscimento dell’esimente della provocazione. Sotto il primo profilo osserva il ricorrente come, tanto nelle dichiarazioni rilasciate alla stampa, come nel corso del diverbio con gli albergatori, il M. avesse fatto ricorso ad espressioni in tutto identiche (sostanzialmente concentratesi nel definire uno “schifo” il servizio offerto dall’hotel) che la Corte distrettuale, con motivazione per l’appunto illogica e contraddittoria, aveva valutato in maniera opposta ai fini della configurabilità del legittimo esercizio del diritto di critica. Non di meno, pur riconoscendo che l’istruttoria dibattimentale avesse dimostrato l’effettività dei disservizi denunciati dall’imputato, del tutto immotivatamente avrebbe escluso l’operatività della disposizione di cui al secondo comma dell’art. 599 c.p. 

Considerato in diritto 

Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti. 
In realtà infondata ai limiti dell’inammissibilità è la prima doglianza, giacchè la Corte distrettuale ha esaurientemente illustrato le ragioni per cui l’utilizzo del medesimo epiteto nei due differenti contesti dovesse portare a differenti conclusioni in ordine alla valutazione della penale rilevanza della condotta dell’imputato, precisando come nei confronti diretti con l’albergatore il M. non si fosse limitato alla specifica critica delle modalità di erogazione del servizio di ristorazione, bensì avesse trasceso in una più generale e gratuita aggressione verbale nei confronti della persona offesa e della struttura da lui gestita. Argomentazioni queste che non risultano manifestamente illogiche e con le quali il ricorrente non si è effettivamente confrontato con la dovuta specificità. 
Il ricorso coglie invece nel segno nella critica al mancato riconoscimento dell’esimente della provocazione, nonostante i giudici d’appello avessero ammesso che la condotta ingiuriosa addebitata costituisse l’effettiva e sostanzialmente immediata reazione ai disservizi subiti dal M. ed all’imposizione di regole (divieto di asportare i residui del cibo per costituire il c.d. “doggy bag”, riempire la propria borraccia dalla bottiglia servita a tavola) non irragionevolmente ritenute pretestuose ed ingiuste dall’imputato. 
In realtà la fattispecie descritta in sentenza integra effettivamente quella tipizzata dal secondo comma dell’art. 599 c.p., atteso che il fatto ingiusto altrui può essere costituito anche dalla lesione di regole comunemente accettate nella civile convivenza (Sez. 5, n. 9907/12 del 16 dicembre 2011, P.C. in proc. Conti, Rv. 252948), mentre la motivazione – invero assai generica – resa per escludere l’operatività dell’esimente si rivela intrinsecamente contraddittoria sul punto, una volta contestualizzata all’interno dei complessivo discorso giustificativo dei provvedimento. La sentenza deve dunque essere annullata senza rinvio per essere l’imputato non punibile ai sensi dell’art. 599 comma 2 c.p. avendo agito nello stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui. 

P.Q.M. 

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere l’imputato non punibile ai sensi dell’art. 599 comma 2 c.p. 

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