Misure alternative alla detenzione: quali sono e come richiederle

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Misure alternative alla detenzione: quali sono e come richiederle

Se un soggetto è detenuto può beneficiare delle misure alternative alla detenzione. E’ possibile rivolgersi ad Avvocato Penalista H24 per assistenza e consulenza legale dinanzi alla Magistratura di Sorveglianza per ottenere i benefici penitenziari. Contattaci qui.

Andiamo a vedere nelle specifico cosa sono e come si ottengono le misure alternative alla detenzione.

L’ordinamento penitenziario, cos’è?

L’ordinamento penitenziario Italiano è costituito da quel complesso di norme volte a regolamentare gli istituti concernenti la reclusione e la loro organizzazione.

L’esigenza di una regolamentazione giuridica sulla materia della reclusione si è avvertita già all’origine dell’unità d’Italia. Non a caso, sono stati numerosi, dall’unità d’Italia ad oggi, i tentativi volti ad applicare una regolamentazione ad hoc per la materia della reclusione.

Prima dell’entrata in vigore dell’attuale disciplina, erano regolamentati cinque tipi di stabilimenti carcerari, ovvero:

  1. Bagni penali, disciplinati dal R.D. del 19.09.1860.
  2. Carceri Giudiziarie, disciplinate dal R.D. del 27.01.1861 n. 4681.
  3. Case penali, disciplinate dal R.D. 13.01.1862 n. 413.
  4. Case di relegazione, disciplinate dal R.D. 28.08.1862 n. 813.
  5. Case di custodia, disciplinate dal R.D. 27.11.1862 n. 1018.

Successivamente, e con l’entrata in vigore della legga 26 luglio 1975 n. 354, viene introdotta la disciplina concernente le “norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure private e limitative della libertà”.

Quest’ultima disciplina, attualmente in vigore, suddivide gli istituti penitenziari in quattro categorie, ovvero:

  1. Istituti di custodia cautelare.
  2. Istituti per l’esecuzione della pena.
  3. Istituti per l’esecuzione della misura di sicurezza.
  4. Centri di osservazione.

Le misure alternative alla detenzione, cosa sono?

Le misure alternative alla detenzione, così come definita dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, vengono intese come quelle “sanzioni e misure che mantengono il condannato nella comunità ed implicano una certa restrizione della sua libertà attraverso l’imposizione di condizioni e/o obblighi e che sono eseguite dagli organi previsti dalle norme in vigore”.

Le fonti normative delle misure alternative alla detenzione, vengono collocate negli artt. 47, 47 ter e 50 della Legge sull’Ordinamento Penitenziario. Gli istituti indicati disciplinano, rispettivamente, l’affidamento in prova ai servizi sociali, la detenzione domiciliare e la semilibertà.

Affidamento in prova ai servizi sociali.

L’affidamento in prova ai servizi sociali è la più ampia tra le misure alternative alla detenzione e consiste nell’affidamento del condannato al servizio sociali per l’espletamento della pena fuori dell’istituto carcerario. La durata corrisponde ad un periodo uguale a quello della pena da scontare.

La caratteristica essenziale dell’istituto, consiste nel far venir meno ogni rapporto del condannato con l’istituto carcerario. Un ruolo rilevante, in questa fase, è dato dall’ UEPE (ufficio esecuzione penale esterno) che instaura un rapporto “collaborativo” con il condannato inteso a verificare sia l’esatta esecuzione dell’affidamento in prova, che il corretto reinserimento nel tessuto sociale. Infatti sarà cura dell’UEPE ad elaborare un “programma di trattamento” concernente gli obblighi ai quali è sottoposto il condannato per l’esatto espletamento della misura in esame.

Requisiti:

Possono accedere all’istituto dell’affidamento in prova, a norma dell’art. 47 o.p., i seguenti soggetti:

  • Il condannato ad una pena detentiva, o comunque un residuo di pena, non superiore a quattro anni.
  • Per il detenuto, nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento stesso contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
  • Per il non detenuto quando, anche dopo la condanna, abbia serbato un comportamento tale da consentire un giudizio di cui al punto precedente.
  • L’affidamento in prova può essere concesso al condannato che deve espiare una pena, anche residua, non superiore a quattro anni di detenzione, quando abbia serbato, quantomeno nell’anno precedente alla presentazione della richiesta, un comportamento tale da consentire il giudizio di cui al co. 2 dell’art. 47 o.p. .

Come accedere all’istituto?

L’istanza, ai sensi dell’art. 656 cpp, deve essere presentata, corredata di tutti i documenti necessari, al Pubblico ministero che ha disposto la sospensione dell’esecuzione della pena, entro il termine di 30 giorni dalla notifica della stessa. Il Pubblico Ministero trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza competente, che fissa l’udienza.

Se, invece, il condannato è detenuto, l’istanza deve essere rivolta al Magistrato di Sorveglianza competente in relazione al luogo di esecuzione. Quest’ultimo, può sospendere l’esecuzione, ordinare la liberazione del condannato e trasmettere immediatamente gli atti al Tribunale di Sorveglianza, se vi siano prospettate l’esistenza di concreti presupposti per l’ammissione all’affidamento.

La detenzione domiciliare.

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Requisiti:

Possono accedere all’istituto della detenzione domiciliare, ai sensi dell’art. 47 ter o.p., i seguenti soggetti:

  1. I soggetti che abbia compiuto settanta anni, condannati per qualunque reato ad eccezione di quelli previsti dalla legge.
  2. I soggetti che devono scontare una condanna all’arresto o una pena, anche residua, inferiore a quattro anni, quando si tratta di:
    • donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente
    • padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole
    • persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali
    • persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente
    • persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
  3. I soggetti che devono scontare una pena, anche se residua, inferiore a due anni. 
  4. Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo dell’esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, può disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che può essere prorogato. L’esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare.

Come accedere all’istituto?

Per l’accesso all’istituto della detenzione domiciliare, bisogna distinguere due momenti. Ovvero le modalità per la presentazione della richiesta vari se l’esecuzione della pena sia iniziata o meno.

Nell’ipotesi in cui l’esecuzione della pena sia già iniziata, la misura è concessa dal Tribunale di Sorveglianza competente.

Mentre si rinvia alla disciplina di cui al co. 5 dell’art. 656 c.p.p., quando l’esecuzione della pena non sia già iniziata. In questo caso, l’istanza può essere proposta, al PM, nel termine di trenta giorni dalla notifica dell’ordine di esecuzione e del provvedimento di sospensione. Il PM, di sua volta, trasmetterà l’istanza al Tribunale di Sorveglianza che dovrà decidere, in merito alla richiesta, entro quarantacinque giorni.

La semilibertà.

La semilibertà può essere definita una misura alternativa “impropria”, in quanto rimane sussistente lo stato di detenzione.

Disciplinato dagli art. 48 e ss o.p., la semilibertà prevede la possibilità per il detenuto di poter trascorrere parte della giornata fuori dall’istituto carcerario per poter partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale, in base ad un programma di trattamento.

Requisiti:

Possono accedere all’istituto della semilibertà, ai sensi dell’art. 50 op, i seguenti soggetti:

  1. Al condannato alla pena dell’arresto e alla pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale.
  2. Fuori dal caso precedente, la semilibertà può essere concessa al concessa al condannato che abbia espiato almeno metà della pena.
  3. Il condannato che abbia espiato almeno i due terzi della pena. (se si tratta di condannato per taluno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1 quater dell’articolo 4 bis, di almeno due terzi di essa come previsto dall’ordinamento penitenziario).
  4. In caso di ergastolo è necessaria l’espiazione di almeno 20 anni di reclusione.
  5. Per l’internato non sussistono limiti di tempo per l’ammissione all’istituto.

Nel computo della pena si tengono presente i periodi liberazione anticipata.

Come accedere all’istituto?

Anche in questo caso vale il principio generale prevista per la concessione della misura alternativa alla detenzione. La competenza, sia per la concessione che per la revoca, spetta al Tribunale di Sorveglianza. Se il soggetto è libero, l’istanza è indirizzata al PM che di sua volta la trasmetterà al Tribunale di Sorveglianza.