Condanna per Violenza sessuale per aver palpeggiato il seno di una donna.

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Condanna per Violenza sessuale per aver palpeggiato il seno di una donna.

Incidente stradale dove vengono coinvolte due persone un uomo ed una donna. L’uomo scende dall’auto e palpa il seno della sfortunata controparte. è violenza sessuale per ‘palpeggiamento’.
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Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 ottobre – 2 dicembre 2031, n. 47812 Presidente Fiale – Relatore Marini
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 12/1/2011 emessa al termine di rito abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Sassari, il sig. S. fu condannato alla pena di quattro mesi di reclusione per il reato continuato previsto dagli artt.81 e 590 cod. pen. e 186 e 189 del Codice della Strada (capi A, B, C), nonché alla pena di due anni di reclusione per il reato previsto dall’art. 609 bis, comma 3, cod. pen. (capo D) ‘palpeggiamento’.
2. Il Giudice dell’udienza preliminare ritenne provato che il sig. S. , postosi alla guida in stato di evidente e accertata alterazione alcolica, dette causa a un incidente stradale da cui seguirono lesioni personali in danno della conducente dell’autovettura coinvolta; ritenne provato, altresì, che il sig. S. si era in un primo momento arrestato e, dopo avere contestato alla conduttrice dell’altra vettura la responsabilità della collisione, aveva introdotto le braccia nell’abitacolo e si era spinto a “palpeggiare” il seno della donna dopo di che, respinto dalla vittima che aveva chiuso il finestrino dell’auto, si era allontanato venendo dopo poco tempo fermato dalla polizia giudiziaria che era stata chiamata dalle persone occupanti la vettura investita dall’imputato.
3. La Corte di appello, ritenute non fondate le proteste dell’imputato in ordine alla insussistenza delle condotte a sfondo sessuale e della condotta di omissione di soccorso (condotta, questa, che va valutata anche in relazione alla condizione di paraplegia di cui è affetta la conducente della vettura investita dal ricorrente), ha valutato che la non gravità della condotta e la non marcata intensità del dolo giustifichino la riduzione della pena inflitta per il capo D.
4. Avverso tale decisione l’avv. Marco Palmieri propone ricorso in favore del sig. S. , in sintesi lamentando:
a. Errata applicazione di legge ex art. 606, lett. b) cod. proc. pen. con riguardo al reato previsto dall’art. 609 bis cod. pen. per avere la Corte di appello omesso di considerare la complessiva condotta del ricorrente (palpeggiamento), l’atteggiamento amichevole dimostrato anche dal linguaggio utilizzato, l’assenza di elementi che attribuiscano finalità o carattere sessuale al gesto compiuto, che fu quello di appoggiare la mano sulla spalla della donna e non sul seno;
b. Errata applicazione di legge ex art.606, lett. b) e c), cod. proc. pen. in relazione agli artt.336 e 337 cod. proc. pen. e all’art.590 cod. pen., difettando in querela ogni indicazione circa le lesioni personali subite, con conseguente carenza della condizione di procedibilità per il reato ex art. 590 cod. pen..
5. Propone ricorso avverso la sentenza il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Cagliari, Sez. dist. di Sassari, in sintesi lamentando:
a. errata applicazione di legge ex art. 606, lett. a) cod. proc. pen. in relazione all’art. 609 bis cod. pen. posto che né il Giudice dell’udienza preliminare né la Corte di appello, nel ricostruire come “toccamento” e non come “palpeggiamento” del seno la condotta dell’imputato, abbiano omesso di affrontare il tema della intenzionalità del gesto e dell’elemento soggettivo che lo ha accompagnato, così omettendo di prendere in esame l’ipotesi alternativa prospettata dalla difesa. Inoltre, non ogni gesto che attinge le zone erogene della persona assume automaticamente carattere di illecito penale, così come non ogni gesto simile possiede effettiva offensività, e quanto accaduto consente di ritenere che nel caso di specie l’elemento della offensività concreta difetti;
b. vizio di motivazione ex art. 606, lett. e) cod. proc. pen. per essere carenti le motivazioni che giustificano il rigetto delle censure difensive.
Considerato in diritto
1. Ritiene preliminarmente la Corte che debbano trovare qui applicazione i principi interpretativi in tema di limiti del giudizio di legittimità e di definizione dei concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonché in tema di travisamento del fatto che sono contenuti nelle sentenze delle Sez. Un., n.2120, del 23 novembre 1995 – 23 febbraio 1996, Fachini, rv 203767, e n. 47289 del 2003, Petrella, rv 226074. In tale prospettiva di ordine generale va, dunque, seguita la costante affermazione giurisprudenziale del principio secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sez. 6, sentenza n. 22256 del 26 aprile – 23 giugno 2006, Bosco, rv. 234148).
2. Inoltre, il contenuto dei ricorsi e le questioni in ordine alla procedibilità hanno imposto alla Corte di verificare il contenuto della querela e delle iniziali dichiarazioni rese dalla persona offesa e dalla persona trasportata, dichiarazioni che accompagnano l’atto di denuncia – querela formato il giorno successivo ai fatti.
3. Ebbene, si legge nell’atto di querela, accompagnato dal deposito delle certificazioni mediche a sostegno della doglianza per le lesioni subite dalla conducente e dalla passeggera, che la persona offesa ha dichiarato quanto segue: “…. Si è preso la confidenza di allungare le mani, prima cercando di prendere le mie mani, e, poi mettendole sul mio petto, proferiva le seguenti parole: M. , lo sai che sei bellissima. Io ho subito allontanato la mano….”
4. Ritiene la Corte che correttamente da questi elementi, che la Corte di appello ritiene confermati dalle parole della persona trasportata, i giudici di merito abbiano tratto la convinzione che il toccamento del seno sia stato intenzionale e accompagnato da parole galanti; sia stato non fugace, tanto che la persona offesa dichiara di avere allontanato dal proprio seno la mano del ricorrente; sia stato percepito come aggressivo della sfera sessuale; integri gli estremi del reato contestato.
5. Ciò considerato, e rilevato che l’atto di appello proposto dal sig. S. non conteneva alcuna censura in ordine al reato di lesioni e censure in tal senso non sono proponibili per la prima volta in sede di legittimità (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.), la Corte ritiene che i motivi di ricorso siano infondati; non si ravvisano, infatti, vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata e le censure di entrambi i ricorrenti si dirigono impropriamente avverso le valutazioni di merito che i giudici di appello hanno operato con riguardo alla ricostruzione storica del fatto e all’elemento soggettivo del reato.
6. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna del sig. S. , ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna il S. al pagamento delle spese processuali.

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