Art. 35ter O.P. Richiesta risarcimento carcere sovraffollato per sconto di pena

Art. 35ter O.P. Richiesta risarcimento carcere sovraffollato per sconto di pena

All’ Ill.mo
Magistrato di Sorveglianza
di ________

ISTANZA
ex art. 35ter l.n. 354 del 1975
Rimedi risarcitori conseguenti
alla violazione dell’art. 3 Cedu nei confronti
dei soggetti detenuti o internati
Il sottoscritto Avv. __________, del foro di Napoli, difensore di fiducia del sig.
XX X X X  X
attualmente detenuto presso l’Istituto penitenziario _________, elettivamente domiciliato presso lo studio in intestazione, dal quale è rappresentato e difeso nel presente giudizio, giusta nomina a margine del presente atto in relazione alla novella legislativa intervenuta a seguito del d.l. n. 92 del 2014 che ha introdotto la possibilità per i soggetti detenuti ed internati di ottenere rimendi risarcitori conseguenti alla violazione dell’art. 3 delle CEDU
C H I E D E
alla S.V. Ill.ma di voler disporre nei confronti del proposto, a titolo di risarcimento del danno, una riduzione della pena detentiva prevista dalla disposizione normativa dell’art. 35ter O.P., relativamente alla pena detentiva di cui al ____________________.
Ai fini di una compiuta articolazione della richiesta, occorre prendere le mosse della nota sentenza cd. “pilota” del caso Torreggiani ed altri vs Italia (sentenza 8 gennaio 2013) nella quale vedeva soccombere il Governo Italiano proprio nel risarcimento dovuto ai detenuti i quali erano “costretti”in strutture carcerarie che al di là di ogni certezza erano contrari ai principi ispiratori di cui all’art. 3 della CEDU. Infatti, nella suindicata pronuncia, si esplicitano tutte le condizioni che devono sussistere affinché possano essere garantite tutti i diritti inviolabili della persone e di censurano tutti quei fattori che, qualora dovessero essere presenti nelle celle dei detenuti, comporterebbero la conseguenziale violazione del divieto di pene che assumon
o il connotato di “inumanità”.
La Corte, dunque, ripercorre la condizione di alcuni detenuti – le quali sembrano pressappoco identiche al caso che ci occupa – e si interessa in particolar modo della disastrata realtà in cui si versano le carceri italiani che puntualmente si trovano ad ospitare detenuti in “esubero” non riuscendo a fornire tutto ciò che dovrebbe essere garantito dal nostro ordinamento.
Il carattere vincolante della sentenza cd. “pilota”.
La Corte EDU, nella pronuncia richiamata, rammenta che come interpretato alla luce dell’articolo 1 della Convenzione, l’articolo 46 crea per lo Stato convenuto l’obbligo giuridico di porre in atto, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, le misure generali e/o individuali che si rendano necessarie per salvaguardare il diritto del ricorrente di cui la Corte ha constatato la violazione. Misure di questo tipo devono essere adottate anche nei confronti di altre persone nella stessa situazione dell’interessato; si presume, infatti, che lo Stato ponga fine ai problemi all’origine delle constatazioni operate dalla Corte (Scozzari e Giunta c. Italia [GC], nn. 39221/98e 41963/98, § 249, CEDU 2000?VIII; S. e Marper c. Regno Unito [GC], nn. 30562/04e 30566/04, § 134, 4 dicembre 2008).
Al fine di facilitare l’effettiva attuazione delle sue sentenze secondo il principio di cui sopra, la Corte può adottare una procedura di sentenza pilota che le consenta di mettere in luce chiaramente, nella sua sentenza, l’esistenza di problemi strutturali all’origine delle violazioni e di indicare le misure o azioni particolari che lo Stato convenuto dovrà adottare per porvi rimedio (Hutten-Czapska c. Polonia [GC], n. 35014/97, §§ 231-239 e il suo dispositivo, CEDU 2006?VIII, e Broniowski c. Polonia [GC], n. 31443/96, §§ 189-194 e il suo dispositivo, CEDU 2004?V). Quando adotta una simile prassi, la Corte tiene tuttavia in debito conto le rispettive attribuzioni degli organi della Convenzione: in virtù dell’articolo 46 § 2 della Convenzione, spetta al Comitato dei Ministri valutare l’attuazione delle misure individuali o generali adottate in esecuzione della sentenza della Corte (si veda, mutatis mutandis, Broniowski c. Polonia (composizione amichevole) [GC], n. 31443/96, § 42, CEDU 2005?IX).
Altro fine perseguito – ora attuato – della sentenza pilota è quello di indurre lo Stato convenuto a trovare, a livello nazionale, una soluzione alle numerose cause individuali originate dallo stesso problema strutturale, dando così effetto al principio di sussidiarietà che è alla base del sistema della Convenzione (Bourdov c. Russia (n. 2), n. 33509/04, § 127, CEDU 2009). Infatti, la Corte non assolve necessariamente al meglio il suo compito, che consiste, secondo l’articolo 19 della Convenzione, nell’«assicurare il rispetto degli impegni risultanti per le Alte Parti contraenti dalla (…) Convenzione e dai suoi Protocolli», ripetendo le stesse conclusioni in un gran numero di cause (ibidem).
La procedura della sentenza pilota ha lo scopo di facilitare la risoluzione più rapida ed effettiva di un malfunzionamento sistemico che colpisce la tutela del diritto convenzionale in questione nell’ordinamento giuridico interno (Wolkenberg e altri c. Polonia (dec.), n. 50003/99, § 34, CEDU 2007 (estratti)). L’azione dello Stato convenuto deve tendere principalmente alla risoluzione di tali malfunzionamenti e all’attuazione, se necessario, di ricorsi interni effettivi che consentano di denunciare le violazioni commesse. Tuttavia, essa può anche c
omprendere l’adozione di soluzioni ad hocquali composizioni amichevoli con i ricorrenti o offerte unilaterali d’indennizzo, in conformità con le esigenze della Convenzione (Bourdov(n. 2), sopra citata, § 127).
Ebbene, attraverso l’introduzione dell’art. 35ter legge n. 354 del 1975, l’ordinamento giuridico italiano ha finalmente adempiuto alle prescrizione imposte introducendo un rimedio prettamente di natura processual-penalistico rispetto a quello alla precedente procedura che prevedeva l’esperibilità dell’azione di risarcimento delle lesioni dei diritti dei detenuti previsto in ambito civilistico (chiaramente a seguito della cd. “sentenza pilota” che ha statuito, per l’Italia, il punto di non ritorno); ora, l’accertamento demandata al Magistrato di Sorveglianza, ha carattere maggiormente penetrante aduso alla effettiva garanzia dei diritti dei soggetti detenuti o internati.
  Ebbene, sulla scorta della breve disamina or ora compiuta, la cui pretesa non è certo di esaustività, corre l’obbligo di perimetrare la cognizione nell’ambito del caso di specie.
    Il sig. XXXXXXX è detenuto presso la Casa Circondariale di XXXXXXXX dal giorno XXXXXXX, in forza del provvedimento n. XXXXXXXXX a seguito della sentenza irrevocabile di condanna emessa dal Giudice XXXXXXX in data XXXXX; lo stesso occupa la cella XXXXXX, ubicata al piano XXXXX del lato XXXXX del sopraindicato Penitenziario, insieme ad altri XXXXXX detenuti;
    In relazione a tale collocazione e alle più generali condizioni di vita esistenti all’interno del carcere, il sig …………….. è costretto da ………….. giorni/mesi/anni a subire un trattamento carcerario disumano che si pone in contrasto con i più basilari principi in tema di dignità e di rispetto dell’essere umano;
    In particolare il sig. ……………… vive nella propria cella in condizioni che dal punto di vista igienico sono assolutamente inadeguate: i servizi igienici non sono collocati in un vano debitamente separato dal resto della cella, ma sono pericolosamente ravvicinati ai letti delle persone detenute; tra i sanitari, che sono peraltro del tutto fatiscenti e perciò spesso soggetti a ingorghi e a maleodoranti effluvi, è presente solo un lavabo, mentre manca una doccia/manca un bidet; non esistono/non sono in numero adeguato, inoltre, gli altri servizi igienici posti nelle adiacenze delle aree comuni; nelle aree adibite ai servizi igienici non scorre acqua calda, di fatto diviene impossibile qualsiasi tipo di adeguata e quotidiana igiene personale. La biancheria da letto rimane accatastata per giorni dentro i magazzini, non viene pulita e cambiata se non poche volte al mese: non è quindi garantita né la loro buona conservazione né tanto meno la loro pulizia; la biancheria personale ed il vestiario sono quantitativamente insufficienti, e, non essendo periodicamente sostituiti, non consentono una adeguata igiene; le coperte che vengono fornite nella stagione invernale non riescono a riparare in modo adeguato dalle rigide temperature dei mesi più freddi; la biancheria che viene fornita d’estate, di tessuto in lana è assolutamente inidonea viste e considerate le alte temperature che si raggiungono durante la stagione estiva; gli stessi capi di biancheria risultano poi utilizzati da diversi anni, nonostante essi siano palesemente deteriorati; la cella non garantisce uno spazio individuale sufficiente così come previsto dalla sentenza TORREGGIANI in quanto deve anche operarsi sottrazione per lo spazio riservato al mobilio, ai letti, etc.; la cella è dotata semplicemente  di una minuscola finestra è mancano in modo assoluto luce ed aria sufficiente che dovrebbero essere garantite; i detenuti fumatori sono inoltre internati nelle stesse celle con quelli non fumatori e sono costretti perciò a subire nei propri esigui e non sufficientemente spazi, anche il fumo di sigaretta passivo dei propri compagni; non esiste un impianto elettrico, anche se rudimentale, che risulti adeguato a garantire il funzionamento degli apparecchi radio o TV, né tantomeno ad illuminare sufficientemente la cella e non esiste un apposito pulsante all’interno della stessa cella; non vi sono prodotti specifici  in quantitativo sufficiente per garantire una adeguata pulizia del proprio ambiente e della propria cella; esiste una sola cucina che deve bastare per il vitto di tutte le persone ristrette in cella; il vitto è consumato, in condizioni assolutamente disagevoli, in un locale sovraffollato e privo di sufficiente areazione, che contiene al suo interno più persone di quante ne potrebbe ospitare; gli spazi adibiti alla ricreazione all’aperto non sono adeguatamente riparati dalla pioggia, cosicché viene di fatto impedito, nelle giornate invernali, la permanenza all’aperto; lo spazio adibito alla ricreazione all’aperto appare angusto e privo di aria, in quanto chiuso da un fabbricato/ da più fabbricati adiacenti ad esso.
Sulla scorta delle situazioni che ricorrono nel caso di specie
    Ricorre un’evidente violazione delle norme sull’ordinamento penitenziario. In via generale, infatti le norme contenute nella legge 26 luglio 1975 n. 354 prescrivono all’art. 5, comma I, che “Gli istituti penitenziari devono essere realizzati in modo tale da accogliere un numero non elevato di detenuti o internati”, all’art. 6, comma, I, invece sanciscono che “I locali nei quali si svolge la vita dei detenuti e degli internati devono esser di ampiezza sufficiente, illuminati con luce naturale e artificiale in modo da permettere il lavoro e la lettura; aerati, riscaldati ove le condizioni climatiche lo esigono, e dotati di servizi igienici riservati, decenti e di tipo razionale. I detti locali devono essere tenuti in buono stato di conservazione e di pulizia”. In particolare risulta violato anche il “Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà” introdotto recentemente con il D.P.R. 30 giugno 2000 n. 230. In tale regolamento infatti l’art. 6, comma I, prevede che “I locali in cui si svolge l’attività dei detenuti e internati devono essere igienicamente adeguati”; l’articolo 6, comma II, prevede che “Le finestre delle camere devono consentire il passaggio diretto di luce ed aria naturali. Non sono consentite schermature che impediscano tale passaggio”; l’art. 6, comma III, prevede che  “Sono approntati pulsanti per l’illuminazione artificiale delle camere, nonché per il funzionamento degli apparecchi radio e televisivi, sia all’esterno, per il personale, sia all’interno, per i detenuti e internati”; l’art. 6, comma V, prevede che “I detenuti che siano in condizioni fisiche e psichiche che lo consentano,  provvedono direttamente alla pulizia delle loro camere e dei servizi igienici. A tal fine sono messi a disposizione mezzi adeguati”; l’articolo 6, comma VII, prevede che “Se le condizioni logistiche lo consentono, sono assicurati reparti per non fumatori”; l’articolo 7, comma I, prevede che  “I servizi igienici sono collocati in un vano annesso alla camera”; l’articolo 7, comma II, prevede che “I vani in cui sono collocati i servizi igienici forniti di acqua corrente, calda e fredda, sono dotati di lavabo, di doccia e, in particolare negli istituti o sezioni femminili, anche di bidet, per le esigenze igieniche dei detenuti ed internati”; l’articolo 7, comma III, prevede che i “Servizi igienici, lavabo e doccia devono essere inoltre collocati nelle adiacenze dei locali e delle aree dove si svolgono attività in comune”; l’articolo 9, comma II e comma III, prevede che “Gli oggetti che costituiscono il corredo da letto, i capi di vestiario e di biancheria personale, nonché gli altri effetti di uso che l’Amministrazione è tenuta a corrispondere ai detenuti e agli internati (…) devono avere caratteristiche adeguate al variare delle stagioni e alle particolari condizioni climatiche delle zone in cui gli istituti sono ubicati; la loro quantità deve consentire un ricambio che assicuri buone condizioni di pulizia  e di conservazione. Per ciascun capo o effetto è prevista la durata d’uso”; l’articolo 9, comma IV, prevede che “L’Amministrazione sostituisce, anche prima della scadenza del termine di durata, i capi e gli effetti deteriorati”; l’articolo 13, comma I, prevede che “Negli istituti ogni cucina deve servire alla preparazione del vitto per un massimo di duecento persone. Se il numero dei detenuti è maggiore, sono attrezzate più cucine”; l’articolo 13, comma III, prevede che “Il vitto è consumato di regola in locali all’uopo destinati, utilizzabili per un numero non elevato di detenuti o internati”.
    Si è in presenza anche e soprattutto di una grave ed illecita lesione a quelli che sono i valori fondamentali dell’esser umano, ossia i cd. “beni della vita” a cui corrispondono diritti inviolabili dell’uomo sanciti dalla Costituzione; se nelle norme sull’ordinamento penitenziario ai sensi della legge 26 luglio 1975 n.354, è infatti sancito all’art. 1 che “Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona”, è nello stesso dettato costituzionale, a cui, infatti la norma è ispirata, che è previsto che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (art. 27 Cost) ed è espressamente vietata ogni forma di “violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà(art. 13 Cost); tali fondamentali principi sono poi garantiti e tutelati da Convenzioni internazionali ratificate e perciò vincolanti per lo Stato Italiano quali, a livello europeo, la Convenzione Europea di Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali che all’art. 3 stabilisce “Nessuno può esser sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti disumani o degradanti) e, a livello internazionale, il “Patto Internazionale relativo ai diritti civili e politici” ove, all’art.10 è sancito che “Qualsiasi individuo privato della propria libertà deve essere trattato con umanità e con rispetto della dignità inerente alla persona umana).
    Sussiste inoltre l’evidente violazione a) del diritto alla “pari dignità sociale” del cittadino che (ex art. 2 Cost.) versi, come nel caso del sig. ………., sottoposto a misure restrittive della libertà personale, in particolari condizioni personali o sociali; b) del diritto al libero e pieno sviluppo della personalità dell’essere umano (art. 2 Cost.); c) del diritto alla salute (art. 32 Cost); 
    Ricorre, pertanto, un evidente danno ingiusto di natura non patrimoniale, che ricomprende al suo interno anche un danno più propriamente esistenziale;< /span>
Alla stregua delle considerazioni svolte in punto di fatto ed in punto di diritto ricorrono tutti i presupposti per l’applicazione nuovo art. 35ter l.n. 354 del 1975 e, pertanto, il sottoscritto difensore nell’interesse del proprio assistito
PER QUESTI MOTIVI
Chiede che venga riconosciuta la riduzione di pena prevista conseguente alla violazione dell’art. 3 CEDU ex art. 35ter O.P.
Con Ossequi
Avv. ______________
In Allegato: – nomina con procura speciale

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