Maltrattamento di animali del veterinario: Quando la condotta è reato ?

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Maltrattamento di animali del veterinario: Quando la condotta è reato ?

Commette il reato di cui all’art. 544 ter cod. pen. – maltrattamento di animali – il veterinario di turno presso il canile che omette di sottoporre alle urgenti cure veterinarie il cane oggetto di investimento stradale, senza sottoporlo a cura farmacologica né a somministrazione di cibo.

Lo ha stabilito una recentissima sentenza della Corte di cassazione.

Infatti il veterinario, come da codice deontologico del relativo ordine di appartenenza, “ha l’obbligo, nei casi di urgenza ai quali è presente, di prestare le prime cure agli animali nella misura delle sue capacità e rapportate allo specifico contesto, eventualmente anche solo attivandosi per assicurare ogni specifica e adeguata assistenza”.

Non attivarsi in questo senso comporta l’integrazione del reato di maltrattamenti di animali.

La norma incriminatrice, dopo la novella di cui alla L. n. 189 del 2004, richiede ai fini della integrazione della fattispecie non solo che le condizioni di custodia dell’animale appaiano incompatibili con la natura dello stesso, ma che tali condizioni siano produttive di gravi sofferenze per l’animale.

le sofferenze cui gli animali mal custoditi dovessero essere sottoposti debbano raggiungere un livello tale da rendere assolutamente inconciliabile la condizione in cui vengono tenuti con la condizione propria dell’animale in situazione di benessere.

Il maltrattamento di animali, dapprima globalmente disciplinato come contravvenzione dall’art. 727 c.p., è quindi divenuto, a seguito della novella sopra ricordata, delitto mentre l’attuale norma contenuta nell’art. 727 c.p., introdotta sempre dalla L. 1 agosto 2004, n. 189, art. 1, comma 3, contempla oggi, al comma 1, quale fattispecie contravvenzionale, la condotta di abbandono di animali, e, al comma 2, la condotta di chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.

Si è già precisato, che il nuovo delitto si configura come reato a dolo specifico, nel caso in cui la condotta lesiva dell’integrità e della vita dell’animale sia tenuta per crudeltà, e a dolo generico quando essa sia tenuta, invece, come nel caso in esame, senza necessità.

Va aggiunto inoltre come l’art. 544 ter c.p. (maltrattamento di animali), alla pari, del resto, di quanto previsto per l’art. 544 bis c.p., non essendo ivi richiesto che la azione tipica si articoli attraverso determinate modalità o mezzi, presenta i caratteri di reato a forma libera, sostanzialmente plasmato sul modello dell’art. 582 c.p., sì che è sufficiente che la azione sia causale rispetto all’evento tipico, potendo così assumere rilevanza qualsiasi comportamento umano, sia attivo che omissivo; in tale secondo caso, peraltro, è necessario accertare, alla stregua di quanto previsto dall’art. 40 cpv. c.p., che sull’agente incomba l’obbligo giuridico di impedire, in particolare per quanto concerne le fattispecie in oggetto, l’evento costituito dalle lesioni.

Ne deriva che ben può il dolo della condotta di maltrattamenti, che, come detto, è generico laddove la condotta sia caratterizzata da assenza di necessità, assumere anche la forma di dolo eventuale laddove il soggetto agente, senza volerne direttamente la produzione, accetti consapevolmente il rischio, senza attivarsi per scongiurarne l’esito, che attraverso la propria prolungata omissione si verifichino le lesioni in parola.

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