Raddoppio della Sospensione della Patente in caso di Guida in stato di Ebbrezza. Nozione di Appartenenza del Veicolo.

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Raddoppio della Sospensione della Patente in caso di Guida in stato di Ebbrezza. Nozione di Appartenenza del Veicolo.

In una recente sentenza, la Suprema Corte di cassazione ha trattato il tema del raddoppio della sospensione della patente in caso di guida in stato di ebbrezza.

In tema di guida in stato di ebbrezza, ha deciso la Corte, ai fini della durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, ai sensi dell’art. 186, comma secondo, lett. c), cod. strada, la nozione di “appartenenza” del veicolo a persona estranea al reato non va intesa come proprietà o intestazione nei pubblici registri ma come effettivo e concreto dominio sulla cosa, che può assumere la forma del possesso o della detenzione, purché non occasionali (Cass., Sez. 4, n. 3311 del 02/12/2016, Rv. 268882 – 01; Sez. 4, n. 36425 del 29/03/2013, Rv. 256762-01; Cass., n. 20610 del 2010, Rv. 247326 – 01).

Perché possa ritenersi che il veicolo non appartenga a persona estranea al reato ma all’imputato e possa quindi disporsi la confisca del mezzo anziché il raddoppio della durata della sospensione della patente di guida, è dunque necessario che risulti che l’imputato aveva il possesso o la detenzione del veicolo, in via non occasionale.

Nel caso sottoposto alla cognizione della Suprema Corte di cassazione, dalla motivazione della sentenza impugnata risulta che la prova di ciò non è stata raggiunta.

Il giudice a quo ha infatti rilevato che l’auto era di proprietà della s.a.s. “C. A e C” e che la circostanza che l’imputato facesse uso dell’auto fuori dall’ordinario orario di lavoro non è sufficiente a indurre a ritenere fittizia l’intestazione della proprietà dell’autoveicolo in capo alla società, in assenza di ulteriori dati significativi in tal senso.

Trattasi di apprezzamento di merito, sorretto da un apparato argomentativo non connotato da manifesta illogicità e quindi insindacabile in questa sede.

Non può dunque ritenersi sussistente il presupposto costituito dall’effettivo e concreto dominio sulla cosa, tale da integrare il requisito dell’appartenenza, nell’ottica delineata dall’art. 186, comma 2, lett. c) cod. strada.

A ciò può aggiungersi che la nozione di “persona estranea al reato” implica che si tratti di un soggetto distinto dall’imputato e che non abbia esplicato alcun ruolo nella vicenda inerente alla commissione dell’illecito.

Nel caso in esame, pur essendo il P. socio della società proprietaria del veicolo, non può negarsi che quest’ultima costituisse, indipendentemente dalla titolarità di una autonoma soggettività giuridica, un soggetto non coincidente con l’imputato e al quale non poteva attribuirsi alcun ruolo nella commissione del reato.

Correttamente pertanto il giudice a quo non ha proceduto alla confisca del veicolo, anche a tutela degli altri soci che sarebbero stati ingiustificatamente danneggiati dalla relativa statuizione, e ha applicato il raddoppio della durata della sanzione amministrativa accessoria.

Leggi il testo della sentenza qui.

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