Daspo Ultras: come funziona e quando si applica.

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Daspo Ultras: come funziona e quando si applica.

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Cos’è il daspo?

Il c.d. DASPO (Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive) è una misura disciplinata all’ art. 6 della legge 13 dicembre 1989 n. 401 ed introdotta al fine di contrastare il crescente e sempre attuale fenomeno della violenza negli stadi di calcio.

Il Daspo è un provvedimento disciplinare che vieta ad un soggetto ritenuto pericoloso di poter accedere in luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive specificamente indicate; tale divieto si estende finanche alle zone limitrofe di transito, sosta o trasporto. Può essere accompagnato dall’obbligo di presentazione ad un ufficio di polizia in concomitanza temporale della manifestazione vietata.

La ratio giustificatrice del Daspo si sostanzia nella salvaguardia della sicurezza sociale di un ingente numero di persone riunite in un luogo chiuso ove si tengono manifestazioni sportive, o in zone limitrofe.

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Qual è l’organo competente ad emettere il daspo e quando può essere adottato?

Vi sono due ipotesi di Daspo:

DASPO preventivo: viene emesso dal Questore della provincia di riferimento, a seguito di una semplice denuncia a piede libero o segnalazione della ricorrenza dei requisiti di pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica in capo ad un soggetto o a seguito di una sentenza di condanna non definitiva, e può avere una durata che varia da uno a cinque anni;

DASPO penale: il provvedimento, in tal caso, è emesso dal giudice, a seguito di condanna penale per reati connessi a manifestazioni sportive e può avere una durata da 2 ad 8 anni.

Quindi, il Daspo può essere emesso dagli organi competenti, non necessariamente dopo una condanna penale, ma anche a seguito di una semplice denuncia.

È bene evidenziare che il Daspo:

  1. può essere disposto anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all’estero o, al contrario, può esser/e comminato dalle competenti Autorità degli altri Stati membri dell’Unione Europea per le manifestazioni sportive che si svolgono in Italia;
  2. può essere comminato anche nei confronti di soggetti minori di anni 18, che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età (in tal caso, il divieto è notificato a coloro che esercitano la patria potestà);
  3. può essere impugnato mediante ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.).

Cos’è l’obbligo di firma e quando si incorre nella violazione del daspo?

Esso può essere accompagnato dal cosiddetto obbligo di firma, tramite il quale il soggetto interessato è costretto a presentarsi in un ufficio di Polizia nel periodo in cui è previsto lo svolgimento della manifestazione vietatagli, e dalla pena accessoria della condanna allo svolgimento di lavori socialmente utili per la collettività.

Nell’ipotesi in cui il soggetto, a cui è stato imposto oltre al divieto di partecipazione alle manifestazioni sportive anche l’obbligo di recarsi presso il locale commissariato di Polizia in occasione della manifestazione sportiva vietatagli, violi tale ultima prescrizione può incorrere nel reato di cui all’art. 6 legge sul DASPO.

Il problema si pone per quelle manifestazioni sportive non programmate e non pubblicizzate e quindi non conoscibili dal soggetto sottoposto all’obbligo di firma.

Va premesso che secondo il consolidato orientamento formatosi in seno alla Corte di Cassazione

in tema di misure di prevenzione della violenza occasionata da manifestazioni sportive, l’obbligo di “comparire personalmente” presso un ufficio o comando di polizia è applicabile a tutti gli incontri che siano individuabili con certezza ed in concreto dal destinatario del provvedimento in relazione alla loro anticipata organizzazione, dovendo conseguentemente rimanere escluse solo le gare decise in rapporto ad esigenze peculiari del momento e senza preventiva programmazione, e, come tali, non previamente conoscibili (ex multis, cfr. Cass. Sez. 3, n. 35557 del 11/05/2017, Zazzaro).

Dal momento che il reato del DASPO, in quanto delitto, è caratterizzato dal dolo, occorre ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo la certa individuabilità delle gare per le quali il divieto operi, gare che ove di natura amichevole, non necessariamente sono caratterizzate, a differenza degli incontri ufficiali, dalla anticipata programmazione tanto più allorquando vengano disputate fuori dal campionato e si tratti dì compagini poco più che dilettantistiche (cfr. Cass. pen. sez. 3, sent. n. 45251 del 2018).

Sicchè va esclusa la responsabilità penale per tale reato quando non vi è prova della conoscibilità da parte del soggetto sottoposto all’obbligo di firma della partita in occasione della quale era incorso nella violazione dell’obbligo di presentazione presso il commissariato di residenza.

Quando e come avviene la convalida del daspo?

Quando il Daspo è accompagnato dall’obbligo di presentazione ad un ufficio di polizia in concomitanza temporale delle manifestazioni vietate oltre ad essere notificato all’interessato, è comunicato anche alla Procura della Repubblica presso il Tribunale competente ed entro 48 ore dalla notifica, ne deve seguire la convalida da parte del G.i.p. presso il medesimo Tribunale, solo ed unicamente per la parte attenente la firma.

Secondo Corte Costituzionale nel giudizio di convalida effettuato dal giudice per le indagini preliminari prevista dall’art. 6 comma 2 Legge sul DASPO deve essere effettuato un controllo pieno, ovvero tale da coinvolgere la personalità del destinatario, le modalità di applicazione, la ragionevolezza ed “esigibilità” della misura, e deve svolgersi nel rispetto delle garanzie della difesa (Corte Cost. sent. n. 143/1996).

I presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento del questore, sulla cui sussistenza deve esplicarsi il controllo giudiziale sono stati individuati segnatamente:

Nel “fumus” di attribuibilità delle condotte alla persona sottoposta alla misura; nella riconducibilità di tali condotte alle ipotesi previste dalla norma;

Nelle ragioni di “necessità ed urgenza” che hanno indotto il questore ad adottare il provvedimento;

Nella valutazione di sussistenza della pericolosità del soggetto cui è applicata la misura (il giudice della convalida dovrà in particolare verificare se i fatti indicati dal questore possano costituire indice sicuro della pericolosità).

Inoltre, il giudice della convalida deve procedere alla valutazione circa la “congruità” della durata della misura, potendo, ove la ritenga eccessiva, ridurla (Sez. U, n. 44273 del 27/10/2004, Labbia).

La circostanza che il Daspo possa essere emesso sulla base di una segnalazione e non necessariamente dopo una condanna penale ha fatto dubitare della costituzionalità di tale provvedimento ma la Corte Costituzionale è intervenuta sul punto, con la sentenza n. 512 del 2002, inquadrando la misura del Daspo tra quelle di prevenzione, che possono quindi essere inflitte indipendentemente dalla commissione di un reato, compromettendo di fatto alcune libertà fondamentali come quella di circolazione, ex art. 16 della Costituzione.

Quali sono le novità introdotte dal decreto Salvini?

Con l’entrata in vigore del decreto sicurezza (D.L. 113/2018 c.d. “Decreto Salvini”), è stato ampliato l’ambito di operatività del DASPO.

La previgente all’art. 6, comma I, legge n. 401/1989 – riguardava essenzialmente reati in relazione ai quali il pericolo di verificazione di eventi lesivi si presumeva essere maggiormente elevato, tra i quali si annoverano:

  • Il porto di armi improprie senza una valida giustificazione;
  • L’utilizzo di caschi o altri strumenti atti a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona;
  • L’esposizione o introduzione di simboli o emblemi discriminatori o razzisti; il lancio di materiale pericoloso, lo scavalcamento e l’invasione di campo in occasione di manifestazioni sportive;
  • L’ indebito superamento di recinzioni o separazioni dell’impianto sportivo;
  • Il possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive; l’aver preso parte attiva ad episodi di violenza contro persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive o l’aver, nelle medesime circostanze, incitato, inneggiato o indotto alla violenza.

Con il decreto-sicurezza si è voluto estendere l’ambito applicativo del DASPO sportivo, innanzitutto, a talune ipotesi annoverate nel codice antimafia: dunque, potranno essere attinti dal DASPO anche gli indiziati di gravi delitti con finalità di terrorismo di cui all’art. 51, comma 3 quater, c.p.p.

In secondo luogo, l’ambito di operatività del DASPO sportivo viene esteso anche a coloro, i quali, operando in gruppo o isolatamente, pongono in essere atti preparatori o esecutivi volti a sovvertire l’ordinamento dello Stato con la commissione di uno dei seguenti reati:

  1. delitti contro l’incolumità pubblica;
  2. insurrezione armata contro i poteri dello Stato (art. 284 c.p.);
  3. devastazione, saccheggio e strage (art. 285 c.p.);
  4. guerra civile (art. 286 c.p.);
  5. banda armata (art. 306 c.p.);
  6. epidemia (art. 438 c.p.);
  7. avvelenamento di acque o di sostanza alimentari (art. 439 c.p.):
  8. sequestro di persona semplice e a scopo di estorsione (artt. 605 e 630 c.p.).

Altro gruppo di soggetti destinatari del DASPO riguarda coloro che, operando in gruppo o isolatamente, pongono in essere atti preparatori o esecutivi con finalità di terrorismo anche internazionale.

Infine, l’ ulteriore gruppo di soggetti cui può essere comminata la misura amministrativa del DASPO è rappresentata da coloro che, operando in gruppo o isolatamente, pongano in essere atti preparatori o esecutivi volti a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un’organizzazione che persegue le finalità di terrorismo di cui all’art. 270 sexies c.p.

Cos’è il daspo di gruppo?

Il DASPO, in realtà, è sempre stato oggetto di riforme volte alla prevenzione e repressione degli episodi la violenza che si verificano nel corso delle manifestazioni sportive.

Ed infatti, già con la legge 17 ottobre 2014, n. 146 fu introdotto il c.d. “DASPO di gruppo”, caratterizzato da una durata non inferiore a tre anni (art. 6, comma 5, l. 401 del 1989) per i casi di “condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione”.

Tale disposizione ha reso necessario l’intervento della Corte di Cassazione in ordine alla compatibilità dell’obbligo di comparizione – attratto nell’area delle misure di prevenzione atipiche – esteso ai membri del gruppo e il principio costituzionale della personalità della responsabilità penale sancito all’art. 27 Cost.

Sebbene l’art. 27, comma 1, delimiti l’operatività del principio espressamente alla sola responsabilità penale, e nonostante la giurisprudenza costituzionale escluda che esso possa assumere rango di parametro di costituzionalità con riferimento alle violazioni amministrative (di recente, Corte Cost., n. 286 del 28/07/2010), va comunque escluso che l’applicazione di una misura di prevenzione atipica quale l’obbligo di comparizione in occasione di manifestazioni sportive, limitativa di primari beni di rilevanza costituzionale, possa essere fondata su una responsabilità ‘collettiva’.

Va evidenziato che la giurisprudenza di legittimità ha costantemente ribadito, anche a Sezioni Unite, che tra i presupposti di applicabilità della misura vi è il fumus di attribuibilità delle condotte alla persona sottoposta alla misura (Sez. U, n. 44273 del 27/10/2004, Labbia).

Ma già lo stesso tenore sintattico della norma che, benchè introdotta successivamente alle pronunce delle Sezioni Unite, non fonda un’ascrizione di ‘responsabilità’ in grado di prescindere dalla partecipazione individuale all’azione di gruppo: difatti, l’art. 6 L. 401/89 descrive la condotta, sia singola che di gruppo, finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, in termini tali da escludere la mera connivenza o, addirittura, la semplice presenza fisica, anche casuale o occasionale, all’interno di un gruppo.

In altri termini, la violenza “di gruppo” legittimante l’adozione del DASPO richiede un quid pluris rispetto alla mera presenza nel gruppo, consistente nell’individuazione di un ruolo attivo – inteso come adesione e/o apporto del singolo ad azioni violente, minacciose o intimidatorie – di ciascun appartenente al gruppo.

In sintesi, ai fini dell’applicazione del “DASPO di gruppo” non è la semplice presenza nel gruppo a rilevare, bensì la partecipazione individuale all’azione del gruppo, che fonda una responsabilità collettiva e il conseguente aggravamento della misura sotto il profilo temporale, per la ritenuta maggior pericolosità insita nella compartecipazione (cfr. Cass. pen. sez. 3, sent. 22266/16).

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