Mirko Scarcella: quali sono gli aspetti legali da considerare?

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Mirko Scarcella: quali sono gli aspetti legali da considerare?

Mirko Scarcella è diventato un caso mediatico: chi di tutti i personaggi andati in TV o che hanno fatto dirette social ha ragione ? Chi dice il vero e chi dice il falso ?

Bene, se vi aspettate che in questo articolo si stabilirà il torto o la ragione allora potrete sin da ora interrompere la lettura e dedicarvi ad altro !!!

È proprio questo il punto: il torto e/o la ragione viene stabilito in un Tribunale, dopo aver celebrato un processo, nel pieno contraddittorio tra chi accusa e chi si difende. 

Ed allora, in virtù di tale necessaria e doverosa premessa, in questo articolo non ci sarà una presa di posizione a favore di uno dei personaggi intervenuti nella vicenda: il fine – spero utile – sarà quello di farvi conoscere cosa dice la legge (e l’interpretazione della stessa) con riferimento alla possibile sussistenza o meno del delitto di diffamazione ai danni dello Scarcella ovvero comprendere se e quando sussiste la scriminante prevista dall’art. 51 cod. pen..

Alla fine ci si porranno degli interrogativi a cui ognuno di noi potrà darsi una risposta sulla base di ciò che prevede la legge e che – senza pretesa di alcuna esaustività – viene riportato all’interno di questo breve articolo.

Cosa si sostiene all’interno del servizio mandato in onda?

Prima di affrontare gli aspetti legali occorre necessariamente fare una breve premessa fattuale della vicenda andando a selezionare alcuni elementi utili ai fini che occupano.

Gli ex clienti di Mirko Scarcella sostengono di essere stati truffati dal ‘Guru di Indiagram’ il quale aveva promesso loro di raggiungere dei risultati che – di converso – non sarebbero stati raggiunti.

Altre persone – che pure a vario titolo sono apparse nei servizi mandati in onda su di una rete a diffusione nazionale – affermavano di non avevano ben capito quale fosse in realtà il lavoro dello Scarcella e che i suoi progetti professionali fossero ‘nebulosi’.

Veniva dunque rappresentata al telespettatore l’immagine dello Scarcella come ‘ciarlatano’ (espressione questa utilizzata proprio all’interno del servizio televisivo), come una persona che tendesse dei tranelli (l’espressione utilizzata è proprio ‘tranello’) ovvero che facesse solamente della ‘televendita’ e che in realtà non offrisse prestazioni professionali effettive.

Si attribuiva allo Scarcella il comportamento illecito di aver truffato i suoi clienti, che avesse preso un corrispettivo senza aver prestato effettivamente la sua attività lavorativa come prescriveva il contratto sottoscritto dalle parti: prova di tale assunto si ricava dal fatto che – per come emerge all’interno dei servizi televisivi mandati in onda – gli ex-clienti avevano intrapreso diverse azioni legali contro lo Scarcella proprio al fine di recuperare l’intero ammontare di denaro versato a quest’ultimo per la sua (in)attività professionale.

Quali sono stati gli effetti della messa in onda del servizio televisivo su Mirko Scarcella?

Dopo i servizi mandati in onda sulla rete nazionale, molte persone hanno preso di mira i vari account social dello Scarcella, accusando lo stesso di essere un truffatore.

Lo hanno invero minacciato pesantemente così come si dà atto nella parte finale del secondo servizio mandato in onda.

Per come fatto vedere nei video di risposta condivisi dallo stesso Scarcella, egli è diventato vero e proprio oggetto del dileggio mediatico.

Ovviamente, il giudizio delle persone, veniva fondato su quanto fatto vedere all’interno del servizio ed è proprio da lì che è partita quella che può essere definita a tutti gli effetti una caccia all’uomo sui social.

Perché Mirko Scarcella è stato preso di mira?

Orbene, le persone hanno definito Mirko Scarcella truffatore poiché quello era stato il messaggio che si lasciava intendere nel servizio televisivo: il ‘guru di instagram’ ed il suo infallibile ‘algoritmo’ era stato infatti smascherato secondo il teorema del cronista.

Si afferma, infatti, che lo Scarcella avesse detto ‘minchiate’, ‘fregnacce’ ed organizzato ‘bluff epocali’ tanto che uno degli ex clienti del ‘guru’ afferma di aver rilasciato l’intervista proprio per mettere in guardia altre persone poiché in certe cose ‘bisogna stare attenti’ (00:54:37 servizio del 16.06.2020) a non essere truffati. 

È così – in maniera non certo elogiativa – si passava dal ‘Guru di Instagram’ al ‘Guru di Indiagram’.

È possibile definire o far apparire una persona truffatore in TV?

Dopo aver svolto una breve premessa in fatto, necessaria al fine di comprendere la base fattuale sulla quale orientare il giudizio, non si può non menzionare – seppur brevemente – cosa la legge (e l’interpretazione della stessa) prevede in questi casi. 

La questione controversa è la seguente. 

Sulla base di quello che è stato trasmesso in tv nonché sulla base di quanto condiviso nei video di risposta da Mirko Scarcella, quest’ultimo

  1. è un ‘ciarlatano’/truffatore ?
  2. oppure è stato pesantemente diffamato ?
  3. possiamo parlare di diritto di cronaca/critica/informazione e quindi scriminare la condotta di chi ha parlato di lui in termini spregiativi ? E si sì, fino a che punto si può parlare della scriminante prevista dall’art. 51 cod. pen. ?

Ma procediamo con ordine e partiamo dalla base.

A prescindere da chi abbia torto o ragione, appare utile ricordare che secondo quanto previsto dall’art. 27 della Carta Costituzionale, 

L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva 

Art. 27 Cost.

Ed ancora, secondo quanto previsto dall’Articolo 6 § 2 della Convenzione Europea di Diritti dell’Uomo,   

Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata

Art. 6 § 2 CEDU

Inoltre non appare inutile ricordare che la tutela dell’onore trova cittadinanza nell’art. 2 della Costituzione.

Orbene, a Mirko Scarcella viene attribuita l’accusa di aver teso dei tranelli, di aver detto ‘minchiate’, di lavorare a progetti nebulosi, di essere un ciarlatano. 

Si dice di stare attenti ai falsi ‘guru’ e che il ‘guru di indiagram’ sia stata smascherato. 

È chiaro che l’accusa fatta allo Scarcella è dunque quella di aver truffato i suoi ex-clienti rappresentando falsamente di poter aiutare costoro a crescere sui social e di ottenere visibilità da questi ultimi richiesta.

Di converso, lo stesso Mirko Scarcella sostiene di possedere le prove dell’esatto contrario e, nello specifico, di aver onorato i contratti con i suoi ex-clienti, di poter dimostrare che gli stessi fossero pienamente consapevoli delle strategie di marketing da lui utilizzate per raggiungere una maggiore visibilità dei contenuti postati ed di far crescere il loro brand personale.

Il ‘quadro probatorio’, dunque, non è chiaro ed accusare una persona di specifici comportamenti delittuosi è contrario a quanto previsto da principi basilari del nostro ordinamento. 

In sostanza, non si può sostenere che una persona abbia commesso un reato (la truffa) se questo non sia stato prima legalmente accertato o meno che non sia corrispondente al vero.

Ma da quanto visto in base alle repliche dello Scarcella, l’accusa lanciata contro di lui pare quanto meno essere suscettibile di obiezioni.

Cosa può accadere se si attribuisce a qualcuno la commissione di un reato prima che lo stesso sia stato legalmente accertato?

La risposta potrebbe essere: diffamazione!

Secondo l’orientamento della Suprema Corte di cassazione, infatti, in tema di diffamazione, integra la lesione della reputazione altrui l’attribuzione di un fatto illecito, perché posto in essere contro il divieto imposto da norme giuridiche, assistite o meno da sanzione. 

Inoltre anche la divulgazione di comportamenti che, alla luce dei canoni etici condivisi dalla generalità dei consociati, siano suscettibili di incontrare la riprovazione della communis opinio  integra il delitto di diffamazione (Sez. 5, n. 8348 del 25/10/2012, dep. 2013, Sez. 5, n. 40539 del 23/09/2008, Cibelli, Rv. 241739).

D’altra parte, che l’attribuzione ad un soggetto di una condotta illecita abbia natura lesiva della sua reputazione è un principio acquisito; addirittura è stata ritenuta tale natura finanche quando l’articolo pubblicato, utilizzando insinuazioni generiche, attribuiva alla persona la commissione di fatti illeciti non meglio specificati e privi di qualsiasi riferimento determinato (Sez. 5, n. 4298 del 19/11/2015, dep. 2016, Bisignano, Rv. 266026).

È certo che il fatto di non aver pagato una cena oppure aver preso un aereo di linea e non un jet privato non possa essere considerato un ‘riferimento determinato’ al fatto che lo Scarcella avesse truffato i suoi ex-clienti.

Nel caso che ci occupa, allo Scarcella viene attribuito uno specifico fatto illecito: quello di aver truffato i suoi assistiti, di essere un ‘ciarlatano’, di lavorare a ‘progetti nebulosi’ di ‘stare attenti’.

Invero l’utilizzo dei termini sopra menzionati non sembrano equivocabili, trattandosi di espressioni dotate di un preciso significato penalistico che all’articolista/regista non potevano sfuggire e che richiamano una ben determinata figura di reato attribuita allo Scarcella.

Orbene, applicando le coordinate giuridiche sopra menzionate, potrebbe ritenersi sussistente il delitto di diffamazione in quanto la notizia non è pacificamente vera (in quanto contestata aspramente dallo Scarcella) e nessun Giudice ha legalmente accertato che quest’ultimo avesse truffato i suoi clienti.

L’utilizzo di termini sicuramente non elogiativi, inoltre, ci obbliga di riporre la nostra attenzione sotto un altro punto vista.

È possibile ritenere sussistente il diritto di cronaca o critica nel caso di specie?

Questo punto appare molto interessante poiché bisogna capire in che termini sia possibile riconoscere quale sussistente il diritto di cronaca, il diritto di informare le persone, il diritto di critica con riferimento a fatti delittuosi che allo stato non sono stati accertati con una sentenza di condanna.

Non solo. 

Appare altresì d’interesse segnalare fino a che punto può spingersi il diritto di cronaca prima che si configuri il delitto di diffamazione poiché il diritto all’informazione finisce quando inizia il decoro e la dignità personale che trova tutela, come detto, nell’art. 2 della Carta Costituzionale. 

Sul punto, secondo quanto previsto dalla Suprema Corte di cassazione,  perché l’esercizio del diritto di cronaca abbia efficacia scriminante in riferimento al fatto diffamatorio, la notizia divulgata, oltre che socialmente rilevante e descritta con continenza espressiva, deve essere vera, il che implica che sia riportata in modo completo (Sez. 5, sentenza n. 44024 del 04/11/2010, P.C. in proc. Biondani ed altro, Rv. 249126).

Seguendo la logica comune, infatti, il lettore medio è portato a ricavare dall’accostamento incompleto di dati una notizia nuova e diversa: avendo riportato notizie false ed incomplete, il servizio ha per l’appunto assunto un carattere diffamatorio.

Deve rammentarsi, inoltre, che – secondo uno dei più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità in tema di diffamazione – ai fini dell’applicazione dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica, è necessario che l’articolista, nel selezionare fatti accaduti nel tempo reputati rilevanti per illustrare la personalità dei soggetti criticati, non manipoli le notizie o non le rappresenti in forma incompleta, in maniera tale che, per quanto il risultato complessivo contenga un nucleo di verità, l’operazione stravolga il fatto nella sua rappresentazione (Sez. 5, n. 57005 del 27/9/2018, Padellaro, Rv. 274625).

Nel video di risposta pubblicato da Scarcella sono stati riportati i fatti in maniera diametralmente opposta a quanto fatto vedere nel servizio televisivo: sono infatti emerse delle circostanze che non erano state riportate dagli ex-clienti e, di conseguenza, all’interno dei servizi televisivi.

Ad esempio, Scarcella ha sostenuto che vi fosse un trattamento di fine rapporto con uno dei suoi ex-clienti, che proprio quest’ultimo inviasse i commenti allo Scarcella al fine di farli pubblicare nella descrizione dei post condivisi. 

Alla stessa maniera altro ex cliente – secondo Scarcella – era perfettamente a conoscenza della strategia di marketing utilizzata da quest’ultimo per come emerge dalle conversazioni in possesso allo Scarcella.

Ed allora, se quanto raccontato dallo Scarcella corrisponda al vero, l’omissione di tali circostanze fa sì che la notizia riportata sia quanto meno incompleta e possa fare da stura alla creazione di una notizia ‘nuova e diversa’, stravolta nel suo significato poiché mancante di elementi di fatto che avrebbero consentito al lettore (o telespettatore) di formare un proprio (e forse) diverso giudizio.

L’esercizio del diritto di cronaca (ovvero critica), infatti, non può ritenersi fedele al requisito della veridicità dei fatti qualora la ricostruzione degli avvenimenti avvenga in modo da travisare la consecuzione degli stessi, omettendo il riferimento di fatti rilevanti nella proposizione delle notizie e, per contro, proponendone taluni in una luce artificiosamente emblematica, al di là della loro obiettiva rilevanza, in modo da tentare di indirizzare il giudizio del lettore (Sez. 5, n. 15176 del 15/3/2002, Di Giovacchino, Rv. 221864).

La scriminante putativa dell’esercizio del diritto di cronaca è quindi ipotizzabile solo qualora, pur non essendo obiettivamente vero il fatto riferito, il cronista abbia assolto all’onere di esaminare, controllare e verificare quanto oggetto della sua narrativa, al fine di vincere ogni dubbio, non essendo sufficiente l’affidamento riposto in buona fede sulla fonte (Sez. 5, n. 7967 del 08/05/1998 – dep. 07/07/1998, Calamita U, Rv. 211539).

Con riferimento al concetto di stampa, infatti, secondo la più autorevole giurisprudenza della S. Corte, la condotta del giornalista che, pubblicando il testo di un’intervista, vi riporti, anche se “alla lettera”, dichiarazioni del soggetto intervistato di contenuto oggettivamente lesivo dell’altrui reputazione, non è sempre scriminata dall’esercizio del diritto di cronaca, in quanto sul giornalista stesso incombe pur sempre il dovere di controllare la veridicità delle circostanze e la continenza delle espressioni riferite (Sez. U, Sentenza n. 37140 del 30/05/2001 Ud. dep. 16/10/2001).

Nel caso di specie, all’interno dei video di risposta dello Scarcella sono emerse delle circostanze che – come detto – offrono un’altra versione dei fatti diametralmente opposta: è dunque possibile ritenere che ogni dubbio sia stato vinto ? È indubbiamente vero il fatto che lo Scarcella avesse truffato i suoi clienti ? Perché quanto detto dallo Scarcella nei suoi video non è stato oggetto di opportuno approfondimento da parte del cronista ?

Anche qui, solo un Giudice potrà fornire le risposte adeguate.

Il limite della continenza: cos’è e cosa prevede?

Le espressioni utilizzate in un post, in un video ovvero in un articolo di stampa non possono essere – di certo – inutilmente umilianti.

Il rispetto del canone della continenza esige, che le modalità espressive dispiegate siano proporzionate e funzionali alla comunicazione dell’informazione, e non si traducano, pertanto, in espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato.

Pertanto, il requisito della continenza, quale elemento costitutivo della causa di giustificazione del diritto di critica, attiene alla forma comunicativa ovvero alle modalità espressive utilizzate e non al contenuto comunicato.

Le espressioni ‘ciarlatano’, ‘minchiate’, ‘grandi bluff’, ‘progetti nebulosi’ etc., attribuite alla persona dello Scarcella ovvero ad i suoi progetti lavorativi, possono rientrare nel concetto di ‘continenza’ così come sopra specificato ed essere ritenute necessariamente utili al fine di informare ed esercitare il diritto di cronaca e critica ?

Se queste espressioni non rientrano nel concetto di ‘continenza’ e dunque non necessariamente utili al fine di informare i telespettatori, ben potrebbe sussistere il delitto di diffamazione in quanto la condotta non può essere scriminata dal diritto di cronaca in difetto dell’osservanza del limite della continenza.

Per capire se il predetto limite sia stato superato, occorre fare una precisazione: il concetto di continenza deve essere scisso in quello sostanziale e quello formale.

La continenza sostanziale

La continenza sostanziale, o “materiale”, dunque, attiene alla natura e alla latitudine dei fatti riferiti e delle opinioni espresse, in relazione all’interesse pubblico alla comunicazione o al diritto-dovere di denunzia. 

La continenza sostanziale ha riguardo alla quantità e alla selezione dell’informazione in funzione del tipo di resoconto e dell’utilità/bisogno sociale ad esso.

Appare francamente difficile immaginare che il fatto di non aver pagato una cena o di aver preso un aereo di linea (e non un jet privato) possa rientrare nel diritto di cronaca o critica riconosciuto dalla legge e non essere considerato come un vero e proprio ultroneo dileggio.  

La continenza formale

La continenza formale attiene invece al modo con cui il racconto sul fatto è reso o il giudizio critico esternato, e cioè alla qualità della manifestazione. 

Essa postula dunque una forma espositiva proporzionata, “corretta” in quanto non ingiustificatamente sovrabbondante al fine del concetto da esprimere.

Questo comporta che le modalità espressive non devono essere gratuitamente offensive, o mere contumelie.

Orbene, siccome il rispetto del canone della continenza esige che le modalità espressive dispiegate siano proporzionate e funzionali alla comunicazione dell’informazione, e non si traducano, pertanto, in espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato, la domanda che ci si pone é:

il servizio mandato in onda –  attesi i termini utilizzati ed in parte sopra citati nonché lo stesso titolo ‘IL GURU DI INDIAGRAM’ – può ritenersi ossequioso del limite della ‘continenza’  oppure trasmoda in offese umilianti e degradanti ? 

Tutto quello che è stato detto, è funzionale alla comunicazione dell’informazione ?

Considerazioni di carattere conclusivo 

Sono quesiti – quelli da ultimo riportati – che potranno essere risolti solo da un Giudice, dopo un processo, in piena parità tra la parti in causa.

Ciò che è a mio avviso interessante è il mentre !!! 

Ovverosia la modalità attraverso la quale viene interpretato ed attuato il diritto di cronaca, il diritto di critica, il diritto di informare nell’era social dove il riportare una notizia incompleta o non approfondita può generare una vera e progna gogna mediatica.  

Mi spiego. 

Alla luce del fatto che i rapporti tra Mirko Scarcella ed i suoi ex-clienti apparivano sin da subito quantomeno controversi tra accordi di fine rapporto, conversazioni telefoniche e messaggi vari, 

è lecito mandare in onda un servizio televisivo che pone un personaggio al centro di una tempesta mediatica e successivamente viene definito come truffatore senza che la sua copevolezza sia stata legalmente accertata ?  

Come riportato più volte da Mirko Scarcella, egli è stato oggetto del dileggio mediatico e di pesanti invettive a causa di un servizio televisivo che lo stesso ha ritenuto essere non corrispondente al vero: ed allora, fino a che punto di diritto di cronaca e di informazione può spingersi a discapito della dignità, della reputazione e del decoro di una persona ?

Se, come caldeggiato da Mirko Scarcella, un Giudice gli darà ragione, chi potrà mai restituirgli la dignità perduta?

Fammi sapere cosa pensi all’interno dei commenti qui sotto. Mi interessa sapere la tua opinione su questa vicenda.

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