La libertà vigilata: cosa è e come chiedere la revoca

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La libertà vigilata: cosa è e come chiedere la revoca

Avvocato Penalista H24 nel presente articolo si soffermerà proprio sul tema della libertà vigilata e cercherà di chiarire quando e come può essere disposta tale misura. 

Vuoi sapere in cosa consiste la libertà vigilata?
Ti interessa conoscere quando può essere applicata?
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Per dare risposta alle tue domande, leggi questo articolo!

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In cosa consiste la libertà vigilata?   

La libertà vigilata è una misura di sicurezza personale di tipo non detentivo che comporta una limitazione della libertà personale del soggetto tenuto al rispetto di una serie di prescrizioni dirette ad impedire il compimento di nuovi reati e a facilitare il suo reinserimento sociale.

Le prescrizioni sono determinate dal Magistrato di Sorveglianza in un’ottica di individualizzazione della misura. Generalmente si trovano prescrizioni del tipo non detenere armi o munizioni, non frequentare pregiudicati, non uscire di casa la sera dopo una certa ora né la mattina prima di una certa ora.

La libertà vigilata si è trasformata in una sorta di “libertà vigilata e assistita” presentando un duplice componente di difesa sociale (limitazione della libertà del soggetto onde evitare l’occasione di nuovi reati) ed assistenza del reo (obbligo di assistenza del libero vigilato ad opera del servizio sociale).

Cosa accade in caso di trasgressione alle prescrizioni?

Se vengono violate le prescrizioni imposte con la libertà vigilata, il giudice può aggiungere la misura di sicurezza patrimoniale  ossia la cauzione di buona condotta oppure, se la cauzione non è prestata o se le trasgressioni sono gravi o ripetute può sostituire la libertà vigilata con una misura di sicurezza personale di tipo detentivo, quale a colonia agricola o la casa di lavoro.

Cosa sono le misure di sicurezza?

Le misure di sicurezza sono destinate a neutralizzare la pericolosità sociale di determinati soggetti allo scopo di potenziare la difesa sociale mediante la prevenzione del pericolo di recidiva del reo.

Le misure di sicurezza nella cui categoria rientra la libertà vigilata, si distinguono dalle pene per la funzione diversa: la pena assolve la funzione di retribuzione e prevenzione generale, mentre la misura di sicurezza assolve ad una funzione di special prevenzione tendente alla cura ed alla rieducazione del reo socialmente pericoloso.

Le due categorie hanno anche un diverso fondamento: la pena è conseguente ad un giudizio di riprovazione per violazione di una disposizione penale, la misura di sicurezza scaturisce da un giudizio di pericolosità e probabilità di futura recidiva.

Quando può essere applicata la libertà vigilata?

Perché venga disposta l’applicazione di una misura di sicurezza, tra cui la libertà vigilata, devono sussistere due presupposti:

Il presupposto oggettivo che consiste nell’ aver commesso un fatto previsto dalla legge come reato.

Il presupposto soggettivo è rappresentato dall’accertamento della pericolosità sociale del reo.

I presupposti specifici per l’applicazione della libertà vigilata sono i seguenti:

  • la condanna alla reclusione per un tempo superiore ad un anno;
  • nei casi di reato impossibile , in cui a prescindere dalla commissione di un reato (data l’inidoneità dell’azione), il soggetto può essere sottoposto a misure di sicurezza; di accordo criminoso non eseguito ovvero nel caso di istigazione a commettere un delitto, se l’istigazione non viene accolta.

 In questi casi si parla di situazioni prossime al reato o quasi reato. Non si richiede che il fatto previsto dalla legge come reato sia anche punibile infatti è possibile applicare una misura di sicurezza anche al soggetto non imputabile purché il reato gli sia soggettivamente riferibile

 In ogni caso è necessario un accertamento dell’attuale pericolosità sociale del soggetto a cui applicare la libertà vigilata. La qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell’art. 133 cod. pen. ossia dai criteri previsti per la determinazione della pena.

Ma in sede di commisurazione della pena  gli indici dell’articolo  133 cod. pen. vengono valutati in funzione del giudizio di responsabilità; diversamente in sede di accertamento della pericolosità sociale i medesimi criteri vengono valutati ai fini della prognosi criminale.

In cosa consiste il giudizio di pericolosità sociale?

La pericolosità sociale, presupposto per l’applicazione delle misure di sicurezza e quindi della libertà vigilata, è il risultato di un giudizio prognostico effettuato dal giudice circa la probabilità che il soggetto compia in futuro ulteriori atti di criminalità.

Anche in sede di riesame della pericolosità sociale occorre compiere un accertamento globale dei criteri sanciti dal 133 cod.pen. per poter ritenere sussistente e giustificare la persistente pericolosità sociale che giustifichi la prosecuzione della misura della libertà vigilata.

Anche qualora la libertà vigilata venga applicata ad un soggetto affetto da una patologia psichica il giudice nel giudizio prognostico non deve utilizzare quale unico elemento di valutazione la patologia ma deve comunque tenere in debita considerazione tutti gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen. la valutazione prognostica deve essere ancorata a circostanze fattuali in grado di giustificare la decisione adottata. 

Sul punto la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che l’accertamento sull’attuale pericolosità sociale ai fini dell’applicazione di una misura di sicurezza implica la valutazione non solo della gravità del fatto reato ma anche di fatti successivi, come il comportamento tenuto dal prevenuto quale risultante ad esempio dalle relazioni comportamentali (Cassazione sezione 1, sentenza n. 24179/2010).

Sicché l’accertamento sull’attualità della pericolosità sociale di un soggetto postula necessariamente la valutazione di fatti successivi alla commissione del reato.

La prognosi di pericolosità sociale rilevante agli effetti della legge penale non può limitarsi a richiamare la valutazione criminologica degli esperti ma deve necessariamente verificare l’esistenza di condizioni che consentono di affermare un persistente pericolo di commissione in futuro di altri reati esaminando in concreto la personalità del soggetto interessato  seguendo i criteri di cui al 133 cod. pen.

In tal senso occorre richiamare il principio di diritto secondo cui:

la valutazione stabilita dall’art. 203 cod. pen. costituisce compito esclusivo del giudice, il quale non può abdicarvi in favore di altri soggetti, né rinunciarvi pur dovendo tener conto dei dati relativi alle condizioni mentali dell’imputato ed alle implicazioni mentali dell’imputato ed alle implicazioni comportamentali eventualmente indicate dagli esperti che si siano pronunciati in merito: pertanto, egli deve ritenere sussistente o persistente la pericolosità sociale ove accerti l’emersione del pericolo  della commissione da parte del reo di nuovi reati mediante autonoma valutazione che deve tener conto dei rilievi peritali sulla personalità sugli effettivi problemi psichiatrici e sulla capacità criminale del soggetto nonché sulla base di ogni parametro desumibile  dall’art. 133 cod.pen. (Cassazione penale, sez. 1 sentenza n. 40808 del 2010).

Sez. I n. 40808 del 2010

In cosa consiste l’accertamento della pericolosità sociale?

Secondo la giurisprudenza di legittimità l’accertamento sull’attuale pericolosità sociale ai fini dell’applicazione di una misura di sicurezza – e ciò non può che a maggior ragione valere in sede di riesame della stessa – implica la valutazione non solo della gravità del fatto-reato ma anche di fatti successivi, come il comportamento tenuto dal prevenuto quale risultante ad esempio dalle relazioni comportamentali (Sez. 1, n. 24179 del 19/05/2010 – dep. 23/06/2010, Coniglione, Rv. 247986).

Infatti, la qualità di persona socialmente pericolosa, per la quale sussiste la probabilità di commissione di nuovi fatti preveduti dalla legge come reato, deve essere desunta dalle circostanze di cui all’art. 133 cod. pen. (cfr. Cass. Sez. 1, n. 24725 del 27/05/2008 – dep. 18/06/2008, Nocerino, Rv. 240808).

Accertamento in concreto di tali elementi che risulta necessario in quanto l’accertamento sull’attualità della pericolosità del prevenuto necessariamente postula la valutazione dei fatti successivi alla commissione del reato che, eventualmente, devono dar vita a episodi di manifestazione di violenza o pericolosità sociale.

La sussistenza o persistente pericolosità sociale, dunque, deve essere ancorata all’emersione del pericolo della commissione da parte del reo di nuovi reati mediante autonoma valutazione che deve tener conto dei rilievi peritali sulla personalità, sugli effettivi problemi psichiatrici e sulla capacità criminale del soggetto, nonché sulla base di ogni altro parametro desumibile dall’art. 133 cod. pen. (v. anche Sez. 1, n. 40808 del 14/10/2010, Cazzaniga, Rv. 248440; Sez. 1, n. 4094 del 07/01/2010, James, Rv. 246315).

Chi è la persona socialmente pericolosa?

L’art. 203 cod. pen. definisce socialmente pericolosa la persona per la quale sussiste la probabilità di commissione di nuovi fatti preveduti dalla legge come reato (art. 203, comma 1, cod. pen.); tale qualità deve essere desunta dalle circostanze di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 1, n. 24725 del 27/05/2008 – dep. 18/06/2008, Nocerino, Rv. 240808).Tale richiamo rende evidente che il Magistrato di Sorveglianza non possa prescindere dalla natura e dalla gravità del reato per il quale è intervenuta condanna; non possa, quindi, fondare la sua valutazione esclusivamente sul percorso penitenziario e sulla condotta susseguente al reato, ma debba tenere conto anche di questi parametri per giungere alla prognosi richiesta dall’art. 203 cit..

Ciò è stato affermato da questa Corte, che ha ribadito che l’accertamento sull’attuale pericolosità sociale ai fini dell’applicazione di una misura di sicurezza implica la valutazione non solo della gravità del fatto-reato ma anche di fatti successivi, come il comportamento tenuto durante l’espiazione della pena (quale risultante ad esempio dalle relazioni comportamentali e dall’eventuale concessione di benefici penitenziari o processuali), o come il comportamento tenuto successivamente alla riacquistata libertà (Sez. 1, n. 24179 del 19/05/2010 – dep. 23/06/2010, Coniglione, Rv. 247986). 

Il requisito normativo della pericolosità sociale del proposto, la cui attualità deve essere riferita all’epoca dell’adozione della misura da parte del giudice di primo grado (Sez. 6 n. 38471 del 13/10/2010, Rv. 248797; Sez. 5 n. 1520 del 17/03/2000, Rv. 215833), potendo l’eventuale sopravvenienza di nuovi elementi di valutazione consentire all’interessato unicamente di proporre istanza di revoca o modifica, e non già legittimare un diverso apprezzamento del medesimo requisito da parte del giudice dell’impugnazione nei gradi successivi del procedimento, il profilo dell’attualità della pericolosità sociale risulta adeguatamente motivato alla luce del percorso criminale del proposto, attualizzato dai fatti più recenti, la cui distanza temporale rispetto al momento della decisione è minima e tale da non inficiare il giudizio prognostico negativo espresso dai giudici di merito, in ragione della ricaduta nel reato con rapido inserimento nel traffico illecito e recupero di rapporti.

Perché rivolgersi ad un avvocato esperto in materia di libertà vigilata? 

Nel caso di sottoposizione alla misura di sicurezza della libertà vigilata è possibile proporre impugnazione oppure la revoca al fine di rilevare eventuali vizi di valutazione soprattutto laddove il giudice erra nella valutazione dell’attualità e persistenza del pericolosità sociale.

Per tale ragione è meglio affidarsi ad un avvocato competente per tali tipi di misure limitative della libertà personale.

Se sei stato sottoposto alla libertà vigilata e vuoi impugnare il provvedimento o vuoi chiedere la revoca, puoi chiedere assistenza legale ad Avvocato Penalista H24 che vanta nel suo team un esperto avvocato libertà vigilata.

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