Convenzione di Strasburgo 1983 e Trasferimento delle Persone Detenute

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Convenzione di Strasburgo 1983 e Trasferimento delle Persone Detenute

La Convenzione del Consiglio d’Europa, firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983 – c.d. Convenzione di Strasburgo – alla quale hanno aderito 65 Stati, di cui 46 appartenenti al Consiglio d’Europa, tra cui l’Italia nel 1988, e 19 esterni, rappresenta il principale strumento per attuare il trasferimento delle persone condannate e consente ai cittadini di uno Stato, condannati e detenuti in un carcere di un altro Stato, di essere trasferiti nel proprio Paese d’origine per continuare l’espiazione della pena.

È questa, dunque, la procedura che ha permesso a Chico Forti di poter rientrare in Italia e scontare la parte di pena residua che era Lui stata irrogata negli Stati Uniti e – precisamente – a Miami in Florida.

QUALI SONO GLI OBIETTIVI DELLA CONVENZIONE?

I principali obiettivi della Convenzione di Strasburgo sono lo sviluppo della cooperazione internazionale in materia penale e il reinserimento sociale delle persone condannate nel proprio Paese d’origine.

Col termine trasferimento delle persone condannate, oggetto della disciplina dettata dalla Convenzione di Strasburgo, si intende la procedura in base alla quale un condannato che sta già scontando la pena in un paese viene trasferito in un altro paese, generalmente quello d’origine, per ivi proseguire e terminare l’esecuzione della pena.

Tale procedura di trasferimento ha, prevalentemente, una finalità di carattere umanitario, mirando a favorire il reinserimento sociale delle persone condannate avvicinandole al loro paese d’origine, in modo tale da superare tutte quelle difficoltà che, su un piano umano, sociale e culturale, oltreché per l’assenza di contatti con i familiari, possono derivare dall’esecuzione della pena in un paese straniero.

La Convenzione di Strasburgo è ispirata al principio di “umanizzazione” – art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea – applicabile soprattutto al momento dell’ esecuzione della pena, da cui discende il rafforzamento della tutela accordata al valore della persona, di cui vanno tutelati in ogni caso i diritti inviolabili anche nella particolarissima condizione carceraria.

In tal senso, il principio di umanità trova concreta applicazione attraverso il divieto di profili afflittivi particolarmente intensi o degradanti della disciplina esecutiva delle differenti tipologie sanzionatorie e, allo stesso tempo, mette in evidenza anche la finalità rieducativa e di risocializzazione della pena, di tal che la pena assume primariamente una connotazione di “recupero sociale”, finalizzata al reinserimento nella società del colpevole.

Orbene, tale principio di umanizzazione della pena verrebbe compromesso nell’ipotesi di detenuti che espiano la loro pena al di fuori del proprio Stato di origine: si consideri i disagi a cui sono esposti nell’istituto di pena a causa della mancata conoscenza della lingua o della diversità di religione, di cultura e mentalità, usi e costumi che li portano irrimediabilmente all’isolamento.

Gli effetti dell’isolamento vengono aggravati soprattutto dalla lontananza dalla patria e dalla difficoltà di avere colloqui con i propri familiari, ricevendo visite sporadiche, o addirittura inesistenti, dai familiari.

Tutto ciò comporta, sul lungo termine, necessariamente l’impossibilità di un reinserimento sociale e nel Paese in cui viene espiata la pena e nel Paese di origine.

QUAL E’ LA PROCEDURA PREVISTA DALLA CONVENZIONE DI STRASBURGO ?

Ai sensi dell’art. 2 della Convenzione di Strasburgo, la persona condannata con sentenza definitiva, può manifestare, presso lo Stato di condanna, o presso lo Stato di esecuzione, il desiderio di essere trasferita nel Paese d’origine per scontare la pena inflittale.

Il trasferimento, quindi, può essere richiesto sia dallo Stato di condanna, quello in cui è stata pronunciata la sentenza di condanna, che dallo Stato di esecuzione, ossia lo Stato in cui la persona condannata intende scontare la pena.

Per instaurare la suddetta procedura è necessario inviare la relativa istanza al

  • Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia – Direzione generale della giustizia penale – Ufficio II – Cooperazione internazionale Via Arenula, 70 – 00186 ROMA.

L’istanza può essere presentata direttamente dal detenuto con il deposito nell’ufficio matricola del carcere oppure tramite difensore.

Una volta verificata l’ammissibilità della richiesta, dovrà instaurarsi la fase giurisdizionale, prevista dall’art. 743 c.p.p., dinnanzi alla Corte d’Appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza di condanna, che delibera con sentenza, ricorribile per cassazione da parte del procuratore generale e dell’interessato.

Inoltre, la persona condannata deve essere informata per iscritto di ogni azione intrapresa dallo Stato di condanna o dallo Stato di esecuzione, così come di ogni decisione presa da uno dei due Stati in merito ad una richiesta di trasferimento.

Sarebbe previsto, poi, anche l’obbligo di informare ogni persona condannata alla quale può essere applicata la presente Convenzione da parte dello Stato di condanna del contenuto della presente Convenzione.

QUALI SONO LE CONDIZIONI PER L’AMMISSIBILITÀ DELLA RICHIESTA DI TRASFERIMENTO DEL CONDANNATO?

Ai sensi dell’art. 3 della Convenzione di Strasburgo una persona condannata può essere trasferita se ricorrono le seguenti condizioni:

  • la persona condannata è cittadino dello Stato di esecuzione;
  • la sentenza è definitiva;
  • la durata della pena che la persona condannata deve ancora scontare è di almeno sei mesi alla data di ricevimento della richiesta di trasferimento, o indeterminata;
  • la persona condannata – o, allorquando in considerazione della sua età o delle sue condizioni fisiche o mentali uno dei due Stati lo ritenga necessario, il suo rappresentante legale – acconsente al trasferimento;
  • gli atti o le omissioni per i quali è stata inflitta la condanna costituiscano reato ai sensi della legge dello Stato di esecuzione o costituirebbero reato se fossero commessi sul suo territorio;
  • lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione sono d’accordo sul trasferimento.

Oltre al consenso della persona condannata, è essenziale, quindi, che vi sia anche l’accordo dei due Stati, i quali, tuttavia, sono soggetti a dei precisi obblighi, secondo quanto previsto dall’art. 4 e, cioè:

  • se la persona condannata ha espresso allo Stato di condanna il desiderio di venire trasferita in applicazione della Convenzione di Strasburgo, questo Stato deve informare lo Stato di esecuzione il più presto possibile dopo che la sentenza è divenuta definitiva;
  • se la persona condannata ha espresso allo Stato di esecuzione il desiderio di essere trasferita in applicazione della presente Convenzione, lo Stato di condanna comunica le informazioni necessarie allo Stato di esecuzione, se questo le richiede

COME AVVIENE IL TRASFERIMENTO DEL CONDANNATO?

Nel caso in cui i due Stati siano favorevoli al trasferimento, la persona condannata sarà trasferita nello Stato di esecuzione, le cui autorità potranno dar luogo all’esecuzione della condanna, oppure convertire la condanna, per mezzo di una procedura giudiziaria o amministrativa, in una misura prevista dal suo ordinamento.

A tal fine, prima del trasferimento, lo Stato di esecuzione dovrà indicare allo Stato di condanna quale delle due procedure intende adottare.

In ogni caso, lo Stato di esecuzione non può aggravare la posizione penale della persona trasferita, né convertire la sanzione privativa della libertà personale in una sanzione pecuniaria.

Inoltre, soltanto lo Stato di condanna può procedere alla revisione delle sentenza, mentre è permesso allo Stato di esecuzione concedere la grazia o la commutazione della pena.

PROTOCOLLO ADDIZIONALE ALLA CONVEZIONE DI STRASBURGO DEL 2018

Nel febbraio del 2018, il Ministro della Giustizia Andrea Orlando e il Segretario Generale del Consiglio d’Europa Thorbjørn Jagland hanno firmato a Strasburgo un protocollo che semplifica la Convenzione di Strasburgo e che quindi mira a semplificare le procedure di trasferimento verso i Paesi di origine delle persone condannate a pena detentiva dalle autorità giudiziarie di uno degli Stati Parte.

In particolare, il Protocollo addizionale alla Convenzione di Strasburgo consente di prescindere dal consenso del condannato (di norma richiesto per le procedure di trasferimento regolate dalla Convenzione di Strasburgo del 1983) nei seguenti casi:

  • quando il soggetto abbia fatto rientro nello Stato di cittadinanza prima o dopo la condanna irrogata dalle autorità italiane, a prescindere dal fatto che il rientro abbia comportato l’evasione o la fuga rispetto a una misura detentiva applicata dallo Stato di condanna;
  • quando il soggetto sia oggetto di un provvedimento, anche amministrativo, di espulsione o di riaccompagnato alla frontiera, a prescindere dal fatto che detto provvedimento sia collegato o meno con i reati per i quali è intervenuta la condanna.

Il Protocollo addizionale alla Convenzione di Strasburgo semplifica, inoltre, l’applicazione del principio di specialità in virtù del quale il soggetto, una volta trasferito nel Paese di cittadinanza, non può subire una limitazione della libertà personale per un fatto diverso e anteriore a quello che ha dato luogo al trasferimento, occorrendo un’estensione della decisione di trasferimento, prevedendo, anche, un termine acceleratorio di 90 giorni per l’assunzione della decisione sull’estensione del trasferimento.

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