Stalking Condominiale: interessante sentenza emessa dal Tribunale di Milano

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Stalking Condominiale: interessante sentenza emessa dal Tribunale di Milano

In questo articolo voglio raccontarti una recente decisione emessa dal Tribunale di Milano con riferimento alla fattispecie di Stalking condominiale. 

Sempre più frequenti sono i litigi tra i condomini di uno stabile ma, a livello legale, che cosa si può fare? È possibile ottenere una punizione di coloro i quali si rendono responsabili della figura di stalking condominiale?

La risposta è sì e te lo racconto in questo articolo. Ma ritengo opportuno procedere con ordine. 

La figura di reato

Con decreto legge n. 11 del 2009, poi convertito in legge n. 38 del 2009, il legislatore ha introdotto la figura delittuosa degli atti persecutori, all’articolo 612  bis del Codice Penale.

Mutuando il termine dalla lingua anglosassone, tale figura delittuosa viene meglio conosciuta col nome di stalking e, stando al tenore letterale della disposizione, sanziona 

chiunque con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

Tale disposizione, introdotta per rispondere al dilagante allarme sociale derivante di questo genere di condotte, che, com’è tristemente noto, spesso costituiscono preludio di condotte violente, è stata interessata da diverse revisioni normative, confluite in quello che è stato definito “codice rosso” e che ha avuto delle ricadute operative significative sul piano procedurale e sanzionatorio.

Il nocciolo duro della condotta sanzionata è rimasto, tuttavia, immutato sin dall’introduzione della disposizione in esame.

Il delitto di stalking in particolare, pur identificandosi come reato abituale, dato che richiede la reiterazione delle condotte, rientra nell’alveo dei reati di evento.

Per configurarsi tale fattispecie, infatti, occorre non solo che le condotte minacciose o moleste siano reiterate, ma anche che la conseguenza di tali condotte cagioni un perdurante e grave stato di angoscia nella vittima, oppure timore per la propria incolumità, o per quella di un congiunto, oppure, infine, sia tale da costringere la vittima a modificare le proprie abitudini di vita.

In sintesi, pertanto, si può affermare che debbano ricorrere anche solo una di queste condizioni affinché le condotte minacciose o moleste, reiterate, integrino gli estremi del delitto di atti persecutori.

È aqui il caso di segnalare che la migliore dottrina ha, già dall’indomani dell’entrata in vigore della disposizione incriminatrice, criticato, dal punto di vista della tassatività, la formulazione testuale della stessa.

È realmente difficile, infatti, ipotizzare un fondato timore per la propria – o altrui – incolumità senza che la vittima sia colta da angoscia, così com’è difficile immaginare la modifica delle abitudini di vita della persona offesa, se non in ragione dell’angoscia e del timore che la stessa prova quale conseguenza della reiterazione delle condotte violente e moleste (si veda, a riguardo, Fiandaca, Musco – Diritto Penale, parte speciale II; Cadoppi, Veneziani – Elementi di Diritto Penale, parte speciale; Manna – il nuovo delitto di atti persecutori).

Si può, dunque, affermare, che il delitto di stalking consta di due caratteristiche in difetto delle quali non può configurarsi: reiterazione delle condotte minacciose o moleste, e patimento delle stesse da parte della vittima.

Con riferimento, poi, alle condotte minacciose rientrano, senza dubbio, quelle tipizzate dal legislatore penale all’art. 612 c.p., con gli opportuni adattamenti operati dalla giurisprudenza (è ormai pacifico il riconoscimento anche della cd. minaccia implicita, realizzata mediante condotte non apertamente minacciose); con riferimento, invece, alle condotte moleste non si fa unicamente riferimento alle condotte sanzionate ex art. 660 c.p., giacché la giurisprudenza vi far rientrare, altresì, tutti quei comportamenti che, ancorché animati unicamente dal fine prevaricatorio nei confronti della vittima, in sé unicamente considerati potrebbero anche essere privi di qualsivoglia rilevanza penale.

Si pensi, ad esempio, al soggetto che si apposta sotto casa della vittima: tale condotta, in sé considerata, non è penalmente rilevante. Diventa, tuttavia, molesta e idonea – unitamente agli altri eventi testé elencati – ad integrare il delitto di stalking se tale condotta è reiterata nel tempo e genera patimento in capo alla persona offesa.

Lo stalking condominiale

Gli ambiti di applicazione della figura delittuosa in esame si sono via via ampliati.

Non vi è dubbio che la disposizione di cui all’art. 612bis c.p. sia nata per colmare i vuoti di tutela registrati dalla vecchia disciplina, che ignorava la fattispecie in esame, e non vi è dubbio che il reato di stalking sia sorto per rispondere prevalentemente alle emergenze dilaganti afferenti le violenze perpetrate tra partners o ex partners: non è un caso che le migliori riviste di diritto penale registrino, statisticamente, le denunce per atti persecutori prevalentemente formulate da soggetti che erano legati sentimentalmente (fonte: Foro Italiano – rivista anno 2020).

Tuttavia, la prassi applicativa ha portato a identificare le fattispecie di stalking anche in ambiti che è difficile pensare fossero nell’immaginario del legislatore in un primo momento.

Tra tali ambiti figura quello del condominio come teatro di eventi all’interno del quale possono essere posti in essere quegli atti minacciosi o molesti che, ancorché singolarmente considerati potrebbero non assumere rilevanza penale, ove reiterati e pregiudizievoli delle normali abitudini di vita – o del benessere psicologico – della vittima, integrerebbero la fattispecie di cui all’art. 612bis cod. pen..

Se vuoi ottenere maggiori informazioni sulla figura dello stalking condominiale, ti invito a leggere i link sotto:

Dopo aver descritto in maniera seppur sintetica cosa sono lo stalking e lo stalking condominiale, andiamo a vedere adesso quale è stata la decisione assunta dal Tribunale di Milano in un caso recentemente affrontato.

La sentenza del Tribunale di Milano numero 9221 del 2021

Il giudice monocratico del Tribunale di Milano si è di recente occupato di un controverso caso di stalking condominiale, verificatosi tra due soggetti, abitanti il medesimo condominio.

In particolare, per pochi mesi del 2018 uno dei due, ritenendo che la vittima avesse sottratto del danaro ai condomini – nonché a sé medesimo – poneva in essere reiterate condotte unicamente dirette a vessare quest’ultima.

Tali condotte si concretizzavano, sì, in minacce verbali, anche gravi, percosse e, infine lesioni; ma le condotte moleste si identificavano, inoltre, anche in comportamenti in sé penalmente irrilevanti, quali, ad esempio, l’indirizzo del getto dell’acqua proveniente dalla pompa verso l’abitazione sovrastante della persona offesa, al punto da danneggiargli la zanzariera, il lancio di un uovo verso le finestre della suddetta abitazione, il tutto condito da parole ingiuriose rivolte alla sua persona.

La sentenza in commento offre diversi punti d’interesse che meritano approfondimento.

Da un lato, infatti, tali condotte si realizzavano nel corso di un arco temporale estremamente contenuto (dal marzo all’agosto del 2018), il che potrebbe far vacillare il carattere di abitualità che le condotte di cui all’art. 612bis c. p. devono avere.

Tuttavia, nel caso in esame – rileva il giudice – le condotte, ancorché ascritte in un arco temporale estremamente limitato, erano idonee a far modificare alla persona offesa le proprie abitudini di vita.

L’istruttoria accertava, infatti, che la vittima, a causa delle condotte poste in essere dall’imputato, modificava i propri orari di rientro in casa, utilizzava l’ascensore della scala opposta alla propria, faceva in modo di trascorrere tutti i fine settimana fuori casa, animato, inoltre, da timore e ansia.

La decisione in esame ha senza dubbio il pregio di valorizzare gli eventi descritti nella fattispecie di cui all’art. 612bis c.p. (la modifica delle proprie abitudini di vita, lo stato di ansia e timore) in luogo del carattere abituale della condotta.

In altri termini, secondo il Tribunale di Milano, sono sufficienti anche poche condotte, e nell’ambito di un periodo temporale ristretto, a integrare il delitto contestato, quando tali condotte hanno cagionato uno – o più – degli eventi descritti in fattispecie.

L’assunto del giudice ha il pregio di adattare tale percorso logico – invero avallato e cristallizzato dalla costante giurisprudenza di legittimità, oltretutto citata nel corpo della sentenza in commento – anche alle ipotesi di cd. stalking condominiale.

Con riferimento, poi, alla non necessaria correlazione tra le condotte singolarmente analizzate e la rilevanza penale delle stesse, la pronuncia in esame ha il pregio di sottolineare quanto già si è avuto modo di affermare: le condotte poste in essere possono anche essere prossime all’irrilevanza, risolversi in un mero fastidio, o manifestazione di biasimo (il Pubblico Ministero aveva chiesto l’assoluzione dal reato di stalking ritenendo le singole condotte non incisive e “meramente sgradevoli”), ma nella loro sommatoria, laddove abbiano comportato uno dei tre eventi alternativi descritti nell’art. 612 bis, possono integrare la condotta ivi sanzionata.

Altro spunto significativo offerto dalla pronuncia in questione è il passaggio in cui si fa riferimento alla reciprocità delle condotte, che per nulla rileverebbe in sede scriminante, con riferimento al delitto di stalking.

La pronuncia in esame, infatti, ribadisce che quello di stalking è un reato d’evento: un reato in cui ciò che rileva è la modifica delle abitudini di vita, in alternativa (o in aggiunta) al timore o all’ansia perdurante dalle condotte cagionata.

La reciprocità delle condotte, dunque, non esclude, secondo il Tribunale di Milano (e anche secondo parte della giurisprudenza di legittimità) la sussistenza del delitto de quo.

Tutt’al più, la reciprocità, laddove dimostrata, impone al giudice un onere motivazionale più incisivo.

Tale impostazione appare condivisibile, giacché è evidente, a parere di chi scrive, che la reciprocità delle condotte potrebbe – in astratto – essere elemento idoneo a provare aliunde l’insussistenza dello stato di ansia/timore o di modifica delle abitudini di vita della persona offesa.

Purtuttavia, appare questo – e solo questo – l’unico cono d’ombra sul quale la sentenza non ha fatto luce, essendo, nella parte motiva della decisione, toccato solo en passant l’argomento.

A riguardo vi è da dire, tuttavia, che nel corso dell’istruttoria dibattimentale non vi è stata la prova della reciprocità delle condotte (circostanza meramente allegata dalla difesa dell’imputato), ma – forse – da una sentenza così dettagliata sarebbe stato legittimo attendersi qualcosa in più a riguardo.

La reciprocità delle condotte, in effetti, è l’argomento che, in materia di stalking (anche condominiale, dunque) ha da sempre diviso la giurisprudenza di legittimità, la quale costantemente oscilla tra l’esclusione della fattispecie in esame in presenza di condotte reciproche, e la sua sussistenza.

È appena il caso di ricordare la sentenza della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione n. 9221/2016 che giunse ad affermare che, nel caso in cui una presunta vittima di stalking rispondeva agli sms inviatigli dall’imputato, non si configurava il delitto di cui all’art. 612bis c.p.: 

“laddove il comportamento del soggetto passivo in qualche modo assecondi il comportamento del soggetto agente, viene meno il requisito indispensabile del mutamento radicale delle proprie abitudini di vita e la situazione di ansia che segna in modo irreversibile la vita della vittima”.

A contrario, occorre menzionare, a titolo esemplificativo, la sentenza n. 61/2019 della Corte Suprema di Cassazione – Sezione Quinta, a tenore della quale anche una sola telefonata e pochi sms, che trovano risposta nella vittima, integrano la condotta di cui all’art. 612bis cod. pen..

Il giudice del Tribunale di Milano, così, dopo aver accuratamente segmentato e analizzato tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di stalking perveniva alla pronunzia di condanna in commento.

Conclusioni

La sentenza in commento presenta parecchi pregi.

Come anzidetto, all’indomani dell’entrata in vigore della fattispecie di cui all’art. 612bis cod. pen., la migliore dottrina manifestava il proprio disappunto e la giurisprudenza di legittimità è da sempre poco omogenea, su certi aspetti del reato in esame, trovandosi senza dubbio spaesata innanzi a una disposizione così eterogenea.

Non mancano, a tutt’oggi, voci che denunciano una carenza di tassatività e sufficiente determinatezza della disposizione, principi, questi, posti a indefettibile garanzia del sistema penale italiano.

Se è vero che la storia giudiziaria italiana offre parecchi esempi di supplenza politica da parte della magistratura a fronte di carenze legislative, in presenza di insufficiente determinatezza della disposizione, la sentenza in esame ha l’indubbio pregio di essere rimasta rispettosa dell’intento che ha animato la novella normativa, senza abbandonarsi in una scriteriata attività creativa.

La sentenza, inoltre, valorizza gli eventi alternativamente indicati nella fattispecie di cui all’art. 612bis c.p. che, ove sussistenti, rendono penalmente rilevanti anche le condotte reiterate in tempi ristretti.

Il giudice, in particolare, non è caduto nell’errore prospettico – commesso, invece, dal Pubblico Ministero – consistente nella valutazione asettica e slegata delle condotte vessatorie, valutandole nella loro unitarietà e nella loro idoneità, in concreto ed ex post, di mutare le abitudini di vita della vittima e cagionare nella stessa timore e perdurante ansia.

Sembrano, allora, aprirsi le porte ad una figura finora rimasta estranea, se non in sporadiche pronunce di merito, alla fattispecie in esame, ovverosia quella degli atti persecutori posti in essere a danno di uno dei condomini.

Ed allora,

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