Avvocato infortunio sul lavoro: proscioglimento per nostro assistito

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Avvocato infortunio sul lavoro: proscioglimento per nostro assistito

L’antefatto e la contestazione formulata dalla Pubblica Accusa

Un onesto lavoratore – dipendente della società multinazionale ‘Unilever Spa’ – era stato accusato di aver cagionato delle lesioni gravissime ad una persona durante il corso dell’attività lavorativa da lui prestata e si è dunque rivolto ad un avvocato esperto in casi di infortunio sul lavoro del team di Avvocato Penalista H24.

La persona, divenuta nostra assistita, che svolge la mansione di carrellista, nello specifico, investiva un uomo il quale era intento a scaricare delle pedane di legno dell’autoarticolato da lui condotto all’interno dell’area riservata proprio allo scarico delle merci.

La vittima riportava lesioni gravissime al piede ed al nostro assistito veniva così contestato il reato di lesioni colpose gravissime di cui all’art. 590 comma 3 cod. pen. in quanto – secondo i primi accertamenti – l’incidente sarebbe avvenuto con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Indagini preliminari pervenute al Giudice.

La fattispecie di reato

Il reato di lesioni ricorre quando la condotta del reo causa una malattia nel corpo o nella mente della vittima.

Infatti, l’art. 590 cod. pen., prevede che:

Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309.

Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme [sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle] per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni(1).

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni(2).

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

La pena per il reato, dunque, si atteggia in maniera diversa a seconda che:

  • la malattia causata sia guaribile in 20 giorni o meno, in tal caso si discorre di lesioni lievi; 
  • se la malattia è guaribile in più di 20 giorni ma in meno di 40 si parla di lesioni semplici; 
  • se la malattia è guaribile in più di 40 giorni si parla di lesioni gravi; 
  • le lesioni sono gravissime se comportano una malattia insanabile, come la perdita di un arto.

Inoltre, in questo caso, si additava come “colposa” la condotta del nostro Assistito.

Con tale espressione si intende dire che lo stesso avrebbe posto in essere la condotta non perché con la sua azione volesse intenzionalmente ledere l’integrità fisica del conducente dell’autoarticolato che si trovava in azienda per scaricare la merce dal mezzo da lui condotto, ma che, anzi, ciò non era voluto e avveniva, tuttavia, in conseguenza di un errore dettato da inosservanza di regole specifiche per la mansione cui era predisposto (la guida del carrello per l’appunto).

Ma c’è di più.

Avendo commesso, secondo l’ottica accusatoria, un errore in violazione delle regole di svolgimento del lavoro cui era preposto, il nostro Assistito, di 50 anni di età, rischiava di perdere il posto di lavoro e di non reperirne altro.

In conclusione, il nostro Assistito rischiava fino a 3 anni di carcere e di rimanere senza lavoro.

Le investigazioni difensive di Avvocato infortunio sul lavoro

L’indagato si rivolgeva, dunque, al nostro Studio Legale per dimostrare sin da subito la propria innocenza.

I Professionisti di Avvocato Penalista H24 (il caso è stato seguito dall’Avv. Vincenzo Ezio Esposito | Avvocato esperto in casi di infortunio sul lavoro), analizzata la vicenda e valutati gli elementi a carico del proprio Assistito, si impegnavano specificamente nello studio della questione e della giurisprudenza di legittimità per trovare una soluzione concreta al problema del cliente.

Poiché la Corte di cassazione da tempo riconosce che la colpa dell’operaio indagato può essere esclusa solo se la vittima pone in essere in un’azione del tutto imprevedibile ed avulsa dalle proprie mansioni, i Professionisti dello Studio Legale svolgevano delle vere e proprie investigazioni difensive al fine di ricostruire i fatti e far emergere la verità.

In particolare, occorreva dimostrare che la vittima avesse posto in essere una condotta imprevista e imprevedibile per il nostro Assistito, perché se così fosse stato, non poteva muoversi alcun rimprovero a quest’ultimo e dunque poteva essere scagionato dalle accuse.

Venivano quindi sentiti tutti gli operai presenti al momento del fatto e acquisite le immagini delle videocamere che avevano ripreso i momenti dell’infortunio.

Descrizione del luogo e rispettive informazioni rilevate.

L’Avvocato si recava in azienda presso la ‘Unilever Spa’ sede di Caivano per fare un sopralluogo e dunque reperire informazioni utili da riportare al Giudice al fine di risolvere il problema che affliggeva l’assistito.

Il nostro Studio Professionale accertava, quindi, che l’infortunato effettuava – del tutto inaspettatamente – un attraversamento pedonale alle spalle del nostro Assistito mentre trasportava il carrello, venendosi a trovare in un luogo in cui non sarebbe dovuto essere per i compiti che gli erano stati assegnati. 

Ti spiego perché.

Le argomentazioni difensive

Secondo le regole aziendali, il conducente del camion (in questo caso la nostra vittima), durante le operazioni di scarico, doveva tassativamente restare all’interno della cabina dell’autoarticolato ma, diversamente dal comportamento che avrebbe dovuto osservare, era sceso dal mezzo e si aggirava – per non meglio specificate ragioni – nell’area di scarico che era ben delineata da opportuna segnaletica sull’asfalto così come previsto ed imposto dalla disciplina normativa in materia di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro.

Solo a causa di un comportamento inaspettato ed imprevedibile dell’autista, il nostro assistito, durante una manovra di retromarcia del carrello, urtava quest’ultimo facendolo cadere al suolo.

È chiaro che durante una retromarcia il carrellista non poteva avvedersi della presenza dell’uomo in una zona in cui non era consentita e prevedibile la sua presenza in quanto, come detto, doveva restare all’interno della cabina dell’autoarticolato.   

Venivano dunque depositate alla Segreteria del Pubblico Ministero le risultanze delle investigazioni difensive svolte.

La giurisprudenza di legittimità

Al nostro caso, potevano applicarsi i seguenti principi di diritto.

Secondo quanto previsto dalla Suprema Corte di cassazione, infatti, il soggetto indagato per lesioni colpose è esonerato da responsabilità quando il comportamento del lavoratore sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente ed in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per l’indagato (Sez. 4, n.7188 del 10/1/2018, Rv. 272222).

Quanto riportato vale ad interrompere il nesso di causalità come previsto dall’art. 41.2 cod. pen. in forza del quale, facendosi eccezione proprio al concorrente principio dell’equivalenza delle cause, quella sopravvenuta del tutto eccezionale ed imprevedibile, in alcun modo legata a quelle che l’hanno preceduta, finisce con l’assurgere a causa esclusiva di verificazione dell’evento (cfr., tra le altre, Sez. 4, 04/07/2003, Valduga; nonché, Sez. 4, 12/02/ 2008, Trivisonno).

Il lavoratore, infatti, è il principale “beneficiario” della disciplina antinfortunistica (condensata soprattutto nel d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81), è esso stesso destinatario di regole cautelari volte a prevenire il suo coinvolgimento in un incidente. 

Infatti, l’art. 20 del D. Lgs. 81 del 2008 impone al lavoratore di osservare le regole antinfortunistiche, evenienza questa che nel caso di specie non si è verificata poiché il lavoratore non ha osservato le disposizioni di interesse che gli imponevano di restare in cabina durante le operazioni di scarico delle pedane.

Come anticipato, dunque, è stata proprio la persona offesa infortunata, con il ‘gesto imprudente’, a determinare l’evento ed interrompere il nesso di causalità. 

E questa è stata la tesi dell’Avvocato infortunio sul lavoro che, dopo aver raccolto sul campo informazioni utili per la posizione del proprio assistito, ha depositato un dettagliato dossier alla Pubblico Ministero chiedendo l’archiviazione del caso.

La decisione del Giudice

Dopo il certosini lavoro svolto dalla difesa, il Pubblico Ministero si determinava a formulare richiesta di archiviazione al Giudice, tenuto conto delle risultanze istruttorie fornite dai Professionisti del nostro Studio Legale, rilevando che 

dalle investigazioni svolte dalla Difesa è emerso che l’indagato stava svolgendo il proprio lavoro in modo corretto e mentre procedeva in retromarcia la persona offesa in modo del tutto inatteso e imprudente si posizionava nel cd. angolo morto alle spalle del carrello condotto dall’indagato, violando – egli sì – le regole aziendali che proibiscono categoricamente di posizionarsi nelle zone di manovra dei carrelli elevatori; tanto si ricava dalle conformi dichiarazioni acquisite dalla Difesa e versate in atti”.

Richiesta di archiviazione.

Il GIP, accogliendo la richiesta della Procura, archiviava la posizione del nostro Assistito che, così, evitava una condanna penale e di perdere il posto di lavoro.

Il GIP accoglie la richiesta della Procura.

Perché rivolgersi ad un esperto avvocato per lesioni colpose sul lavoro?

Come avrai potuto comprendere, quella trattata è una materia complessa e delicata che richiede particolari e specifiche competenze professionali che non tutti gli avvocati posseggono.

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