Estradizione Italia Brasile: Cosa prevede il trattato. Avvocato Internazionale

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Estradizione Italia Brasile: Cosa prevede il trattato. Avvocato Internazionale

In questo articolo voglio illustrarti l’accordo siglato tra il nostro paese e quello brasiliano per l’estradizione di soggetti ritenuti colpevoli, o, comunque, indagati, in entrambi gli Stati, nel caso in cui uno di essi chiedesse che la pena venga eseguita, o il processo celebrato, presso il proprio territorio.

Al fine di regolare queste situazioni di fatto, l’Italia ed il Brasile hanno siglato, nel 1989 a Roma, un trattato, poi entrato definitivamente in vigore nel territorio nazionale nel 1991, con pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 108 del 10 maggio del 1991.

Tale accordo ha una certa importanza, sia perché è stato oggetto di vicende internazionali afferenti casi mediatici di grande impatto, come l’estradizione del terrorista italiano Cesare Battisti, proprio attraverso il meccanismo normativo stabilito dal trattato, sia perché è uno degli strumenti maggiormente utilizzati in materia di estradizioni, giacché tale trattato regola in maniera specifica e peculiare, con pochi margini di incertezza, la disciplina.

Inoltre, come vedrai più avanti, anche noi di Avvocato Penalista H24 ci siamo occupati più volte di vicende regolate da questo trattato, garantendo ai nostri assistiti la migliore tutela e risolvendo casi molto complicati, come quello al quale ti rimanderò più avanti.

L’esigenza di un trattato

Come avrai visto visitando il nostro sito, in materia internazionale la gestione dell’esecuzione della pena o, ancor prima, della celebrazione del processo (e, per certi aspetti, a monte, la gestione della fase delle indagini preliminari), è affidata a trattati, ovverosia veri e propri accordi che il nostro Paese ha siglato con altri Paesi.

In ambito europeo, la disciplina è affidata al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e dalla normativa secondaria e di settore che ha disciplinato l’Ordine d’Indagine Europeo, il Mandato di Arresto Europeo etc.

In ambito extracomunitario, per così dire, la disciplina è affidata a singoli trattati, siglati di volta in volta dall’Italia con i singoli paesi.

Il presupposto generale riguardante tutti i trattati di estradizione consiste nel fatto che il cittadino ha diritto di essere giudicato dai propri connazionali e di scontare la pena nel territorio e, per questo, gli viene riconosciuto il diritto di essere sottoposto a giudizio nel suo Stato di appartenenza, laddove esso richieda l’estradizione del giudicando e di scontare nel medesimo Stato la pena, laddove all’esito del giudizio si pervenga ad una affermazione di responsabilità.

Tale disciplina, poi, trova il suo massimo riconoscimento nel testo costituzionale, che demanda, con una vera e propria riserva di legge internazionale, ai trattati la regolazione della materia, ponendone, altresì, anche un limite specifico.

L’art. 23 della Costituzione, infatti, dispone:

L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali. Non può in alcuno caso essere ammessa per reati politici.

Cosa prevede il trattato di Estradizione Italia Brasile

La disposizione di apertura del trattato è una vera e propria assunzione di responsabilità che i due Stati assumono, delimitando, altresì, l’ambito di applicazione dello stesso, ai soli casi in cui l’estradando debba scontare la pena in uno dei due Stati, oppure debba essere processato in uno dei due Paesi che hanno siglato l’accordo.

L’art. 1 del trattato, infatti, dispone che

“Ciascuna Parte si impegna a consegnare all’altra Parte, su domanda, secondo le norme ed alle condizioni stabilite dal presente Trattato, le persone che si trovano sul suo territorio e che sono ricercate dalle autorità giudiziarie dell’altra Parte ai fini dello svolgimento di un procedimento penale in corso nei loro confronti o ai fini dell’esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale.”

Anche se può sembrare, a prima vista, una disposizione generale, quasi scontata, essa da un lato denota certamente lo spirito col quale il trattato è stato siglato da Italia e Brasile, ma, dall’altro, delimita anche l’ambito di operatività dello stesso.

Ad esempio, col trattato, a mente dell’art. 1 che ti ho appena indicato, rimane fuori la possibilità di cooperare in materia di indagini.

Non vi è, quindi, una disposizione analoga alla disciplina di cooperazione investigativa che si registra in ambito europeo, con l’Ordine d’Indagine Europeo.

In questo caso, viene regolata unicamente l’estradizione di un cittadino da un Paese all’altro, per vederlo processato, o affinché sconti la pena presso il territorio del proprio Stato d’appartenenza, laddove le autorità dello stesso lo richiedano.

Quando si applica il trattato di estradizione Italia Brasile?

L’art. 2 del medesimo Trattato indica una numerosa serie di casi in cui l’estradizione viene concessa, escludendo, per converso, le ipotesi in cui ciò non avviene.

In particolare, a mente dell’art. 2 del Trattato, l’estradizione verrà concessa per fatti che secondo la legge di ambedue gli Stati costituiscono delitti, e che questi siano punibili con una pena non inferiore ad un anno di reclusione (o, comunque, di limitazione della libertà personale).

Tale disposizione, che riconosce implicitamente il principio di doppia punibilità, esclude la possibilità che avvenga estradizione laddove si proceda per delitti punibili – anche se in entrambi gli Stati – con pene inferiori ad un anno di reclusione (o, comunque, restrittive della libertà personale) e, pertanto, regola chiaramente l’ipotesi in cui il processo debba ancora celebrarsi.

Infatti, è il secondo comma dell’art. 2 del Trattato che, invece, regola l’ipotesi in cui l’estradizione viene concessa in caso di esecuzione della pena.

In particolare, secondo tale disposizione, l’estradizione può essere concessa laddove la pena da scontare sia superiore a 9 mesi, fosse anche residuo di maggior pena già scontata in altro Paese, o in quello al quale si sta richiedendo l’estradizione.

Se vi sono più delitti, poi, e tali limiti edittali operano unicamente per alcuni di questi, l’estradizione può essere concessa (a prescindere dalla richiesta, quindi, come interpretato dalla Corte di Cassazione) anche per gli altri delitti, anche se, laddove presi a sé stanti, non rientrerebbero nella forbice edittale che potrebbe giustificare l’estradizione, ovverosia, sarebbero puniti con pene inferiori all’anno di reclusione (o di pena comunque limitativa della libertà personale).

Vi sono, poi, dei casi, disciplinati negli articoli successivi, per i quali l’estradizione, invece, non può essere concessa.

In particolare, l’art. 3 del citato trattato estradizione Italia Brasile dispone che l’estradizione non può essere concessa se il Paese destinatario della richiesta ha già inquisito e sottoposto a procedimento penale l’estradando, oppure se questi ha già ricevuto una condanna nel medesimo Paese destinatario della richiesta.

Inoltre, se la pena o il reato si sono prescritti, secondo la legge di uno dei due Stati che hanno siglato l’accordo, nel momento in cui è stata ricevuta la richiesta di estradizione in capo al Paese destinatario, l’estradizione non può essere concessa.

Ancora, se per il reato per il quale si chiede l’estradizione è intervenuta amnistia nel Paese destinatario della richiesta, a questa non può conseguire l’estradizione.

Brasile e Italia hanno poi concordato, in conformità al testo costituzionale che ti ho indicato sopra, che laddove il reato per il quale si chiede l’estradizione ha matrice politica per il Paese destinatario della richiesta, l’estradizione non può essere concessa.

Si escludono, infine, le estradizioni laddove il Paese destinatario della richiesta abbia il sospetto che il trattamento patito dall’estradando sarà inumano o discriminatorio e, infine, per il caso in cui il reato contestato sia di competenza del Tribunale Militare, sia esso in capo al Paese richiedente, sia esso in capo al Paese destinatario della richiesta formulata.

Viene poi esclusa l’estradizione nei casi in cui il reato per il quale si procede venga punito con la pena di morte, salvo la dimostrazione “convincente” da parte dello Stato richiedente che essa non verrà eseguita.

Ed, infine, viene del tutto esclusa l’estradizione nel caso in cui la persona estradanda correrà il rischio di non vedere garantito al meglio il proprio diritto di difesa, oppure vi è il rischio che l’estradando subisca pene o trattamenti che pregiudicano i diritti fondamentali e che sfocino in trattamenti inumani e degradanti.

L’articolo 7 del trattato, poi, disciplina una serie di ipotesi in cui è facoltativo il rifiuto all’estradizione da parte del Paese destinatario di tale richiesta.

Ed infatti, si prevede che l’estradizione possa essere rifiutata se, al momento della domanda da parte dello Stato richiedente, il soggetto estradando sia, o sia comunque diventato, cittadino del Paese destinatario della richiesta.

In tal caso, tuttavia, è previsto che la parte richiedente, alla quale viene opposto il rifiuto, richieda alla parte che ha opposto il rifiuto di perseguire penalmente l’estradando, fornendo elementi utili alle indagini.

È, poi, diritto del Paese richiedente ricevere informazioni in merito alle decisioni assunte dal Paese destinatario della richiesta che ha opposto il rifiuto e che è stato compulsato all’attivazione di un procedimento a carico dell’estradando, utilizzando anche le fonti di prova fornite dal Paese richiedente.

Arresto e Scarcerazione prevista dal trattato estradizionale

L’art. 13 del Trattato di estradizione Italia Brasile individua un’ipotesi di arresto preventivo che può essere formulato dal Paese richiedente, ancor prima che faccia pervenire al Paese destinatario una richiesta di estradizione.

Tale istituto, definito all’interno del Trattato, “arresto provvisorio” impone al Paese destinatario della richiesta di attivare le proprie autorità di pubblica sicurezza per arrestare il soggetto che sarà, in futuro, oggetto di richiesta di estradizione.

Orbene, tale richiesta di arresto provvisorio deve sottostare a una serie di determinati requisiti, individuati sempre all’art. 13: lo Stato che fa richiesta di tale misura deve rappresentare all’altro Paese che è stato emesso provvedimento restrittivo della libertà personale nei confronti del soggetto per il quale si chiederà l’estradizione, oppure una sentenza irrevocabile di condanna, con indicazione del fatto, di quale reato (o quali reati) viene integrato (o vengono integrati), quale pena è stata comminata e quale deve scontare, o quale pena il soggetto deve ancora scontare, e, soprattutto, gli elementi necessari all’identificazione della persona.

Anche in questa ipotesi, sussistono degli specifici obblighi di comunicazione da parte dei due Stati.

In particolare, lo Stato destinatario della richiesta, che materialmente dà esecuzione all’arresto provvisorio, deve comunicare l’avvenuta esecuzione di tale misura.

La scarcerazione del soggetto, invece, avverrà se entro 40 giorni dall’avvenuta comunicazione dell’esecuzione dell’arresto provvisorio, non seguirà la vera e propria richiesta di estradizione e la trasmissione di documenti attestanti il fatto per il quale si procede, la data in cui è stato commesso, il luogo in cui è stato commesso, la qualificazione giuridica dello stesso con i limiti edittali normativamente previsti e gli elementi necessari ad identificare la persona estradanda con specifico riferimento ai tratti distintivi e, quantomeno, ad una foto segnaletica dello stesso.

In tali documenti deve essere, inoltre, individuato il termine prescrizionale della pena.

Orbene, se tutta questa documentazione non viene trasmessa dallo Stato richiedente entro 40 giorni dalla comunicazione dell’avvenuto arresto provvisorio, questo perde efficacia, unitamente a tutte le misure coercitive che dovessero essere state emesse in ragione della procedura.

Tuttavia, questo non preclude la possibilità che venga emesso un altro provvedimento di arresto transitorio, a mente dell’ultimo comma dell’art. 13, né l’eventuale decorrenza dei termini, dalla quale si farà discendere la caducazione degli effetti della misura dell’arresto provvisorio, pregiudicherà la regolarità formale della richiesta di estradizione, né tantomeno l’adozione del medesimo provvedimento in conformità, ferma restando la trasmissione dei documenti sopra indicati (attestanti il fatto per il quale si procede, la data in cui è stato commesso, il luogo in cui è stato commesso, la qualificazione giuridica dello stesso con i limiti edittali che lo caratterizzano, gli elementi necessari ad identificare la persona estradanda con specifico riferimento ai tratti distintivi e, perfino, ad una foto segnaletica dello stesso).

In altri termini, l’intento del legislatore internazionale è evidente. 

La procedura di un arresto preventivo, antecedente persino alla richiesta di estradizione può cadere sul soggetto estradando come un vero e proprio atto d’imperio improvviso e inatteso, e come qualunque atto d’imperio, specie laddove improvviso e inatteso, deve sottostare a una serie di garanzie che non possono essere sottaciute.

E poiché si tratta di garanzie volte a tutelare la persona e a riconoscere ai massimi livelli il suo diritto di difesa, evidentemente esse sottostanno a termini perentori, la cui scadenza non può che comportare la caducazione della misura coercitiva posta.

Ancora una volta, quindi, il Trattato non ha voluto individuare una scappatoia per consentire all’estradando arrestato di sfuggire alla responsabilità, ma ha inteso garantirgli la tutela più elevata, visto che è in ballo la sua libertà personale, la cui limitazione avviene, oltretutto, ad opera di un Paese che non è quello in cui risiede, per fatti che ha commesso in un luogo diverso.

Non è un caso, infatti, che si richieda spesso anche l’intervento dell’Organizzazione Internazionale della Polizia Criminale, al fine di accertarsi, oltre ogni ragionevole dubbio, dell’identità del soggetto arrestato al quale, oltretutto, deve essere consentito conoscere pienamente le accuse che gli vengono mosse, in una lingua a lui comprensibile, e deve essere consentito difendersi immediatamente.

Ed infatti, si prevede, all’art. 8 del Trattato di estradizione tra Italia e Brasile, la presenza di un difensore e l’assicurazione del diritto di difesa secondo le leggi e le modalità dell’ordinamento giuridico del Paese destinatario della richiesta, nonché, eventualmente, la presenza di un interprete.

Caso risolto

In questo video, ti racconto della strategia che ho voluto utilizzare per oppormi all’estradizione di un nostro assistito, per il quale il Brasile ha chiesto l’estradizione.

Ciò in quanto, il nostro assistito veniva accusato di avere commesso, oltre dieci anni fa, un omicidio e veniva raggiunto da richiesta di estradizione.

Orbene, una delle linee difensive che intendo seguire consiste nella dimostrazione, alla Corte d’Appello, che attualmente il trattamento carcerario riservato ai detenuti brasiliani è assai degradante, atteso che le carceri sono sovraffollate e che il Brasile è uno dei paesi che ha fatto più fatica a fronteggiare l’emergenza epidemiologica derivante dalla diffusione del virus Covid-19.

In sostanza, mi sono appellato proprio a quel principio che l’art. 5 lett. b) del trattato individua quale causa ostativa alla concessione dell’estradizione: 

l’estradizione non sarà altresì concessa […] b) se vi è fondato motivo di ritenere che la persona richiesta verrà sottoposta a pene o trattamenti che comunque configurano violazione dei diritti fondamentali”.

Ti racconto di questo delicatissimo caso qui.

Ci siamo occupati di un caso analogo, riguardante ancora una volta un soggetto la cui richiesta di estradizione proveniva dal Brasile, accusato anch’egli di omicidio pluriaggravato e per questo raggiunto da provvedimento di arresto provvisorio, che ti ho illustrato poco sopra.

L’arresto veniva eseguito a rigor di legge, e la trasmissione dei documenti che ti ho indicato sopra, avveniva nei termini, così scongiurando il pericolo di caducazione della misura.

Tuttavia, atteso che l’arresto provvisorio è finalizzato solo e solamente a fronteggiare il pericolo di fuga, e considerato che il nostro assistito aveva stabilito la propria residenza e il proprio centro di affari, ed affettivo, sul territorio italiano, veniva concessa la misura degli arresti domiciliari, in attesa dell’estradizione.

Se vuoi approfondire il caso che abbiamo risolto in tema di estradizione Italia Brasile te ne parlo qui.

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