Indebito utilizzo di Criptovalute. Bitcoin, Ethereum. Cosa si rischia?

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Indebito utilizzo di Criptovalute. Bitcoin, Ethereum. Cosa si rischia?

Ormai il mondo delle criptovalute è in fortissima espansione: esse vengono sempre di più acquistate e scambiate ma, spesso, utilizzate per commettere reati. È appunto il caso dell’indebito utilizzo di cripto (quali ad esempio ethereum e bitcoin), comportamento delittuoso introdotto con il decreto legislativo 184 del 2021.

Abbiamo già parlato sul nostro sito dei casi in cui le forze dell’ordine hanno disposto il sequestro di criptovalute poiché utilizzate per commettere reati come ad esempio il riciclaggio oppure l’autoriciclaggio.

Qui invece vorrei parlarti della condotta di indebito utilizzo di cripto come ad esempio bitcoin oppure ethereum prevista e sanzionata dall’art. 493ter del codice penale dopo l’intervento del legislatore nel 2021. 

Cosa prevede l’articolo 493ter cod. pen. con riferimento alle criptovalute?

Il codice penale, all’art. 493ter, dopo la modifica intervenuta con il decreto legislativo n. 184 del 2021, sanziona il reato di ‘indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti’.

L’articolo 493ter cod. pen. prevede che:

<<Chiunque  al  fine  di  trarne  profitto  per  se’  o  per   altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo  che  abiliti  al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ((o comunque ogni altro strumento  di  pagamento  diverso dai contanti)) e’ punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi,  al fine di trarne profitto per se’ o per altri, falsifica o altera ((gli strumenti o i documenti di cui al primo periodo)),  ovvero  possiede, cede o acquisisce  ((tali  strumenti))  o  documenti  di  provenienza illecita  o  comunque  falsificati  o  alterati,  nonche’  ordini  di pagamento prodotti con essi. 

 In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al primo comma e’ ordinata la confisca delle cose  che servirono o furono destinate  a  commettere  il  reato,  nonche’  del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non e’  possibile,  la  confisca  di  beni, somme di denaro e altre utilita’ di cui il reo ha  la  disponibilita’ per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto. 

 Gli strumenti sequestrati ai fini della confisca di cui al  secondo comma, nel  corso  delle  operazioni  di  polizia  giudiziaria,  sono affidati dall’autorità giudiziaria agli organi  di  polizia  che  ne facciano richiesta.

Nella locuzione ‘ogni altro strumento di pagamento diverso dai contanti’ certamente possono essere incluse le criptovalute, cosa che prima dell’intervento legislativo non era affatto scontata.

L’art. 1 lett. q) del predetto decreto legislativo, inoltre, introduce per la prima volta la definizione di valuta virtuale a cui adesso occorre fare riferimento in ambito penalistico.

Secondo quanto previsto dal predetto articolo, per ‘valuta virtuale’ deve intendersi 

<<una rappresentazione di valore digitale che non e’ emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non e’ legata necessariamente a una valuta legalmente istituita e non possiede lo status giuridico di valuta o denaro, ma e’ accettata da persone fisiche o giuridiche come mezzo di scambio, e che puo’ essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente>>.

Tale definizione, certamente ricalca quella precedentemente fornita dall’art. 1, comma 2, lett. qq) del D. Lgs. 231/2007 ma che solo estensivamente veniva utilizzata in ambito penalistico.

Quali sono le condotte punite dall’art. 493ter cod. pen.?

L’articolo di legge menzionato punisce coloro che – senza avere il consenso del titolare – indebitamente utilizzano strumenti di pagamento altrui per ottenere un profitto o comunque una qualche utilità.

Prima dell’intervento del decreto legislativo n. 184 del 2021, era punito solamente chi utilizzava carte di credito o di pagamento in generale: adesso, proprio grazie alla riforma apportata dal menzionato decreto legislativo, viene punito anche chi indebitamente utilizza cripto altrui senza il consenso del titolare.

L’indebito utilizzo di cripto, ad esempio, si verifica quando una persona, accedendo ad un wallet di un’altra persona, utilizza le cripto di quest’ultima per acquistare beni e servizi a proprio vantaggio contro la sua volontà.

Come detto, se prima ad essere punita era solo la condotta di chi utilizzava carte di credito o di pagamento, adesso, ed essere punito è anche il comportamento di chi fraudolentemente utilizza cripto quali ad esempio bitcoin, ethereum etc.

Quali sono le pene previste per l’indebito utilizzo di cripto?

Come riportato nel paragrafo precedente, il comportamento delittuoso sanzionato dall’art. 493ter cod. pen., ovverosia l’indebito utilizzo di cripto, è punito con la reclusione

  • da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro.

Inoltre, in caso di condanna, la legge prevede pure la 

  • confisca delle cose  che servirono o furono destinate  a  commettere  il  reato,  nonche’  del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è  possibile,  la  confisca  di  beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha  la  disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.

Quindi, oltre a subire la condanna, si perderanno tutti i profitti che eventualmente sono stati guadagnati attraverso la condotta delittuosa di indebito utilizzo di cripto bitcoin ed ethereum.

Cosa prevede l’art. 493quater cod. pen.?

Il decreto legislativo n. 184 del 2021 ha previsto inoltre l’introduzione nel codice penale dell’articolo 493quater che sanziona la 

Detenzione  e  diffusione  di  apparecchiature,  dispositivi   o programmi  informatici  diretti  a   commettere   reati   riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti.

Attraverso tale disposizione normativa viene punito con la reclusione sino a due anni e la multa sino a 1.000 euro chi: 

<<al fine di farne uso o di consentirne ad altri l’uso  nella  commissione di reati riguardanti strumenti di  pagamento  diversi  dai  contanti, produce, importa, esporta, vende, trasporta,  distribuisce,  mette  a disposizione  o  in  qualsiasi  modo  procura  a  se’   o   a   altri apparecchiature,  dispositivi  o  programmi  informatici   che,   per caratteristiche  tecnico-costruttive   o   di   progettazione,   sono costruiti  principalmente  per  commettere   tali   reati,   o   sono specificamente  adattati  al  medesimo  scopo>>.

Pertanto, attraverso tale figura delittuosa, il legislatore ha inteso punire qualsiasi comportamento relativo alla produzione, vendita etc. di strumenti finalizzati a commettere il reato di indebito utilizzo di cripto bitcoin ethereum.

Il riferimento non può che essere a quei software o hardware in grado di derubare ed utilizzare cripto altrui al fine di conseguirne una utilità contro la volontà del legittimo proprietario.

La norma, inoltre, prevede sempre che sia disposta – in caso di condanna – la confisca degli strumenti utilizzati per commettere il reato.

La modifica apportata all’art. 640ter cod. pen.: la frode fiscale in cripto

Il decreto legislativo 184 del 2021 ha anche apportato delle modifiche all’art. 640ter cod. pen. ovverosia il reato di frode informativa.

Secondo quanto previsto dall’articolo di legge citato, si incorre nel delitto di frode informatica quando si altera  

<<in  qualsiasi  modo  il  funzionamento  di  un sistema informatico o telematico o  intervenendo  senza  diritto  con qualsiasi modalita’ su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a  se’ o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno>>.

In tali casi è prevista la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da 51 a 1032 euro.

La modifica apportata dal decreto legislativo n. 184 del 2021 ha interessato il comma secondo dell’art. 640ter cod. pen. che prevede un aumento di pena (della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 600 a 3.000 euro) se la frode informatica ‘produce un trasferimento di denaro, di valore monetario o <<di valuta virtuale>>’.

Dunque, se la frode fiscale attiene alle criptovalute, il reato deve considerarsi aggravato e comporta l’inasprimento delle sanzioni.

Sul tema appare utile ricordare che il delitto di frode informatica di cui all’art. 640-ter cod. pen. ha la medesima struttura ed i medesimi elementi costitutivi della truffa, dalla quale si differenzia solamente perché l’attività fraudolenta dell’agente investe non la persona, di cui difetta l’induzione in errore, bensì il sistema informatico di pertinenza di quest’ultima attraverso la sua manipolazione, onde, come la truffa, si consuma nel momento e nel luogo in cui l’agente consegue l’ingiusto profitto con correlativo danno patrimoniale altrui. 

Occorre dunque prestare molta attenzione a queste modifiche apportate dal legislatore in quanto i comportamenti delittuosi associati alle criptovalute sono ormai severamente puniti.

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