Ordine di Demolizione: come evitare l’abbattimento?

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Ordine di Demolizione: come evitare l’abbattimento?

Cos’è un ordine di demolizione? Come evitare l’abbattimento del fabbricato? In questo articolo ti spiego di cosa si tratta e come impugnarlo.

Evitare l’abbattimento di un fabbricato raggiunto da un ordine di demolizione è difficile, ma possibile!

La Corte di cassazione, come vedrai andando avanti nell’articolo, è molto rigorosa sull’argomento.

Per tale ragione è importante rivolgersi, in questi casi, ad un esperto avvocato per abuso edilizio.

Ma procediamo con ordine.

Cosa è l’Ordine di demolizione?

Il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. n. 380/2001) disciplina la assai complessa materia degli strumenti urbanistici e dell’attività edilizia.

Si tratta di una materia di matrice squisitamente amministrativistica, all’interno della quale non sempre è facile orientarsi, se non con l’aiuto di un esperto avvocato che si occupi proprio della materia urbanistica.

Ed infatti, tra le disposizioni del Testo Unico, e tra i rinvii alle normative regionali e comunali, può risultare complesso ricostruire il sistema normativo.

Per quanto qui interessa, i risvolti penalistici della materia sono significativi, e con delle ricadute pratiche che possono risultare molto gravose.

L’art. 44 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia introduce una fattispecie di reato:

Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica:

a) l’ammenda fino a 10.329 euro per l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;

b) l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 5.164 a 51.645 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l’ordine di sospensione;

c) l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 15.493 a 51.645 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell’articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.

La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari.”

Art. 44 DPR 380 del 2001

Come hai potuto vedere, realizzare una costruzione abusiva (o per inosservanza di norme e modalità di costruzione, o in difformità o in assenza del permesso di costruire) costituisce reato.

Le conseguenze più dannose di tali condotte, tuttavia, non consistono appena nella sentenza di condanna.

Ed infatti, l’art. 31 del Testo Unico, al comma 9, dispone che: 

Per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita.

In conclusione: realizzare un’opera abusiva non solo comporta una condanna penale, ma, altresì, la sanzione accessoria della demolizione dell’opera stessa.

Il tutto, a spese del condannato!

L’ordine di demolizione, allora, non è altro che una sanzione amministrativa accessoria alla sanzione penale principale (l’arresto o l’ammenda), e la sua funzione è quella di ripristinare lo status paesaggistico esistente in epoca precedente alla realizzazione del manufatto abusivo.

Va però detto che nella prassi tale funzione è ampiamente sconfessata.

Ed infatti, malgrado il Testo Unico preveda che a fronte dell’inerzia del condannato provveda il Comune o, nell’inerzia di quest’ultimo, il Prefetto dell’ufficio Territoriale del Governo, sono frequenti i casi in cui le opere abusive, pur essendo riconosciute tali, non vengano rimosse per lungo tempo.

L’ordine di demolizione si trasmette agli eredi?

La risposta è SÌ !

L’ordine di demolizione, avendo carattere reale, si trasmette agli eredi del responsabile e ai suoi aventi causa che subentrino nella disponibilità del bene ed è comunque efficace nei confronti di chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento (Sez. 3, n. 45848 del 01/10/2019, Rv. 277266 – 01; Sez. 3, n. 35309 del 10/05/2016, Rv. 267645 – 01; Sez. 3, n. 42699 del 07/07/2015, Rv. 265193 – 01; Sez. 3, n. 16035 del 26/02/2014, Rv. 259802 – 01; Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, Rv. 245403 – 01; si vedano, altresì, Consiglio di Stato, Sez. 4, n.2266 del 12/04/2011; Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 6554 del 24/12/2008), sicché è irrilevante che l’erede non sia stato lui il condannato.

Posso evitare che l’immobile venga abbattuto?

Come avrai capito, in via di principio, se una sentenza definitiva accerta l’illegittimità di un fabbricato, ne dispone l’abbattimento, che dovrà avvenire, prima o poi.

Tuttavia, anche dopo diverso tempo dalla pronuncia definitiva del Giudice, l’interessato può esperire un rimedio fondamentale che incide sul giudicato: l’incidente d’esecuzione.

A norma del codice di procedura penale, l’incidente d’esecuzione è quello strumento che può incidere sull’esecuzione della pena, fosse anche accessoria, come nel caso di specie, in qualunque momento, finché la pena non è definitivamente espiata.

Da ciò discende che l’ordine di demolizione pronunciato dal Giudice penale può, fintanto che il fabbricato non è stato abbattuto, essere rivisitato in sede di esecuzione, attraverso questo strumento.

Ti anticipo, però, che evitare la demolizione del fabbricato è un risultato raggiungibile attraverso un percorso tortuoso volto a dimostrare la sussistenza di specifici requisiti.

L’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) dispone che:

 “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o  della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.

In ambito nazionale, l’art. 32 della Costituzione dispone che: 

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Entrambe le disposizioni, quindi, regolano il sempre difficile rapporto tra Stato e cittadino.

L’art. 8 della CEDU può giustificare l’incidente d’esecuzione volto a evitare  la demolizione del manufatto già ritenuto abusivo?

L’art. 32 della Costituzione, nell’individuare la salute quale bene primario del singolo e della collettività, può introdurre un argine all’abbattimento dell’abitazione di un soggetto indigente che vi dimora?

Queste domande sono più che legittime, perché le due disposizioni appena citate sono la chiave che apre le porte all’incidente di esecuzione e, quindi, ad evitare la demolizione dell’immobile disposto con l’ordine di demolizione

A quali condizioni, poi, è possibile opporre all’ordine di demolizione il diritto alla salute e alla proprietà privata?

La sentenza della Corte di cassazione n. 45971 del 2021 

A queste domande ha la pretesa di rispondere la Corte di cassazione con la sentenza in commento.

Anticipiamo subito che, se è vero che la Corte stabilisce che è possibile, mediante lo strumento dell’incidente d’esecuzione, opporsi all’ordine di abbattimento, provando i gravi pregiudizi che deriverebbero alla salute del privato cittadino nel caso in cui venisse privato della sua unica abitazione, sotto altro aspetto si mostra, coerentemente con l’orientamento fino ad oggi  seguito, particolarmente rigorosa nel vaglio di tali elementi.

Nella sentenza in commento, la Corte di cassazione fa riferimento al cd. principio di proporzionalità, alla base, anche dell’art. 8 CEDU.

Tale principio pone limiti reciproci all’interesse dello Stato e alla tutela della privata dimora del cittadino, da intendersi non come entità a sé stanti, ma quali alvei applicativi suscettibili di ampliamento o restringimento, in ragione della rilevanza dell’interesse pubblico innanzi a quello privato, e viceversa.

Quanto afferma la Corte, oltretutto, è in apparente coerenza con quanto affermato dalle sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Facendo leva su tale principio, la Corte di cassazione giunge alla conclusione che, malgrado sia – si ribadisce – astrattamente possibile ricorrere allo strumento dell’incidente d’esecuzione al fine di evitare l’abbattimento dell’edificio ove si dimora, allegando i pregiudizi alla salute che da tale abbattimento deriverebbero, dall’altra parte, però occorre che la prova del pregiudizio sia quanto più completa ed esaustiva possibile.

In altri termini, affinché sia consentita, secondo gli Ermellini, la contrazione dell’interesse pubblico, per dar spazio a quello privato, occorre che quest’ultimo sia compiutamente dimostrato.

A tal fine, secondo la Corte di Cassazione, giocano diversi indici:

  1. il tempo trascorso tra l’ordine di demolizione e la proposizione dell’incidente d’esecuzione: secondo la Corte di Cassazione tanto più è il tempo trascorso da tali eventi, quanto più sarebbe stato agevole per il privato cittadino rinvenire un altro domicilio idoneo, facendo ricorso anche all’edilizia popolare (il caso sottoposto all’attenzione della Corte vedeva il proponente incidente d’esecuzione ben dieci anni dopo la conclusione del giudizio di merito);
  2. le concrete situazioni di salute: secondo la Corte di Cassazione non è sufficiente allegare le mere dichiarazioni dei Servizi Socio Assistenziali che attestano la precarietà della salute del proponente, ma occorre che sia concretamente dimostrato che senza l’abitazione ne trarrebbe un pregiudizio grave e irreparabile in termini sanitari, indicando, se del caso, le patologie che lo affliggono;
  3. le concrete situazioni reddituali: non è sufficiente, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, la mera allegazione delle fonti di reddito del soggetto istante, ma occorre che egli dimostri come effettivamente procura i propri mezzi di sostentamento.

È evidente, allora, che la Corte impone che il ricorrente non si limiti ad indicare in via generica le ragioni che potrebbero giustificare una “contrazione dell’interesse pubblico per far luogo a quello privato”.

Hai ricevuto un ordine di demolizione, ma ritieni che l’abbattimento avrebbe delle ripercussioni gravissime sulla tua salute?

Come hai visto, la Giurisprudenza della Corte di cassazione, e quella della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo impongono un onere probatorio particolarmente gravoso in capo al ricorrente.

Ciò può trovare una sua giustificazione, forse, in materie quali la salute, l’istruzione, la difesa, la giustizia, l’economia.

In altri termini, tutti quei casi in cui, effettivamente, la contrazione dello spazio privato si rende necessaria per garantire al pubblico di agire, affinché la comunità ne benefici.

In materia urbanistica, questo discorso potrebbe anche valere, se non fosse per il fatto che, spesso, i manufatti abusivi vengono abbattuti quando ormai fanno parte integrante di quello che, nel tempo (cioè tra la sentenza di accertamento di abusivismo, al momento di effettiva demolizione), può anche essere divenuto un vero e proprio agglomerato urbano.

Non sono rare le ipotesi in cui fabbricati un tempo abusivi perché costruiti in un terreno non edificabile, diventano parte di un agglomerato edilizio, pur rimanendo abusivi e destinatari di un ordine di demolizione.

E allora, il rigore della giurisprudenza di legittimità trova certamente una sua giustificazione, ma solo se e in quanto non rimane disancorato dalle specifiche dei casi concreti.

Perché altrettanto rigore andrebbe utilizzato allora – e proprio in omaggio al principio di proporzionalità decantato dagli Ermellini e dai Giudici della Corte EDU – anche con riferimento alla necessità di demolire un fabbricato che, nel tempo, è entrato a far parte di un agglomerato urbano dapprima non esistente.

In altri termini, un conto è procedere alla demolizione di un manufatto insistente su un sito archeologico, altro conto è – ed è di gran lunga l’ipotesi più frequente – procedere alla demolizione di un edificio che al momento della sentenza insisteva su un campo di grano e al momento della demolizione insiste di fronte ad un centro commerciale, e accanto ad altre decine di edifici.

Nell’attesa che sul punto i Giudici di legittimità si riapproprino della realtà empirica, occorre prendere atto del – giustificato, ove considerato a sé stante – rigore col quale si ritiene ammissibile l’istanza volta ad evitare l’abbattimento di un immobile abusivo, adibito a privata abitazione.

Per questo, occorre certamente affidarsi ad un esperto avvocato per abuso edilizio che si occupi di ordine di demolizione.

Perché rivolgersi ad un esperto avvocato per ordine di demolizione?

Come avrai potuto comprendere, quella trattata è una materia complessa, che richiede particolari e specifiche competenze professionali che non tutti gli avvocati posseggono.

È sempre consigliabile, dunque, affidarsi ad un Avvocato competente in casi di ordine di demolizione, che conosca bene la materia giuridica trattata di modo che, sin da subito, vi sia la massima garanzia del diritto di difesa, disponendo la strategia difensiva più opportuna al caso specifico.

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