Se sei stato condannato in via definitiva a una pena inferiore ai quattro anni, e raggiunto da un ordine d’esecuzione sospeso, o se stai scontando la tua pena in carcere ed hai un residuo di pena pari o inferiore a quattro anni puoi richiedere una misura alternativa alla detenzione. L’affidamento in prova ai servizi sociali è una delle misure alternative alla detenzione che puoi richiedere in questi casi.
Se vuoi sapere di cosa si tratta, vai avanti nella lettura dell’articolo, ma prima lascia che ti dica che si tratta di una materia assai delicata.
Vedrai che per accedere a questo beneficio occorre rispettare dei canoni specifici e redigere correttamente l’istanza, soprattutto per agevolare il Tribunale di Sorveglianza nella decisione, riducendo sensibilmente i tempi di attesa.
Per questo, ti consiglio sempre di farti assistere da un team di esperti in materia di esecuzione delle pene detentive.
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L’affidamento in prova ai servizi sociali
L’affidamento in prova ai servizi sociali è la misura alternativa alla detenzione più ampia tra quelle individuate dal legislatore.
Infatti, essa può essere concessa nei confronti di detenuti che devono scontare una pena di quattro anni, che può costituire anche residuo di maggior pena.
In altri termini, tale istituto può essere concesso anche a chi si trova, al momento della presentazione dell’istanza, detenuto, il che rende particolarmente favorevole l’istituto, laddove si consideri che in caso di concessione, questo comporterebbe l’immediata scarcerazione del condannato.
Il legislatore ha attribuito grande rilievo a tale misura alternativa alla detenzione, basti pensare che, inizialmente, essa poteva essere concessa in favore di detenuti con un residuo di pena di anni quattro – o meno – mentre poteva essere concessa al condannato libero, solo ove lo stesso avesse riportato condanna ad anni tre di reclusione – o meno -.
In altri termini, nel disegno originario del legislatore, il detenuto poteva accedere alla misura più agevolmente del libero e ciò in quanto proprio nel soggetto detenuto si manifestava ancora più forte l’esigenza di rieducazione e di risocializzazione.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 41/2018, a seguito dell’innalzamento dei termini di sospensione dell’ordine d’esecuzione, ha stabilito che anche per i soggetti liberi la misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali possa essere concessa a soggetti che devono espiare una pena pari o inferiore ad anni quattro.
Come si svolge l’affidamento in prova
L’art. 47 della legge sull’Ordinamento Penitenziario prevede che l’istituto può essere concesso previa verifica del comportamento del reo da parte dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) se in stato di libertà, oppure previa verifica della condotta all’interno dell’istituto penitenziario.
In particolare, l’affidamento in prova può essere richiesto da chi ha serbato nell’anno precedente a quello di richiesta un comportamento tale da consentire un giudizio positivo sull’esito della prova, come disposto dall’art. 47 comma 3bis Ordinamento Penitenziario.
Tale osservazione, se il richiedente è detenuto deve essere effettuata dal personale della struttura carceraria, che trasmetterà la relazione di sintesi al Tribunale di Sorveglianza.
Se il richiedente, invece, è libero, sarà lui, per mezzo del suo difensore, a dover allegare fatti indicativi di una condotta positiva, tale da far ritenere che l’istituto sia compatibile con la sua finalità di reinserimento sociale.
La richiesta, inoltre, può essere effettuata anche dal detenuto che, tossicodipendente o alcooldipendente in cura, debba scontare una pena di anni 6 o anni 4 in caso di commissione di reati di cui all’art. 4bis l. 354/1975, cioè i cosiddetti reati ostativi.
Infine, l’affidamento in prova può essere richiesto oltre i limiti di pena previsti dal soggetto affetto da AIDS o grave deficienza immunitaria, che, in ragione dei motivi di salute, non potrebbe espiare la pena in carcere (art. 47quater Ordinamento Penitenziario).
Il programma è eterogeneo e individualizzato sulla base delle esigenze e delle necessità che si presentano per ogni singolo condannato.
Consiste sempre, comunque, in una serie di prescrizioni impartite al reo.
A questo fine viene elaborato, unitamente ai servizi sociali, un programma di trattamento individuale, che individua le attività che il condannato dovrà svolgere, gli obblighi e gli impegni cui deve attenersi e i controlli cui sarà sottoposto.
All’atto dell’affidamento è redatto un verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali e al lavoro.
Può essere disposto che il condannato non soggiorni in uno o più Comuni, o soggiorni in un Comune determinato; in particolare, sono stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati: è tipico, infatti, che si vieti al condannato di frequentare pregiudicati.
Vengono redatte prescrizioni riguardanti i rapporti con il servizio sociale competente per territorio.
Qualora il programma riguardi un soggetto affetto da AIDS o grave deficienza immunitaria, questo deve contenere anche le prescrizioni relative alle modalità di esecuzione del programma terapeutico.
Per queste brevi ragioni, non può passare inosservato il fatto che certamente l’istituto in parola tende specificamente al reinserimento del condannato nel tessuto sociale. Attraverso le prescrizioni individualizzate, il ricorso al lavoro quale strumento di risocializzazione, la vigilanza sui movimenti del condannato si consente di garantire la finalità special preventiva della pena, contemperandola con quella di garanzia della sicurezza sociale, ponendo alla base, sempre e comunque, l’interesse del detenuto e la sua rieducazione.
Chi controlla l’affidamento in prova
Avrai capito, quindi, che uno dei punti più delicati che caratterizzano l’istituto in parola consiste proprio nel controllo del processo rieducativo cui viene sottoposto il condannato a seguito della concessione della misura alternativa.
Tale compito è stato demandato, da un lato ai Servizi Sociali competenti per territorio.
Essi, infatti, ricoprono un ruolo fondamentale già nella fase germinale del procedimento, soprattutto con riferimento ai soggetti condannati in stato di libertà.
Ed infatti, proprio con riferimento a costoro i Centri Sociali hanno il difficile compito di segnare i confini di quel trattamento individualizzato cui deve essere sottoposto l’interessato.
Più in generale, il Centro di Servizio Sociale svolge un’inchiesta per fornire al Tribunale di Sorveglianza o all’Istituto di pena elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato con particolare riferimento all’ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse personali, familiari, relazionali ed ambientali su cui fondare un’ipotesi di intervento e di inserimento ed esercitano dei veri e propri poteri di vigilanza, nel corso di esecuzione della misura, in merito non già (non solo) all’adempimento delle prescrizioni impartite ma, soprattutto, in merito alla conformità delle stesse alle esigenze del condannato, personali e sociali.
Altro compito fondamentale, che pertiene non tanto alle esigenze di recupero sociale del condannato (garantite dall’operato dei Centri Social), quanto all’assolvimento di esigenze di Pubblica Sicurezza è demandato alla Polizia Giudiziaria, la quale invece vigila solo sul rispetto delle prescrizioni imposte dal Tribunale di Sorveglianza in sede di concessione della misura.
Presupposti per l’accoglimento dell’affidamento in prova.
Come ti ho già detto, per accedere alla misura alternativa in parola occorre che la pena espianda non sia superiore a 4 anni e che vi sia una prognosi favorevole in merito alla buona riuscita del programma di reinserimento sociale predisposto per il condannato, attraverso le prescrizioni imposte.
Per chi è detenuto tale compito è assolto dalla relazione “di sintesi” che preveda che la misura alternativa, anche attraverso le prescrizioni, contribuisca alla rieducazione del condannato e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
Tale documento, come detto, viene redatto dal personale carcerario e dai Servizi Sociali che ivi lavorano.
Per chi non è detenuto, occorre dimostrare di avere tenuto un comportamento tale, dopo la condanna, da consentire lo stesso giudizio di cui sopra, anche senza procedere all’osservazione in istituto di pena.
È chiaro, quindi, che – specie nel caso in cui il soggetto non è detenuto e, quindi, non sia sottoposto a un controllo costante, l’istanza contenga quanti più elementi positivi che consentano una rapida valutazione, da parte del Tribunale, in merito alla prognosi fausta della prova.
Quando la richiesta dell’affidamento in prova ai servizi non può essere accolta
Va da sé, quindi, che in difetto di tali requisiti, la richiesta non può trovare accoglimento.
Ti ho già accennato al fatto che in caso di commissione di reati di cui all’art. 4bis dell’Ordinamento Penitenziario (i cosiddetti reati ostativi) non è consentito accedere al beneficio di cui stiamo parlando.
Nella prassi, tuttavia, è frequente vedersi rigettare la richiesta poiché in presenza di:
- inidoneità del domicilio,
- assenza di attività lavorativa,
- mancanza di risarcimento dei danni nei confronti delle persone offese dal reato.
È chiaro, cioè, che se una mancanza vi è, deve essere compensata con altri elementi positivi (ad esempio, manca una stabile attività lavorativa, ma è stata interamente risarcita la parte lesa del procedimento penale).
Va da sé, poi, che il rigetto dell’istanza non preclude la possibilità di richiedere altre misure alternative alla detenzione (la semilibertà o la detenzione domiciliare, sussistendone i requisiti).
Tempi di risposta per ottenere l’affidamento in prova ai servizi sociali.
È normale che se sei stato raggiunto da un ordine d’esecuzione sospeso, il timore di entrare nel circuito carcerario generi ansie e ti faccia porre la domanda, prima o poi, “quando deciderà il Tribunale in merito alla mia richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali?”.
Non preoccuparti: Avvocato Penalista H24 è qui anche per alleviare queste ansie, ma ti dico subito che una risposta a questa domanda non c’è.
Chiaramente, laddove l’istanza venga formulata in favore di un soggetto detenuto, e in presenza di determinati presupposti (tra i quali l’assenza del pericolo di fuga e la prognosi in merito alla desistenza dalla commissione di altri reati), il Magistrato di Sorveglianza può concedere la misura anche in via provvisoria, senza fissare l’udienza.
Ma, anche in assenza di tale presupposto, è normale che le istanze presentate in favore di detenuti abbiano la precedenza.
Una risposta, tuttavia, non c’è: il Tribunale non ha dei termini perentori entro i quali decidere, ma solo termini “indicativi”.
Quello che è sicuro è che quanto più l’istanza sarà completa da documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti, tanto più la decisione del Tribunale sarà agevole e, in ultima istanza, più rapida.
Anche per questo ti suggerisco di rivolgerti sempre a un avvocato esperto in materia di diritti dei detenuti.
Come presentare la richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali?
Se sei libero e sei stato raggiunto da un ordine d’esecuzione sospeso, la richiesta va presentata al Pubblico Ministero, che cura l’esecuzione delle pene.
Sarà, poi, la Procura a trasmettere gli atti al Tribunale di Sorveglianza per decidere in merito alla richiesta.
Il discorso cambia se la richiesta è formulata in favore di un soggetto detenuto.
In questo caso, l’istanza va presentata al Magistrato di Sorveglianza, il quale trasmetterà gli atti al Tribunale.
Al Magistrato di Sorveglianza, come ti ho già detto, puoi anche chiedere che venga concessa la misura in via provvisoria, in attesa di un vaglio definitivo da parte del Tribunale di Sorveglianza.
Affinché ciò avvenga, tuttavia, occorre che, unitamente ai requisiti sussistenti per la concessione della misura, siano presenti anche elementi idonei a scongiurare pericoli di fuga da parte del condannato e pericolo di reiterazione di altre condotte criminose.
Il Magistrato di Sorveglianza potrebbe, a quel punto, concedere la misura in via provvisoria, senza sentire il condannato, né la Procura e trasmettere poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza per la decisione definitiva, ma la scarcerazione sarà pressoché immediata o di poco successiva alla presentazione dell’istanza, ove ben redatta.
Novità giurisprudenziali in materia di affidamento in prova ai servizi sociali.
Come ti ho detto, pur in presenza dei requisiti, non è raro rinvenire casi di rigetto dell’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali in caso di inidoneità del domicilio.
Sul punto la Giurisprudenza è chiara e granitica.
“In tema di misure alternative alla detenzione, è legittimo il provvedimento di rigetto della richiesta di un condannato di essere ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale fondato sulla mancanza di una sua stabile residenza, atteso che detta mancanza impedisce al servizio sociale un costante contatto diretto con il condannato, necessario all’espletamento delle indispensabili funzioni di supporto e controllo che l’art. 47, comma 9, l. 26 luglio 1975, n. 354, demanda al servizio medesimo.” (Cass Pen., sez. I, n.27347/2019).
D’altronde, non qualunque comportamento del condannato in corso di affidamento in prova al servizio sociale che violi le prescrizioni imposte comporta la revoca della misura, né, tantomeno, la commissione di un ulteriore reato.
Anche sul punto si è pronunciata la Giurisprudenza:
“La revoca della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale non consegue automaticamente al mero riscontro di violazioni della legge penale o delle prescrizioni dettate dalla disciplina della misura stessa, in quanto spetta al giudice valutare, fornendo adeguata motivazione, se tali violazioni costituiscano, in concreto, un fatto incompatibile con la prosecuzione della prova.” (Cass. Pen., sez. I, n. 13376/2019).
La revoca della misura opera retroattivamente? La Cassazione ha chiarito che anche tale decisione rientra nell’ambito del potere discrezionale del Tribunale di Sorveglianza:
“In sede di revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale, ai fini della determinazione del residuo periodo di pena da espiare, il giudice deve espressamente motivare in ordine alla decorrenza della revoca stessa, prendendo in esame non solo la gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato ad essa luogo, ma anche la condotta complessivamente tenuta dal condannato durante il periodo di prova trascorso e la concreta incidenza delle prescrizioni imposte a suo carico.
Il tribunale di sorveglianza, pertanto, nell’esercizio del suo ampio potere discrezionale, potrà disporre la revoca, con effetto retroattivo (o parzialmente tale), quando il comportamento del condannato riveli, da data antecedente la decisione, l’inesistente adesione al processo rieducativo, purché motivi adeguatamente al riguardo”. (Cass. Pen., sez. I, n. 40843/2019).
Se il reato per il quale si è riportata condanna non è ostativo, ma il Tribunale di Sorveglianza lo ritiene tale, può essere rigettata la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale? La Cassazione, con un’avventurosa sentenza riconosce tale possibilità!
La mancata concessione dei benefici penitenziari, con la condanna all’ergastolo ostativo, si determina anche quando l’aggravante del metodo mafioso per agevolare il clan non è stata formalmente contestata, ma verificata come sussistente dal tribunale di sorveglianza, attraverso l’esame del contenuto della sentenza di condanna. (Cass. Pen., sez. I, n. 41235/2019).
La confessione è necessaria per la concessione del beneficio?
“Ai fini dell’affidamento in prova al servizio sociale, non configura una ragione ostativa la mancata ammissione degli addebiti; occorre, invece, valutare se il condannato abbia accettato la sentenza e la sanzione inflittagli, in quanto ciò che assume rilievo è l’evoluzione della personalità successivamente al fatto nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale.” (Cass. Pen., sez. I, n.10586/2019).
Reati edilizi: il mancato abbattimento del manufatto abusivo osta alla concessione del beneficio?
“Fra le prescrizioni che accompagnano l’affidamento in prova al servizio sociale non può ricomprendersi, nel caso di soggetto condannato per illecito edilizio, la demolizione delle opere da lui abusivamente realizzate, non rientrando una tale prescrizione nel novero di quelle tipizzate dall’art. 47, commi 5, 6 e 7, l. 26 luglio 1975, n. 354. (In motivazione la Corte ha aggiunto che una simile prescrizione non riguarda nè i rapporti dell’affidato con il servizio sociale, nè il genere di vita che dovrà tenere nel corso della misura, ne’ l’astensione da attività illecite, e neppure, per analogia, l’adoperarsi in favore della vittima del reato)”. (Cass. Pen., sez. I, n. 29860/2019).
L’onere motivazionale del Tribunale di sorveglianza: il caso che abbiamo risolto in Corte di cassazione.
Avrai ben capito che la concessione del beneficio, o il suo rigetto, non possono in alcun modo fondarsi sul trascorso del condannato, quanto, piuttosto, sul presupposto che il percorso stabilito in concerto coi Servizi Sociali può garantire, presumibilmente, un adeguamento sociale del soggetto deviante condannato.
Pertanto, la decisione di rigetto del Tribunale di Sorveglianza che si fondi unicamente sul fatto che i precedenti penali gravanti sul condannato siano particolarmente allarmanti è viziata, a conti fatti, da un vero e proprio vizio motivazionale “al limite della motivazione apparente” (ipotesi, questa, in cui la motivazione è del tutto assente e costellata da mere asserzioni di principio).
È esattamente quanto successo con un nostro Assistito che ha visto rigettarsi, innanzi al Tribunale di Sorveglianza, l’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali in ragione dei numerosi precedenti che lo caratterizzavano, benché, invece, solo uno fosse il titolo di reato per il quale doveva scontare la pena, in quel momento, e fosse del tutto avulso da altri procedimenti e da altri precedenti.
In particolare, il nostro Assistito era stato condannato per Bancarotta fraudolenta, ma veniva rigettata l’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali unicamente per il fatto che vantava altri precedenti in materia di reati contro il patrimonio (furto, ricettazione, rapina, ecc…).
Per di più, il nostro Assistito, da ultimo, risiedeva all’estero, e questo aveva impedito una valutazione del suo recente trascorso, per di più, mancavano le relazioni di sintesi in favore del nostro Assistito, redatte quando era, a vario titolo ristretto.
In sostanza, nella laconica motivazione del Tribunale di Sorveglianza, si rilevava il difetto di documentazione.
L’Avv. Bernardo Brancaccio dello studio legale Avvocato Penalista H24 eccepiva il difetto di motivazione dell’ordinanza reiettiva, atteso che non era dimostrata, ma meramente enunciata, l’appartenenza al contesto criminoso del nostro Assistito e che la carenza di documentazione non poteva certamente nuocergli, non gravando su di lui l’onere probatorio, né, tantomeno, di allegazione.
La Corte di Cassazione annullava, sulla base delle doglianze rappresentate dai nostri Professionisti, l’Ordinanza, imponendone un nuovo vaglio da parte del Tribunale, in diversa composizione, a seguito del quale, l’istanza trovava accoglimento.
Perché rivolgersi ad un avvocato esperto in materia di esecuzione penale ed ordinamento penitenziario?
Come avrai potuto comprendere, quella trattata, è una materia complessa, delicata che richiede particolari e specifiche competenze professionali che non tutti gli avvocati posseggono.
È sempre consigliabile, dunque, affidarsi ad un Avvocato esperto in materia di esecuzione penale e ordinamento penitenziario, che conosca bene l’argomento giuridico trattato di modo che, sin da subito, vi sia la massima garanzia del diritto di difesa, disponendo la strategia difensiva più opportuna al caso specifico.
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Abbiamo già trattato diversi casi in materia di esecuzione delle pene come potrai leggere negli articoli che trovi sotto:
- Misure alternative alla detenzione: come richiederle in caso di reato “ostativo”
- Misure alternative alla detenzione: quali sono e come richiederle
- Violazione diritti del detenuto: Quali sono i rimedi ?
- Violazione Art. 3 CEDU. Detenuti. Spazio minimo vitale. Presunzione di trattamento degradante del detenuto
- Incompatibilità con il regime carcerario. Stato di Salute e Detenzione in carcere
- Condizioni carcerarie: quali sono i benefici penitenziari della riforma Cartabia?
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