In questo articolo voglio raccontarti di un caso affrontato e risolto dal nostro studio legale afferente fatti di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale; un noto imprenditore del marchigiano si è rivolto ad il nostro avvocato esperto di bancarotta fraudolenta al fine di risolvere una intricata vicenda che lo ha visto -suo malgrado- protagonista.
Ti racconto passo dopo passo quello che è successo affinché tu possa comprendere che una difesa adeguata nel processo penale può fare tutta la differenza del modo ed evitare, dunque, che tu possa finire in problematiche molto serie (in poche parole, finire in carcere).
Se, dopo aver letto l’articolo, vuoi chiedere una consulenza con avvocato bancarotta fraudolenta, non esitare a scriverci attraverso il form di contatto che trovi in fondo a questa pagina.
Ma procediamo con ordine e partiamo dall’accusa mossa nei confronti del nostro assistito per poi raccontarti tutto quello che è successo.
Indice dei contenuti
Di cosa era accusato il nostro cliente?
L’imputazione elevata nei confronti del nostro assistito ha ad oggetto il reato in concorso di bancarotta distrattiva di disponibilità liquide (euro 859.000,00), macchinari, attrezzature, impianti, per un valore non inferiore ad euro 943.000,00; nonché di bancarotta documentale cd. specifica, in relazione alla società Polvere di Stelle s.r.l., dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Roma del 24 maggio 2013.
Il processo vedeva imputate tre persone: il Mai. quale legale rappresentante dal dicembre 2008 sino al maggio 2013; il Merc. (nostro cliente) e la D. M. quali amministratori di fatto dal maggio 2008 sino al fallimento, nonché precedenti componenti del Consiglio di amministrazione.
Appare utile rappresentare che noi dello studio legale di Avvocato Penalista H24, purtroppo, non abbiamo partecipato al processo di primo grado in quanto siamo stati nominati solo successivamente dal Sig. Merc. e, precisamente, poco tempo prima l’udienza di discussione in grado di appello.
Ti racconto, comunque, come è andato il giudizio di primo grado.
Qual è stata la decisione di primo grado?
Con la sentenza di primo grado gli imputati erano stati condannati, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla circostanza di avere commesso più fatti di bancarotta fraudolenta e alla recidiva per il Merc., esclusa la condotta distrattiva relativa ai crediti, alla pena di anni tre di reclusione, oltre pene accessorie per la durata di cinque anni per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 216 primo comma n.1 e 2, 219 secondo comma n.1 legge fallimentare.
Avverso la sentenza di primo grado è stato proposto appello e, con i relativi motivi, sono stati contestati tutti i capi ed i punti della decisione di condanna emessa in primo grado di giudizio.
Noi dello studio legale Avvocato Penalista H24 abbiamo partecipato solamente alla discussione finale davanti alla Corte di Appello di Roma redigendo dei motivi aggiunti all’atto di appello che era stato preparato dai precedenti difensori.
Quale è stata la decisione di secondo grado?
Con sentenza del 13 luglio 2021, la Corte di appello di Roma in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 10 aprile 2019, nei confronti di M. S., D. M. T. L. e Merc. C. (qeust’ultimo -come detto- nostro cliente), ha rideterminato la pena nei confronti del M. in anni due di reclusione, con giudizio di prevalenza delle già concesse circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante, confermando nel resto.
Il nostro cliente, dunque, aveva subìto una seconda condanna che confermava quella deliberata in primo grado di giudizio: a nostro avviso, una doppia condanna, totalmente ingiusta che non teneva debitamente conto delle risultanze acquisite nel corso del processo.
Dovevamo fare qualcosa per tirare il nostro cliente fuori dai guai!!!
Perché il cliente si è rivolto successivamente ad avvocato per bancarotta fraudolenta?
Il facoltoso imprenditore del marchigiano si è rivolto al nostro studio legale perché ha creduto che avvocati con esperienza potessero ribaltare il destino infausto a cui inesorabilmente si stava avviando.
Sostanzialmente, abbiamo sempre creduto nella sua innocenza sulla base di evidenze emerse nel corso del processo che non lasciavano dubbi: la condanna era ingiusta e lo abbiamo sempre sostenuto sin dal primo incontro con il Sig. Merc., persona di indubbio rispetto, che non meritava una decisione del genere.
L’imprenditore ha creduto in noi, si è fidato di noi e ci ha conferito il mandato difensivo affinché potessimo rappresentarlo nel processo penale che lo vedeva imputato e, dunque, toglierlo dai guai!!!
Ed allora, andiamo adesso a vedere quali sono stati gli sviluppi di questa assurda vicenda che ha visto un brav’uomo malcapitato protagonista di una assurda vicenda di malagiustizia.
Qual è stato il lavoro di avvocato per bancarotta fraudolenta in favore del facoltoso imprenditore marchigiano?
Come già sopra scritto, non abbiamo partecipato al processo di primo grado. In questi casi è sicuramente più difficile prendere l’incarico difensivo e portarlo avanti, ciò, per una semplice ragione: non sei stato tu ad impostare sin dall’inizio la strategia difensiva e non hai potuto prendere parte al processo di primo grado ovvero non hai partecipato alla deposizione dei testimoni.
Ciò è davvero limitante in quanto ti senti quasi con le mani legale e devi, gioco forza, basare la tua strategia difensiva su di un qualcosa iniziato dagli altri senza avere avuto la possibilità di immettere nel processo la tua tesi difensiva.
Ad ogni modo, non ci siamo persi d’animo ed abbiamo raccolto tutto quanto di buono fatto dai colleghi che ci hanno preceduto.
Abbiamo riletto tutti i verbali di udienza, raccolto tutti i documenti necessari, riorganizzato le idee e redatto una lunga e completa nota difensiva con la quale spiegavamo -in maniera tecnica e dettagliata- i motivi per i quali il nostro cliente sarebbe dovuto essere stato assolto dalle accuse infamanti lui mosse.
Ed allora, organizzata la strategia difensiva, abbiamo rimesso tutte le nostre forze nel redigere l’atto di ricorso per cassazione: la nostra unica finalità era quella di far annullare questa sentenza di condanna totalmente ingiusta emessa nei confronti del nostro assistito.
Vi racconto quali sono stati i motivi di ricorso redatti nell’interesse del nostro assistito.
Quali sono stati i motivi di ricorso per cassazione avverso la sentenza di condanna per bancarotta fraudolenta?
I motivi che qui vi riporto sono quelli sinteticamente indicati nella sentenza afferente il caso che qui ci occupa ovvero la numero 2502 del 2023 emessa dalla Vª Sezione della Corte di cassazione.
<<Con il primo motivo, è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualità di amministratore di fatto del ricorrente.
Lamenta la difesa, in primo luogo, la contraddittorietà nella sentenza la quale, dopo avere affermato che a seguito della cessione della società nel 2008 al coimputato M., la stessa aveva cessato di operare, riconosce tuttavia al ricorrente la qualità di amministratore di fatto in quello stesso periodo.
La sentenza impugnata non chiarisce in che cosa sia consistita l’attività gestoria del ricorrente quale amministratore di fatto, anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte, espressamente richiamata, che richiede, per configurare il profilo dell’amministratore di fatto, alcuni specifici indicatori, indici sintomatici della diretta partecipazione alla vita della società che nel caso di specie, non si rinvengono nel provvedimento impugnato.
Sullo specifico punto, le dichiarazioni dei testi P. e C. non sono state in grado di attribuire al ricorrente un’apprezzabile attività gestoria svolta in modo non occasionale, limitandosi il P. ad affermare che i suoi rapporti commerciali con il M. si erano fermati nell’anno 2007. Lo stesso dicasi per la testimonianza del C. e dello stesso curatore fallimentare.
L’ulteriore circostanza affermata in sentenza, secondo la quale la cessione di quote al M. nell’anno 2008 avvenne senza la corresponsione di un corrispettivo, non risponde a verità, come risulta dalla prova documentale rappresentata dall’atto notarile di cessione di quote a seguito del quale il Mi. ebbe a corrispondere una somma di danaro.
Siffatta doglianza è stata oggetto di specifici motivi di appello in relazione ai quali la Corte territoriale non ha fornito alcuna risposta.
Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento materiale della bancarotta fraudolenta distrattiva.
Evidenzia la difesa che la sentenza impugnata erroneamente equipara il forte indebitamento societario realizzatosi nel periodo di amministrazione del ricorrente alla condotta distrattiva, senza specificare quali siano state le condotte fraudolente poste in essere finalizzate al pregiudizio del ceto creditorio.
L’ammontare dei debiti calcolati dal curatore fallimentare è costituito dalla provvista da corrispondere alla principale creditrice Elpitel srl per la erogazione dei servizi satellitari che, seppure erogati, non sono stati più utilizzati dal 2008.
La condotta che emerge può ricondursi ad un inadempimento di natura civilistica nei confronti della Epiltel non ravvisandosi alcuna condotta fraudolenta.
Se, come sostiene la Corte territoriale, il forte indebitamento è avvenuto sino all’anno 2008, sussisteva un preciso onere motivazionale nell’individuazione delle condotte dolose intervenute cinque anni prima del dichiarato fallimento.
Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza della bancarotta fraudolenta documentale. La sentenza impugnata dà atto che l’ultimo bilancio depositato risale al 31 dicembre 2017. Non può dunque essere attribuita al ricorrente l’occultamento delle scritture contabili, gravando sul coimputato Mi., dal 2008 in poi, la tenuta della contabilità e la consegna dei libri e delle scritture contabili al curatore.
Con il quarto motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo.
Contrariamente a quanto ritenuto in sentenza sulla base delle dichiarazioni del curatore, la volontà di arrecare pregiudizio ai creditori è incompatibile con la effettuazione del bonifico da parte della coimputata D. M. in favore della Polvere di Stelle al fine di ripianare le perdite in data 21 maggio 2008.
Apodittica e illogica risulta altresì la motivazione della sentenza impugnata che ritiene che se anche il bonifico fosse stato effettuato, lo stesso proveniva da una società della D. M., “La Marchigiana”, ed era stato dunque effettuato al solo scopo di svuotare le casse di siffatta società.
Siffatta argomentazione risulta eccentrica rispetto al caso in esame dal momento che il comportamento potrebbe essere perseguito penalmente in un processo di bancarotta della Marchigiana, ma non è rilevante nel caso di specie.
Al contrario, dalla relazione fallimentare emerge la dichiarazione dell’Avv. F. il quale ha riferito che la liquidità non rinvenuta sul conto corrente della società era stata utilizzata per ripianare i debiti. In realtà i due precedenti amministratori (De M. – Merc.), avvedutisi della situazione debitoria nel dicembre 2017, hanno effettuato un cospicuo bonifico per ripianare i debiti, condotta incompatibile con l’elemento soggettivo richiesto sia in relazione alla bancarotta distrattiva che in relazione alla bancarotta documentale.
Con il quinto motivo si denunziano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza della circostanza aggravante contestata. Evidenzia il ricorrente la insussistenza della aggravante dei più fatti di bancarotta, atteso che la condotta distrattiva dei crediti è già stata esclusa dai giudice di primo grado, la condotta distrattiva dei macchinari e degli arredi non sussiste in quanto i beni materiali sono stati rinvenuti; l’occultamento delle scritture contabili può essere al più attribuito al M., quale ultimo legale rappresentante della società.
Con il sesto motivo si denunziano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza della cd. “bancarotta riparata”.
La sentenza impugnata, a fronte della specifica doglianza contenuta nell’atto di appello, ha escluso la sussistenza della ipotesi della bancarotta riparata valorizzando l’assenza di traccia contabile del bonifico.
Inoltre, l’argomentazione ulteriore in base alla quale anche la somma versata con il bonifico per il ripianamento delle perdite sarebbe stata anch’essa distratta, non rileva nei confronti del Mer. potendosi ritenere che la distrazione eventuale sia stata opera del Mi..
Con il settimo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’esclusione della circostanza attenuante della particolare tenuità del fatto.
La Corte territoriale, nell’escludere la concessione della invocata attenuante, ha valorizzato la riduzione dei fondi disponibili per il riparto dei creditori per il notevole importo di 900.000,00 euro, senza tuttavia tenere conto del bonifico riparativo e dell’incontestato ammortamento dei beni strumentali, motivando dunque sul punto in modo manifestamente illogico e contraddittorio.
Con l’ottavo motivo si denunziano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla riqualificazione della contestazione.
La Corte territoriale avrebbe dovuto ravvisare la sussistenza in capo al ricorrente al più di una condotta colposa, con la conseguente riqualificazione della fattispecie contestata in bancarotta semplice, dal momento che gli imputati si sono adoperati per ridurre il debito e con riferimento alla gestione Mer. -D.M. la tenuta delle scritture può considerarsi irregolare, ma non fraudolentemente occultata in danno ai creditori.
Con il nono e decimo motivo si denunziano violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata esclusione della contestata recidiva e alla concessione delle circostanze attenuanti con giudizio di equivalenza e non di prevalenza.
Dalla lettura dei precedenti del casellario giudiziale emerge che alcuni precedenti penali sono da considerarsi estinti o depenalizzati o successivi ai fatti oggetto di contestazione. Inoltre, la sentenza impugnata non chiarisce per quale motivo i fatti in esame siano espressione di una maggiore pericolosità sociale del ricorrente.
Siffatta carenza motivazionale risulta rilevante anche ai fini del giudizio di comparazione effettuato con le concesse circostanze attenuanti in termini di equivalenza e non di prevalenza.
Sullo specifico punto la Corte ha omesso di valutare i numerosi elementi che la difesa aveva evidenziato relativi alla effettuazione del bonifico per ripianare i debiti, al comportamento processuale del ricorrente, all’obsolescenza dei beni.
Con l’undicesimo motivo si denunziano violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata riduzione delle pene accessorie.
La sentenza impugnata, pur irrogando la pena principale in misura pari al minimo edittale, ha poi contraddittoriamente negato la riduzione delle pene accessorie (fissate in anni 5) in una misura pari a quella principale affermando la opportunità di prorogare un forzato allontanamento di tutti gli imputati dal medesimo contesto operativo.>>.
Questi, dunque, sono stati i motivi che abbiamo deciso di sottoporre alla cognizione della Corte di cassazione con la speranza -debitamente fondata- di ottenere una decisione di annullamento della condanna emessa in primo grado di giudizio e confermata dalla Corte di Appello.
Come è andata? Te lo spiego subito.
Qual è stata la decisione della Suprema Corte di cassazione?
Sulla base delle nostre argomentazioni, condividendole in pieno, la Corte di cassazione, ha annullato la decisione di condanna emessa -ingiustamente- nei confronti del nostro assistito.
Ti riporto qui sotto i motivi della decisione che ha annullato con rinvio la condanna del nostro cliente.
<<Il primo motivo (comune agli atti dei difensori avv. Brancaccio e avv. P.) e il terzo motivo del ricorso dell’avv. P. risultano fondati in relazione alla qualifica di amministratore di fatto del ricorrente e alla attribuibilità allo stesso del reato di bancarotta documentale.
La Corte territoriale, dopo avere chiarito le ragioni per le quali il coimputato M. aveva rivestito dall’anno 2008 solo formalmente la carica di amministratore unico della società, essendo invece una mera “testa di legno”, non ha fornito una motivazione esaustiva in relazione alle ragioni per le quali il Mer. possa considerarsi amministratore di fatto.
La motivazione (pag.4) argomenta unicamente nel senso che “[..] l’attività di D. M. e Mer. è pertanto consistita nell’osservazione a distanza di Polvere di Stelle, in realtà inattiva, e nella verifica che il complice realmente sottraesse effettivamente le scritture contabili alla curatela dopo la dichiarazione di fallimento[..].”
Sul punto la sentenza non ha correttamente tenuto in conto i principi affermati da questa Corte in relazione all’amministratore di fatto: in tema di bancarotta fraudolenta, la qualifica di amministratore di fatto di una società richiede l’individuazione di prove significative e concludenti dello svolgimento delle funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività imprenditoriale (Sez.5, n. 4865 del 25/11/2021, dep.2022, Rv. 282775). Il reato di bancarotta documentale rimane, comunque, reato proprio dell’amministratore di diritto, il quale non può, in ragione della qualifica ricoperta in un periodo precedente, rispondere anche della tenuta della contabilità in quello successivo alla dismissione della carica, a meno che non venga provato che egli abbia continuato ad ingerirsi di fatto nell’amministrazione della società ovvero, quale extraneus, sia in qualche modo concorso nelle condotte illecite di cui deve rispondere il nuovo amministratore (Sez. 5, Sentenza n. 15988 dell’11/03/2019, non massimata).
Fondate le critiche mosse dal ricorrente alla motivazione della sentenza che non chiarisce quale sia l’effettivo titolo da cui discende la sua responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta documentale.
Pacifica è la mancata consegna dei libri contabili al curatore da parte del Mi. ma, altrettanto pacifica, è la consegna della documentazione contabile al Mi. da parte della D. M. e, dunque, della precedente amministrazione (pag. 5).
In caso di avvicendamento nella gestione di una società, l’amministratore cessato rimane responsabile per l’effettiva e regolare tenuta della contabilità nel periodo in cui ha ricoperto la carica, rispondendo altresì dell’eventuale occultamento della stessa, in tutto o in parte, al momento del passaggio delle consegne al nuovo amministratore, fermo restando l’autonomo obbligo di quest’ultimo di ripristinare i libri e documenti contabili eventualmente mancati e regolarizzare le scritture di cui rilevi l’erroneità, lacunosità o falsità.
Pacifici l’occultamento della contabilità e l’integrazione dell’elemento materiale del reato, la Corte territoriale ha sostanzialmente ritenuto irrilevante il formale avvicendamento nella carica gestoria (ancorché accompagnata dalla cessione delle quote sociali), in quanto di per sé ritenuto insufficiente ad elidere ogni responsabilità dell’amministratore per eventi eventualmente riconducibili al periodo successivo a tale avvicendamento.
La Corte d’appello, dunque, avrebbe dovuto chiarire se e in quali termini il Mer. avesse continuato a svolgere di fatto funzioni gestorie ovvero se avesse concordato con il nuovo amministratore (sul quale gravava, comunque, l’obbligo della tenuta della contabilità dall’assunzione della carica alla dichiarazione di fallimento) che questi omettesse di tenere la contabilità per il periodo successivo all’assunzione della carica e occultasse la documentazione che gli era stata consegnata.
Se è vero che ai fini della qualifica di amministratore di fatto può rilevare anche un unico atto particolarmente significativo e che tale può essere anche la decisione, cui l’amministratore formale si sottometta, di interrompere l’attività imprenditoriale e sospendere qualsiasi annotazione contabile, tuttavia siffatta circostanza deve essere dimostrata o ricavabile dalle risultanze probatorie, laddove la sentenza impugnata opera un salto logico allorquando afferma che la consegna dei libri contabili al M. “costituiva un passaggio necessario per completare il disegno fraudolento ordito dai predetti”.
Il secondo e il quarto motivo di ricorso contenuto nell’atto a firma dell’avv. Brancaccio risultano egualmente fondati (bancarotta fraudolenta distrattiva e bancarotta cd. riparata).
In materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, questa Corte ha affermato, con orientamento consolidato ed unanimemente seguito, come la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società, dichiarata fallita, sia desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione (ex multis Sez. 5, n. 17228 del 17/01/2020, Costantino, Rv. 279204). L’imposizione di un onere della prova nei termini sopra illustrati a carico dell’amministratore si giustifica a tutela del ceto creditorio, perché è l’imprenditore/amministratore responsabile della gestione dei beni sociali e risponde nei confronti dei creditori della conservazione della garanzia dei loro crediti, con la conseguenza che solo lo stesso può chiarire, proprio in quanto artefice della gestione, quale destinazione effettiva abbiano avuto i beni sociali.
Siffatto onere dimostrativo presuppone, invero, la prova dell’esistenza dei beni non rinvenuti dagli organi della curatela. Sul punto, si è affermato come siffatta esistenza (e consistenza) possa essere desunta, in via indiretta, anche dagli ultimi documenti attendibili, pur risalenti nel tempo, redatti prima di interrompere l’esatto adempimento degli obblighi di tenuta dei libri contabili (Sez. 5, n. 6548 del 10/12/2018 -dep. 2019-, Villa, Rv. 275499).
Nel caso di specie la sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei principi richiamati in quanto non ha fornito esaustiva motivazione sul punto (p.3). In primo luogo, la sentenza ha operato un generico riferimento al forte indebitamento societario che sarebbe avvenuto durante la gestione del ricorrente, senza tuttavia individuare le specifiche condotte distrattive che sarebbero a fondamento della sua responsabilità.
In particolare, la sentenza ha ritenuto che il ricorrente unitamente alla D. M., dopo che la società aveva maturato un forte indebitamento nei confronti della società Elpitel e verso l’Erario, si “sarebbero disfatti” della stessa “cedendola al M.”.
La natura fittizia della cessione è affermata dalla Corte di appello e utilizzata quale argomento per ravvisare sotto il profilo soggettivo la finalità “di non incorrere nelle conseguenze giuridiche dei loro atti.” La sentenza sul punto però ha omesso di motivare in relazione alla prodotta documentazione notarile della cessione di quota e al lungo tempo trascorso tra la cessione e la dichiarazione di fallimento.
Il tema è strettamente legato alle doglianze specifiche comuni ai ricorrenti in relazione alla cd. bancarotta riparata e al bonifico del 21 maggio 2008 per una somma pari ad euro 1.119.103,87 euro effettuato in favore della Polvere di Stelle srl., bonifico del quale è stata fornita prova documentale, il cui ordinante risulta una impresa facente capo alla De M..
La bancarotta cosiddetta “riparata” si configura, determinando l’insussistenza dell’elemento materiale del reato, quando la sottrazione dei beni venga annullata da un’attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento, così annullando il pregiudizio per i creditori, sicché è onere dell’amministratore, che si è reso responsabile di atti di distrazione e sul quale grava una posizione di garanzia rispetto al patrimonio sociale, provare l’esatta corrispondenza tra i versamenti compiuti e gli atti distrattivi precedentemente perpetrati (Sez. 5, Sentenza n. 57759 del 24/11/2017, Rv. 271922). La sentenza impugnata, a fronte della prova documentale della effettuazione del bonifico, rileva che “non vi è traccia contabile” dello stesso.
Considerando la significatività dell’importo del bonifico effettuato in favore della società, la sentenza sul punto non ha fornito motivazione alle specifiche doglianze difensive che hanno sottolineato che il bonifico fu effettuato con la volontà di ripianare le perdite.
Del tutto illogica appare la motivazione allorquando, per superare la rilevanza probatoria del bonifico, evidenzia che il trasferimento del danaro dalla ditta “La Marchigiana” alla società Polvere di Stelle sia avvenuto per distrarre dalla prima società le somme di cui la stessa aveva la disponibilità, circostanza non solo non provata, ma irrilevante ai fini della decisione del caso in esame.
Il quinto motivo contenuto nell’atto a firma dell’avv. Brancaccio, con il quale si denunziano violazione di legge e vizio motivazionale in ordine all’aggravante di cui all’art. 219 co. 2 n. 1 l.f. (avere commesso più fatti di bancarotta), resta assorbito dal momento che, essendo state contestate al ricorrente la bancarotta fraudolenta documentale e la bancarotta fraudolenta distrattiva, la fondatezza dei motivi di ricorso primo secondo terzo e quarto, che investono le imputazioni di bancarotta fraudolenta documentale e distrattiva, implicano l’assorbimento della censura che investe la continuazione fallimentare.
Egualmente a dirsi in relazione al settimo motivo relativo alla mancata concessione dell’attenuante della speciale tenuità del danno, e al decimo motivo di ricorso dell’avv. Brancaccio (corrispondente terzo motivo dell’avv. P.), in relazione al trattamento sanzionatorio e al giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e l’aggravante dei più fatti di bancarotta.
L’ottavo motivo dell’atto sottoscritto dal difensore avv. Brancaccio e il secondo motivo dell’atto sottoscritto dal difensore avv. P., in relazione alla omessa derubricazione dei fatti contestati nell’ipotesi di bancarotta semplice, rimangono assorbiti dai motivi primo e terzo quanto alla bancarotta documentale e alla bancarotta distrattiva.
Il nono motivo contenuto nell’atto sottoscritto dal difensore avv. Brancaccio comune al terzo motivo dell’atto sottoscritto dall’avv. P. risulta fondato quanto alla valutazione della contestata recidiva, dal momento che le censure mosse nell’interesse del ricorrente sono specifiche e la sentenza impugnata non ha fornito un’altrettanto specifica risposta in relazione all’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo e alle analitiche censure relative ai precedenti penali da considerarsi estinti, depenalizzati o intervenuti successivamente ai fatti in esame.
L’undicesimo motivo, sulla durata delle pene accessorie, resta assorbito in quanto l’accoglimento dei dei motivi, afferenti alla bancarotta fraudolenta documentale, la bancarotta distrattiva e la recidiva, influisce su una eventuale e complessiva rideterminazione del trattamento sanzionatorio>> (cfr. Cass. Sez. V n. 2502 del 2023).
Cosa accadrà dopo la decisione di annullamento emessa dalla Suprema Corte di cassazione?
Una volta ottenuto l’annullamento della decisione di condanna si dovrà nuovamente rifare il processo di appello affinché la Corte possa valutare nuovamente il caso alla luce degli elementi di prova che sono stati dedotti dalla difesa e che -fino a questo momento- non sono stati tenuti in debita considerazione.
Il nostro auspicio, chiaramente, è quello di ottenere una sentenza di assoluzione alla luce di elementi che -a nostro avviso- scagionerebbero il nostro cliente dalle accuse lui mosse.
Perché rivolgersi ad un avvocato esperto di bancarotta fraudolenta?
Come avrai potuto comprendere, quella trattata, è una materia complessa, delicata che richiede particolari e specifiche competenze professionali che non tutti gli avvocati posseggono.
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Abbiamo già affrontato e risolto diversi processi con riferimento a questa materia.
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