Espulsione in Italia: cosa fare e come comportarsi?

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Espulsione in Italia: cosa fare e come comportarsi?

Sei un cittadino straniero irregolare in Italia e ti è stato applicato un provvedimento di espulsione? Ha ricevuto la notifica di un decreto di espulsione e non sai cosa fare? Vuoi ricevere assistenza o consulenza legale in relazione ad un provvedimento di espulsione? Un avvocato esperto in casi di espulsione, dello studio legale internazionale Avvocato Penalista H24, in questo articolo ti spiega cosa fare in caso di applicazione di un provvedimento di espulsione e quando il provvedimento di espulsione non può essere applicato.

Quanti tipi di espulsione esistono?

Innanzitutto devi sapere che la Legge Italiana prevede tre diversi tipi di espulsione del cittadino straniero, in relazione ai quali, chiaramente, potranno essere formulati diversi tipo di ricorso.

Esiste infatti:

  1. l’espulsione amministrativa disposta dal Ministero dell’Interno (Art. 13 Dlgs 286/98);
  2. l’espulsione amministrativa disposta dal Prefetto (Art. 13 comma 2 Dlgs 286/98);
  3. l’espulsione a titolo di misura di sicurezza (Art. 15 Dlgs 286/98).

Come ti dicevo, a seconda del tipo di provvedimento applicato nei confronti del cittadino straniero, potranno essere formulati diversi tipi di ricorso.

L’espulsione amministrativa disposta dal Ministero dell’Interno (Art. 13 comma 1 Testo Unico Immigrazione)

Questo tipo di provvedimento di espulsione viene applicato dal Ministero dell’Interno allorquando il cittadino straniero, anche non residente in Italia, costituisce un pericolo per l’ordine Pubblico o la sicurezza dello Stato.

Si tratta, quindi, di un provvedimento che può essere applicato indipendentemente dalla esistenza di un titolo di soggiorno in Italia (e quindi anche nel caso in cui il cittadino straniero sia titolare di un permesso di soggiorno in Italia), dovendosi valutare esclusivamente la pericolosità del soggetto per l’ordine e la sicurezza dello Stato.

In caso di applicazione dell’espulsione amministrativa disposta dal Ministero dell’Interno il cittadino straniero verrà immediatamente accompagnato alla frontiera attraverso le forze dell’ordine, facendogli lasciare immediatamente lo Stato Italiano.

Si tratta di un provvedimento amministrativo che, chiaramente, per avere validità deve essere motivato, potendo essere formulato contro questo provvedimento ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.) del Lazio.

È molto importante sapere che i termini per la proposizione del ricorso sono di 30 giorni dal momento della notifica del provvedimento di espulsione, non potendo, tuttavia, la proposizione del ricorso sospendere l’efficacia del provvedimento di espulsione applicato.

Per la proposizione del ricorso, vista la complessità della materia, è sempre opportuno rivolgersi ad un avvocato per espulsione con specifica competenza nella materia.

Espulsione amministrativa applicata dal Prefetto (Art. 13 comma 2 Testo Unico Immigrazione)

Si tratta di un provvedimento amministrativo di espulsione del cittadino straniero che può essere applicato nelle seguenti circostanze:

  1. Qualora il cittadino straniero entri in Italia in maniera irregolare;
  2. Qualora il cittadino straniero entri in Italia regolarmente, ma non richieda un permesso di soggiorno nel termine di 8 giorni dal suo ingresso in Italia;
  3. Qualora il cittadino straniero non abbia richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno nel termine di 60 giorni dalla scadenza dello stesso;
  4. Qualora il permesso di soggiorno concesso al cittadino straniero sia stato annullato o revocato;
  5. Qualora il cittadino straniero, anche titolare di permesso di soggiorno valido, non sia in grado di dimostrare che i propri redditi in Italia derivano da fonti di reddito lecite ed è sospettato di vivere con soldi derivanti dalla commissione di crimini di tipo associativo (Articolo 13 Legge 646/1982);
  6. Qualora il cittadino straniero, anche titolare di permesso di soggiorno, sia sospettato di appartenere ad associazioni di tipo mafioso;
  7. Qualora nei confronti del cittadino straniero sia stata già applicata l’espulsione e non abbia lasciato l’Italia entro il termine di 15 giorni dalla notifica del foglio di via;
  8. Qualora il cittadino straniero espulso abbia fatto ritorno in Italia prima del termine previsto nel provvedimento di espulsione, senza tuttavia ottenere la “speciale autorizzazione” del Ministero dell’Interno.

Nel caso di applicazione del provvedimento di espulsione da parte del Prefetto, qualora si tratti del primo provvedimento di espulsione applicato nei confronti del cittadino straniero ed abbia un documento di identità valido, sarà notificato nei confronti dello stesso il cd. foglio di via, ovvero un provvedimento amministrativo attraverso il quale il Prefetto ordina al cittadino straniero di lasciare l’Italia entro il termine di 15 giorni dalla notifica.

Nel caso in cui, quindi, il cittadino straniero non lasci il territorio dello Stato entro il termine di 15 giorni, ovvero non abbia un documento di identità valido, potrà essere disposto l’accompagnamento immediato alla frontiera attraverso le Forze dell’ordine.

È importante sapere che, sia contro il foglio di via, che contro il provvedimento di espulsione applicato dal Prefetto, è sempre possibile formulare ricorso.

Nel caso del foglio di via può essere proposto ricorso al Giudice Unico del Tribunale in cui la Polizia ha applicato l’espulsione entro il termine di 5 giorni dalla notifica.

In questo caso il ricorso dovrà essere deciso dal Tribunale entro il termine di 10 giorni, non potendo il cittadino straniero essere espulso prima della decisione del Giudice.

In caso di provvedimento negativo da parte del Tribunale potrà essere formulato ricorso per Cassazione, anche se, in questo caso, la proposizione del ricorso non sospende gli effetti dell’espulsione del cittadino straniero, potendo quindi essere espulso prima della decisione della Corte di Cassazione sul suo ricorso.

Per quanto riguarda il provvedimento di espulsione applicato dal Prefetto, invece, potrà essere formulato ricorso entro il termine di 60 giorni dalla notifica del provvedimento direttamente al Giudice di Pace del luogo in cui è stato applicato il provvedimento di espulsione.

Anche in questo caso, nell’ipotesi in cui la decisione del Giudice di Pace dovesse essere negativa, è prevista la possibilità per il cittadino straniero di formulare ricorso per Cassazione.

L’estrema difficoltà di questi tipi di ricorso, nonché l’importanza degli interessi in gioco, essendo messa a repentaglio la possibilità del cittadino straniero di soggiornare liberamente e regolarmente in Italia, rendono assolutamente opportuna l’assistenza di un avvocato per espulsione, con specifica competenza materia di immigrazione.

Espulsione a titolo di misura di sicurezza (Articolo 15 Testo Unico immigrazione)

Si tratta di un provvedimento di espulsione applicato dall’Autorità Giudiziaria in seguito ad una condanna penale, se il cittadino straniero è considerato dal Giudice socialmente pericoloso.

L’applicazione del provvedimento di espulsione a titolo di misura di sicurezza, chiaramente, deve essere riportata nel contenuto della sentenza di condanna, potendo essere infatti oggetto di appello o di ricorso per Cassazione il capo della sentenza penale con la quale il Giudice ha disposto il provvedimento di espulsione in seguito alla sentenza di condanna.

In questo caso l’espulsione sarà eseguita direttamente dalle Forze dell’ordine dopo che il cittadino straniero ha espiato completamente la pena in Italia.

È molto importante sapere che, in caso di applicazione del provvedimento di espulsione a titolo di misura di sicurezza, durante il corso dell’espiazione della pena in Italia, potrà essere formulata istanza al Magistrato di Sorveglianza al fine di dimostrare l’attenuazione della pericolosità sociale del cittadino straniero.

La proposizione dell’istanza al Magistrato di Sorveglianza, tuttavia, non ha effetti sospensivi sul provvedimento di espulsione, pertanto, qualora il Magistrato di Sorveglianza non dovesse decidere prima della fine pena, il cittadino straniero sarà comunque espulso.

Per questa ragione, chiaramente, è sempre molto importante muoversi in tempo con la proposizione dell’istanza al Magistrato di Sorveglianza, al fine di evitare che il cittadino straniero sia espulso immediatamente dopo aver eseguito la sentenza di condanna in Italia.

Per la proposizione della richiesta al Magistrato di Sorveglianza è sempre opportuna l’assistenza di un avvocato per espulsione che abbia competenza sia nel settore dell’immigrazione, sia in materia di diritto e procedura penale.

Espulsione dello straniero condannato e detenuto in esecuzione pena (Art. 16 Testo Unico Immigrazione)

L’espulsione dello straniero condannato e detenuto in esecuzione di pena, prevista dall’art. 16, comma 5, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, riservata alla competenza del giudice di sorveglianza ed avente natura amministrativa, costituisce un’atipica misura alternativa alla detenzione, finalizzata ad evitare il sovraffollamento carcerario, della quale è obbligatoria l’adozione in presenza delle condizioni fissate dalla legge e fatta salva la ricorrenza di una tra le cause ostative previste dal successivo art. 19 del medesimo plesso normativo (Sez. 1, n. 45601 del 14/12/2010, Turtulli, Rv. 249175).

L’art. 16, comma 5, prevede che tale espulsione possa essere disposta nelle ipotesi previste dal precedente art. 13, comma 2, e, dunque, al cospetto di una delle seguenti condizioni:

  • a) l’ingresso da parte del detenuto straniero nel territorio dello Stato mediante sottrazione ai controlli di frontiera senza essere stato respinto ai sensi dell’art. 10 del decreto;
  • b) il trattenimento nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione di cui all’art. 27, comma 1-bis, o senza avere richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato o rifiutato o è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo, o, ancora, se lo straniero si è trattenuto sul territorio dello Stato in violazione dell’art. 1, comma 3, legge 28 maggio 2007, n. 68;
  • c) l’appartenenza ad una delle categorie indicate negli artt. 1, 4 e 16 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159..

L’istituto ha ricevuto l’avallo della giurisprudenza costituzionale, che ha, tra l’altro, sottolineato (Corte cost., ord. n. 226 del 2004) come, trattandosi di una misura amministrativa, l’espulsione debba essere assistita, in fase di applicazione, «dalle garanzie che accompagnano l’espulsione disciplinata dall’art. 13 d.lgs. n. 286 del 1998», sicché il magistrato di sorveglianza, prima di emettere il decreto di espulsione, può acquisire dagli organi di polizia «qualsiasi tipo di informazione necessaria o utile al fine di accertare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni che legittimano l’espulsione…», così come il questore, nel disporre l’analoga misura di cui all’art. 13 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, può «evidentemente avvalersi di informazioni a tutto campo sullo straniero…». 3. Il regime dell’espulsione amministrativa contempla, come sopra anticipato, una serie di limiti all’adozione della misura, previsti dall’art. 19, commi 1 e 2, d.lgs. 25 luglio 1998, n 286, e pacificamente applicabili anche all’espulsione quale misura alternativa alla detenzione.

Come l’espulsione può essere evitata?

Tra le situazioni che impediscono l’adozione del provvedimento espulsivo è indicato, innanzitutto, al comma 1, il pericolo che lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi, tra l’altro, di sesso o di condizioni personali o sociali.

Al fine della valutazione della sussistenza della menzionata causa ostativa, ha rilevato la giurisprudenza di legittimità, «incombe sull’interessato l’onere di adeguatamente prospettare l’esistenza di uno stato di rischio per la propria incolumità, mentre grava sul giudice il dovere di verificare in concreto, alla luce di tutti gli elementi disponibili, anche di provenienza extragiudiziaria, la fondatezza delle allegazioni difensive riguardo a tale stato di rischio, che non può essere escluso in ragione di un mero sospetto di insussistenza dello stesso» (Sez. 3, n. 33404 del 21/01/2021, A., Rv. 281936).

L’apprezzamento del rischio di persecuzione va compiuto anche attraverso l’analisi delle fonti sovranazionali tese a fornire tutela ai soggetti cui pertiene il riconoscimento non solo dello status di rifugiato, ma anche della c.d. protezione sussidiaria (in questo senso, cfr. Sez. 1, n. 39783 del 21/09/2021, Aguguo Chukwudiegwu, Rv. 282147; Sez. 1, n. 41949 del 04/04/2018, S., Rv. 273973): tanto, a prescindere dalla possibilità, per l’interessato, di agire in via ordinaria per ottenere il riconoscimento dell’uno e\o dell’altra, essendo doverosa la verifica incidentale, alla stregua delle prospettazioni della parte, della ricorrenza dei presupposti di legge (Sez. 1, n. 49242 del 18/05/2017, Lucky, Rv. 271449; Sez. 1, n. 41368 del 14/10/2009, Baddadi Ramzi, Rv. 245064), fatta salva, nondimeno, l’ipotesi che la richiesta di parte, già presentata sulla base delle medesime circostanze rappresentate all’atto dell’opposizione all’espulsione, sia già stata vagliata e disattesa.

In quest’ultima direzione risulta, peraltro, orientata la giurisprudenza civile (Sez. 1, n. 32331 del 11/12/2019, Rv. 656498; Sez. 6, n. 4230 del 20/02/2013, Rv. 625460) per il caso di allegazione della causa ostativa prevista dall’art. 19, comma 1, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, in sede di impugnazione dell’espulsione disposta ai sensi dell’art. 13 del medesimo corpus normativo.

Con specifico riferimento al riconoscimento della protezione internazionale, occorre avere riguardo, quale fondamentale parametro ermeneutico, alle previsioni del d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251, volto a dare attuazione, nel diritto interno, alla direttiva 2004/83/CE — recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta — e, in particolare, all’art. 5 che, alla lett. c), include nel novero dei responsabili della persecuzione del danno grave, rilevanti ai fini della valutazione della domanda di protezione, i soggetti non statuali, a condizione che lo Stato ed i partiti o le organizzazioni, anche internazionale, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi.

Chiamata all’interpretazione del citato testo normativo, la giurisprudenza civile ha costantemente affermato che «In tema di protezione internazionale, il riconoscimento dello status di rifugiato o la protezione sussidiaria non possono essere negati solo perché i responsabili del danno grave per il cittadino straniero siano soggetti privati, qualora nel paese d’origine non vi sia un’autorità statale in grado di fornire a costui adeguata ed effettiva tutela» (Sez. 1, n. 28779 del 16/12/2020, Rv. 660021; Sez. 2, n. 23281 del 23/10/2020, Rv. 659378; Sez. 6, n. 9043 del 01/04/2019, Rv. 653794), sicché costituisce dovere del giudice l’effettuazione di una verifica officiosa sull’attuale situazione di quel Paese e, quindi, sull’eventuale inutilità di una richiesta di protezione alle autorità locali (Sez. 1, n. 13959 del 06/07/2020, Rv. 658385; Sez. 1, n. 26823 del 21/10/2019, Rv. 655628; Sez. 6, n. 16356 del 03/07/2017, Rv. 644807)

Cosa succede in caso di applicazione di un provvedimento di espulsione?

Come ti dicevo prima, in caso di applicazione di un provvedimento di espulsione può essere applicato nei confronti del cittadino straniero un foglio di via, ovvero può essere disposto l’accompagnamento immediato alla frontiera, o anche può essere disposto l’accompagnamento del cittadino straniero in un centro di permanenza temporanea (Art. 14 Testo Unico Immigrazione).

L’accompagnamento del cittadino straniero nei centri di permanenza temporanea, nello specifico, viene disposto nei confronti del cittadino straniero che:

  1. Non ha alcun documento di riconoscimento;
  2. Non può essere accompagnato immediatamente alla frontiera a causa di problemi di salute;
  3. Non può essere accompagnato immediatamente alla frontiera a causa di ragioni organizzative della Polizia Giudiziaria.

È molto importante sapere che, in caso di detenzione del cittadino straniero nei centri di permanenza temporanea lo stesso potrà telefonare liberamente, potendo contattare quindi un avvocato per espulsione.

L’importanza della possibilità di contattare immediatamente un avvocato per espulsione deriva dal fatto che, una volta disposto l’accompagnamento del cittadino straniero nei centri di permanenza temporanea, entro le successive 48 ore dall’arresto la Polizia dovrà trasmettere tutta la documentazione al Giudice Unico presso il Tribunale in cui si trova il centro di detenzione.

Il Giudice, quindi, nelle successive 48 ore dalla ricezione della documentazione, dovrà sentire il cittadino straniero e decidere sulla convalida dell’arresto disposto dalla Polizia Giudiziaria.

Contro il provvedimento del Giudice con il quale viene convalidato l’arresto del cittadino straniero è sempre possibile formulare ricorso per Cassazione.

Devi inoltre sapere che la permanenza presso i centri di permanenza temporanea ha una durata limitata, pertanto, nel caso in cui la Polizia non riesca ad eseguire il provvedimento di espulsione nel termine di 30 giorni, il cittadino straniero dovrà essere rimesso in libertà.

Quanto dura il provvedimento di espulsione?

La principale conseguenza dell’applicazione di un provvedimento di espulsione consiste nel divieto, applicato al cittadino straniero, di fare reingresso nello Stato Italiano per un periodo di tempo che, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 89/2011, va dai tre ai cinque anni.

Per la durata del provvedimento, in questo caso, non dovrà essere preso in considerazione il momento dell’applicazione del provvedimento di espulsione, bensì il momento di effettivo allontanamento del cittadino straniero dal territorio Italiano.

Ci sono delle ipotesi in cui è permesso al cittadino straniero espulso di fare rientro in Italia?

Su questa domanda è importante che tu sappia che, anche nell’ipotesi in cui sia stato applicato un provvedimento di espulsione, il divieto di reingresso potrà essere superato a seguito di una richiesta di ricongiungimento familiare, sulla base della procedura prevista dall’art. 29 del Testo Unico Immigrazione.

Allo stesso tempo il divieto di reingresso in Italia può essere superato anche sulla base dell’instaurazione di un procedimento ai sensi dell’articolo 13 comma 13 del Testo Unico Immigrazione, attraverso il quale è prevista la possibilità, per il cittadino straniero espulso, di richiedere una “speciale autorizzazione” al Ministro dell’Interno per rientrare in Italia, indicando specificamente i motivi sui quali troverebbe fondamento la richiesta.

Per la proposizione della richiesta, vista la particolare complessità della materia, è sempre opportuno essere affiancati da un competente avvocato per espulsione.

Quali sono i casi in cui non può essere disposta l’espulsione?

Sulla base di quanto previsto dall’articolo 19 del Testo Unico Immigrazione, il provvedimento di espulsione non potrà mai essere disposto nei confronti del cittadino straniero che:

  • 1) Può essere perseguitato nel proprio paese per motivi di sesso, razza, lingua, religione, cittadinanza, opinioni politiche, condizioni personali e sociali;
  • 2) Può essere mandato in altro paese nel quale può subire lo stesso tipo di persecuzioni.
  • Allo stesso tempo potrà essere disposta l’espulsione, soltanto attraverso provvedimento diretto del Ministero dell’Interno, nei confronti:
  • 3) dei minori di 18 anni, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi dal territorio Nazionale;
  • 4) nei confronti di chi sia titolare della carta di soggiorno;
  • 5) nei confronti di chi convive stabilmente con parenti entro il quarto grado, ovvero il coniuge di nazionalità Italiana;
  • 6) nel caso di donne in stato di gravidanza ovvero nei sei mesi successivi alla nascita del figlio.

Perché rivolgersi ad un avvocato esperto in casi espulsione?

Come avrai potuto comprendere, la materia dell’espulsione in Italia, al pari della disciplina dell’immigrazione, è particolarmente complessa e delicata, nonché soggetta a continui cambiamenti, ragione questa per la quale, in caso di applicazione di un provvedimento di espulsione, è sempre opportuno rivolgersi sin dal primo momento ad un avvocato con specifica competenza.

Devi capire, infatti, che i tempi molto ristretti che caratterizzano la materia dell’immigrazione, nonché la particolare complessità della materia, rendono assolutamente necessario procedere con un avvocato che abbia già una competenza sul tema dell’immigrazione.

Lo studio legale Avvocato Penalista H24 si occupa da anni della materia dell’immigrazione, aiutando i cittadini stranieri che hanno difficoltà in Italia.

In caso di applicazione di un provvedimento di espulsione in Italia, infatti, è molto importante che l’avvocato possa comunicare immediatamente con il cittadino straniero in una lingua allo stesso conosciuta, ed è proprio per questa ragione che tutti i professionisti dello studio legale internazionale Avvocato Penalista H24 parlano perfettamente la lingua Italiana, Francese, Inglese e Spagnola, così da poter comunicare liberamente con i propri assistiti e consigliare agli stessi la strategia maggiormente opportuna per poter ottenere quanto richiesto ed evitare l’applicazione di un provvedimento di espulsione.

Il metodo di Avvocato Penalista H24

La nostra priorità è porre l’assistito al centro del nostro operato, assumerci le sue preoccupazioni ed i suoi timori. 

Avere dei problemi in materia di espulsione e non riuscire a comprendere come risolverli è sicuramente frustrante e pertanto va affrontato con l’aiuto di un professionista che possa indirizzarti al meglio sin dal primo momento.

Nel corso degli anni abbiamo ben compreso questa circostanza ed è dunque fondamentale sin da subito instaurare un rapporto di fiducia con l’assistito che si sostanzia in:    

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