In questo articolo ti spiego come siamo riusciti ad ottenere l’accoglimento del nostro ricorso, da parte della suprema Corte di Cassazione, per un nostro assistito nei cui confronti veniva contestata la violazione decreto espulsione emesso dal Prefetto, essendosi lo stesso trattenuto sul territorio nazionale in seguito alla notifica dell’ordine di lasciare il territorio Italiano disposto dal Questore.
In questo caso, infatti, il nostro assistito si trovava a dover affrontare un procedimento penale molto complesso per la violazione dell’articolo 14 comma 5 ter D.L.vo 286/98 perché in qualità di straniero, senza giustificato motivo, si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione dell’ordine di lasciare il territorio nazionale entro 7 giorni, impartito dal Questore di Milano.
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Il caso del nostro assistito
- Il nostro assistito, cittadino Senegalese presente da molti anni in Italia in maniera irregolare, veniva sottoposto a procedimento penale innanzi al Giudice di Pace di Como per la violazione dell’articolo 14 comma 5 ter D.L.vo 286/98 in quanto, in assenza di qualsivoglia ragione che giustificasse la sua presenza sul territorio nazionale, si intratteneva in Italia contro l’ordine disposto dal Questore di lasciare l’Italia entro il termine di sette giorni.
- Infatti il medesimo, in seguito al provvedimento del Questore e dell’ordine di espulsione disposto dal Prefetto, aveva deciso di restare in Italia al fine di contrarre matrimonio con una cittadina Europea, sottoponendosi quindi all’evidente rischio di poter patire, per tale tipo di condotta, un procedimento penale.
- Chiaramente, infatti, la volontà di contrarre matrimonio non lo abilitava affatto a permanere in maniera irregolare sul territorio nazionale, prevedendo espressamente l’articolo 14 comma 5 ter del Testo Unico sull’immigrazione la pena della multa da 10.000 a 20.000 euro in caso di violazione decreto espulsione da parte dello straniero che permanga in maniera irregolare sul territorio Italiano.
- In questo caso si tratta di una violazione di tipo penale, la cui decisione deve essere assunta direttamente dal Giudice di Pace.
Questa era la contestazione formalizzata nei confronti del nostro assistito:
Lo stesso, nel procedimento che veniva instaurato innanzi al Giudice di Pace di Como decideva di affidarsi all’avvocato Ismaele Brancaccio dello studio legale internazionale Avvocato Penalista H24.
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Il procedimento innanzi al Giudice di Pace di Como e la sentenza di condanna
Nel corso del procedimento tenutosi innanzi al Giudice di Pace di Como, al fine di garantire la migliore difesa possibile del nostro assistito, depositavano una memoria difensiva con la quale venivano evidenziati alcuni vizi della contestazione formulata dal Pubblico Ministero, avendo il nostro assistito già ottenuto una sentenza di assoluzione, per un fatto del tutto analogo, innanzi ad un diverso Giudice di Pace, in relazione al quale richiedevamo che il Giudice di Pace riconoscesse la violazione del principio del ne bis in idem, ovvero l’impossibilità di giudicare due volte una stessa persona per un medesimo fatto.
Infatti, ai sensi dell’art. 649 c.p.p.: “L’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto [669], neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 comma 2 e 345”.
Con la memoria difensiva, quindi, riuscivamo ad argomentare il fatto che il nostro assistito, per lo stesso fatto inerente la violazione decreto espulsione del Prefetto, avesse già ottenuto una sentenza di assoluzione, essendo quindi una evidente violazione della Legge penale l’instaurazione di un nuovo procedimento per gli stessi fatti per i quali già era stato in precedenza assolto.
Ebbene, nonostante la memoria difensiva depositata in atti, il Giudice di Pace di Como, bypassando completamente le richieste che venivano formulate dalla difesa, decideva di condannare il nostro assistito alla multa di euro 12.000.
Si trattava, nello specifico, di una sentenza completamente ingiusta che, di fatto, procurava un gravissimo danno al nostro assistito il quale, chiaramente, si trovava costretto a dover pagare la multa penale disposta dal Giudice di Pace in evidente violazione dei propri diritti.
La decisione di formulare ricorso per Cassazione contro la sentenza del Giudice di Pace
Ritenendo che fossero stati completamente violati i diritti del nostro assistito, decidevamo quindi di formulare ricorso per cassazione contro la sentenza disposta dal Giudice di Pace e questo anche in considerazione del fatto che il Giudice, nel formulare la sentenza, avesse completamente bypassato le richieste riportate all’interno della memoria difensiva depositata in atti, riportandoci sul punto, nei motivi di ricorso per Cassazione a quell’orientamento giurisprudenziale in ragione del quale “L’omessa valutazione di una memoria difensiva determina la nullità di ordine generale prevista dall’art. 178, comma primo, lett. c], c.p.p., in quanto impedisce all’imputato di intervenire concretamente nel processo ricostruttivo e valutativo effettuato dal giudice in ordine al fatto-reato, comportando la lesione dei diritti di intervento o assistenza difensiva dell’imputato stesso, oltre a configurare una violazione delle regole che presiedono alla motivazione delle decisioni giudiziarie, in relazione al necessario vaglio delibativo delle questioni devolute con l’atto di impugnazione”. (Cass. Sez. VI Sent. n. 13085 del 20 marzo 2014).
Nel caso del nostro assistito, infatti, la memoria difensiva depositata non era stata neppure presa in considerazione del Giudice di Pace, con conseguente (palese) violazione di legge.
Inoltre, con i motivi di ricorso si evidenziava nuovamente il fatto che fosse già stata depositata in atti la sentenza di assoluzione del nostro assistito per un fatto del tutto analogo inerente la violazione decreto espulsione del prefetto e che, pertanto, risultasse del tutto evidente la violazione del principio del ne bis in idem, circostanza questa che, sebbene riportata nella memoria difensiva, non aveva mai trovato alcun tipo di riscontro (neppure per contestare la tesi) nella sentenza del Giudice di Pace di Como.
A fronte di tali motivi di ricorso, quindi, veniva fissata udienza innanzi alla Corte di Cassazione.
La richiesta di accoglimento del ricorso formulata dal Procuratore Generale ed il successivo accoglimento dei motivi di ricorso da parte della Cassazione
L’assoluta validità dei motivi prospettati con il ricorso formulato innanzi alla Suprema Corte di Cassazione ha fatto si che fosse lo stesso Procuratore Generale, in sede di requisitoria scritta, a richiedere l’accoglimento del nostro ricorso.
Queste sono le motivazioni spese per richiederne l’accoglimento:
In seguito alla requisitoria è stata poi la stessa Corte di Cassazione ad annullare la sentenza del Giudice di Pace, impedendo in tal modo che il nostro assistito potesse patire le conseguenze di un provvedimento assolutamente ingiusto.
I messaggi di ringraziamento del nostro assistito dopo avergli comunicato il risultato ottenuto sono stati per noi la più grande soddisfazione professionale cu potessimo ambire.
Perché rivolgersi ad un esperto avvocato in caso di violazione decreto espulsione del Prefetto?
Come avrai potuto comprendere, quella trattata, è una materia particolarmente complessa, delicata, che richiede particolari e specifiche competenze professionali che non tutti gli avvocati posseggono.
È sempre consigliabile, dunque, affidarsi ad un avvocato che abbia specifica competenza nella materia in caso di violazione decreto espulsionein modo che, sin da subito, vi sia la massima garanzia del diritto di difesa, disponendo la strategia difensiva più opportuna al caso specifico.
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