Il nostro assistito, cittadino Rumeno residente in Italia da numerosi anni, veniva tratto in arresto in Italia in quanto nei suoi confronti era stato emesso un mandato di cattura Romania finalizzato ad ottenere la sua consegna a detto Stato per l’esecuzione di una sentenza di condanna per la quale era stato condannato alla pena di anni 2 e giorni 10 di reclusione (dei quali mesi 9 e giorni 10 già li aveva scontati in Romania, restando quindi un residuo di pena pari ad anni 1 e mesi 3 di reclusione) per i reati di lesioni, minaccia, danneggiamento, guida dì veicolo non immatricolato e disturbo dell’ordine pubblico.
Con detto provvedimento, quindi, la Romania richiedeva l’arresto in ambito internazionale nei confronti del nostro assistito disponendo nei suoi confronti finanche la segnalazione nel sistema informativo Schengen SIS II, nonché l’applicazione di una red notice di Interpol al fine di ottenere il suo arresto in ambito internazionale.
Chiaramente, una volta che lo stesso veniva tratto in arresto in Italia, si apriva nei suoi confronti un procedimento di mandato di arresto europeo, incombendo in capo all’Italia il dovere di decidere se disporre o meno la sua consegna alla Romania.
Nell’immagine successiva potrai leggere le richieste sulla base delle quali è stato emesso il mandato di cattura Romania nei confronti del nostro assistito ed i reati che gli venivano contestati.
L’uomo, quindi, assolutamente disperato per la situazione che si era venuta a creare, si rivolgeva ai professionisti dello studio legale internazionale Avvocato Penalista H24 al fine di poter affrontare il procedimento in Italia, chiedendo specificamente di non essere consegnato alla Romania, non avendo più alcun tipo di legame con detto Stato, richiedendo quindi di poter scontare la pena a lui comminata dalla Romania in Italia, luogo questo in cui era ampiamente radicato, avendo in Italia tutta la sua famiglia ed il suo lavoro.
Appariva evidente, quindi, che in caso di consegna per il mandato di cattura Romania l’uomo avrebbe corso il serio rischio di perdere tutto quanto era riuscito a costruirsi in Italia nel corso degli anni, correndo inoltre il gravissimo rischio di dover eseguire la sua condanna in Romania, luogo questo in cui sarebbero stati palesemente violati i suoi diritti fondamentali.
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L’arresto in Italia e l’applicazione della misura cautelare
Così come ti dicevo in precedenza, il nostro assistito veniva tratto in arresto in Italia in quanto era pendente nei suoi confronti un ordine di arresto internazionale per l’esecuzione di una sentenza di condanna in Romania, restando un residuo di pena da dover ancora scontare pari ad anni 1 e mesi 3 di reclusione.
Ebbene, una volta tratto in arresto, si apriva nei suoi confronti un procedimento di mandato di arresto europeo che veniva fissato per competenza innanzi alla Corte di Appello di Roma la quale, nello specifico, applicava nei confronti del nostro assistito la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.
Devi sapere, infatti, che con il procedimento di mandato di arresto europeo, l’unica esigenza cautelare che deve trovare tutela è quella inerente il pericolo di fuga della persona richiesta, incombendo in capo allo Stato il dovere di evitare che la persona tratta in arresto possa allontanarsi dal territorio Italiano, rendendo pertanto vano l’ordine di arresto internazionale emesso dallo Stato richiedente.
Nei confronti del nostro assistito, quindi, così come ti dicevo in precedenza, la Corte di Appello di Roma, una volta disposto l’arresto, procedeva prima alla convalida dello stesso, ritenendo pertanto opportuna l’applicazione nei confronti del nostro assistito della misura cautelare dell’obbligo di firma giornaliero innanzi alla Polizia Giudiziaria al fine di evitare che lo stesso potesse allontanarsi dal territorio Italiano durante il procedimento di mandato di arresto europeo.
Chiaramente, non era affatto intenzione del nostro assistito quella di scappare dal territorio Italiano, intendendo semplicemente lo stesso scontare la condanna in Italia, luogo questo in cui risultava radicato da diversi anni, avendo tutta la sua famiglia ed il suo lavoro qui.
Da questo punto di vista, infatti, sembrava evidente che in caso di consegna per il mandato di cattura Romania lo stesso avrebbe realmente corso il rischio di perdere tutto, non volendo infatti lo stesso essere costretto a dover eseguire la sentenza di condanna in uno Stato, la Romania, con il quale non aveva più alcun tipo di legame.
I motivi di rifiuto: l’articolo 18 bis lett. c) della Legge numero 69 del 2005
Così come ti dicevo prima, la principale preoccupazione che incombeva in capo al nostro assistito non era l’esecuzione di una condanna che egli stesso ammetteva essere giusta, bensì il fatto che, al fine di eseguire la stessa, sarebbe dovuto essere consegnato alla Romania, correndo il rischio di stare per un lunghissimo periodo di tempo lontano dalla propria famiglia e dai propri affetti, correndo inoltre il rischio di perdere il suo lavoro.
Nell’ambito del procedimento di mandato di arresto europeo tenutosi in Italia, innanzi alla Corte di Appello di Roma, la posizione del nostro assistito veniva seguita direttamente dagli avvocati Vincenzo Esposito e Mario Capuano dello studio legale internazionale Avvocato penalista H24.
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Chiaramente, la difesa assunta dall’Avv. Vincenzo Ezio Esposito e dall’Avv. Mario Capuano non poteva sicuramente andare a sindacare l’illegittimità del mandato di cattura Romania, essendoci ormai una sentenza di condanna emessa in un procedimento in cui erano stati rispettati tutti i diritti fondamentali del nostro assistito per dei reati che, pacificamente, erano puniti finanche dalla Legge Italiama, essendo quindi evidente che il procedimento dovesse muovere sulla possibilità (riconosciuta allo Stato Italiano dalla stessa normativa europea) di disporre il rifiuto della consegna sulla base del fatto che il nostro assistito, ampiamente radicato da diversi anni in Italia, avesse deciso di eseguire la sentenza di condanna in Italia, sulla base di quanto disposto dall’art. 18bis lett. C) della legge numero 69 del 2005 (la legge sul Mandato di Arresto Europeo in Italia).
Sulla base di detta norma, infatti, la Corte di Appello può rifiutare la consegna, qualora: “il mandato d’arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, qualora la persona ricercata sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell’Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, sempre che la corte di appello disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno”.
Pertanto, essendo il nostro assistito un cittadino Rumeno (stato membro dell’Unione Europea) ampiamente radicato sul territorio italiano, avendo il medesimo in Italia la propria famiglia, il proprio lavoro ed i propri affetti, appariva evidente che potesse essere disposta la causa di rifiuto facoltativo alla consegna, prevista dall’art. 18 bis lett. C) della L. 69/2005, richiedendo quindi il riconoscimento della sentenza di condanna Rumena in Italia.
Cosa succede quando viene riconosciuta la sentenza in Italia?
Il riconoscimento della sentenza di condanna in Italia, nel caso specifico, era un provvedimento di fondamentale importanza dal momento che, una volta disposto il rifiuto alla consegna da parte della Corte di Appello di Roma sulla base del riconoscimento della sentenza in Italia, nei confronti del nostro assistito avrebbe trovato applicazione la normativa italiana in materia di esecuzione della pena, potendo il medesimo richiedere il riconoscimento di una delle misure alternative alla detenzione previste dalla Legge Italiana quali, ad esempio, l’affidamento in prova ai servizi sociali, la detenzione domiciliare, la semilibertà ecc.
Devi sapere, infatti, che l’applicazione delle misure alternative alla detenzione può essere disposta anche in relazione a sentenze applicate da uno Stato estero, così come nel caso di specie, in conformità con quanto direttamente previsto dalla Decisione Quadro 2008/909/GAI, norma questa in ragione della quale: “L’esecuzione della pena è disciplinata dalla legislazione dello Stato di esecuzione. Le autorità dello Stato di esecuzione sono le sole competenti, fatti salvi i paragrafi 2 e 3, a prendere le decisioni concernenti le modalità di esecuzione e a stabilire tutte le misure che ne conseguono, compresi i motivi per la liberazione anticipata o condizionale” (Art. 17 comma 1), essendo quindi le modalità di esecuzione della sentenza una materia di stretta ed esclusiva competenza dello stato di esecuzione della condanna, ovvero l’Italia.
Quindi, una volta disposto il riconoscimento della sentenza di condanna in Italia, ed una volta iniziata l’esecuzione della pena, il mandato di cattura Romania avrebbe inevitabilmente perso efficacia, potendo il nostro assistito scontare la pena in Italia, sulla base di quanto espressamente previsto dalla Legge Italiana.
Perché veniva richiesto il riconoscimento della sentenza in Italia ?
Il fondamento giuridico della richiesta di riconoscimento della sentenza di condanna Rumena in Italia, nel caso specifico, risiedeva direttamente nell’articolo 12 commi 5 e 7 del Decreto Legislativo n. 161/2010, attraverso la quale l’Italia ha conformato il proprio diritto interno alla Decisione Quadro 2008/909/GAI del Consiglio dell’Unione Europea, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà, norma questa in ragione della quale l’Italia è tenuta al formale riconoscimento della sentenza su cui si fonda il Mandato di arresto Europeo, secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo 7 settembre 2010, n. 161, anche al fine di verificare la compatibilità della pena irrogata dallo Stato di emissione con la legislazione italiana, a condizione che pure il Paese richiedente abbia dato attuazione alla predetta Decisione Quadro.
Sta di fatto che lo strumento del reciproco riconoscimento delle sentenze, entrato in vigore tra gli Stati membri dell’Unione Europea a far data dal 5 Dicembre 2011, veniva recepito finanche nell’ordinamento Rumeno a decorrere dal 26 Dicembre 2013 (con la Legge n. 300 del 2013), trattandosi quindi di una norma pacificamente applicabile alle relazioni inter-giurisdizionali tra le competenti autorità giudiziarie Italiane e quelle della Romania.
Chiaramente, una volta ottenuto il riconoscimento della sentenza in Italia, ed una volta iniziata l’esecuzione della pena sul territorio nazionale, la Romania avrebbe perso il proprio potere sull’esecuzione della pena, con conseguente necessità di procedere alla cancellazione del mandato di cattura Romania.
Infatti, sulla base di quanto previsto dagli articoli 13 e 17 della Decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio dell’Unione Europea, del 27 novembre 2008, una volta riconosciuta la sentenza, nei termini previsti dalla Decisione Quadro, e “iniziata” l’esecuzione della pena nello stato di esecuzione, lo Stato di emissione della sentenza di condanna perde la sovranità sull’esecuzione della pena (art. 13 della Decisione-Quadro), diventando l’esecuzione della stessa una materia di stretta ed esclusiva competenza dello Stato di esecuzione (art. 17 della decisione-quadro), con l’effetto che, a quel punto, sono concedibili alla persona condannata finanche i provvedimenti clemenziali applicabili sulla base della Legge dello Stato di esecuzione.
In questo caso, quindi, una volta ottenuto il riconoscimento della sentenza di condanna, il nostro assistito avrebbe potuto beneficiare, così come tutte le persone condannate in Italia, delle misure alternative alla detenzione.
La nostra strategia difensiva
Sulla base di quanto ti ho detto in precedenza, quindi, gli Avvocati Vincenzo Ezio Esposito e Mario Capuano depositavano alla Corte di Appello di Roma una serie di documenti dai quali si evinceva chiaramente il profondo radicamento del nostro assistito in Italia, tra cui: il contratto di affitto della propria abitazione, il certificato di iscrizione scolastica del figlio, le attestazioni di lavoro con relative buste paga, nonché il certificato di residenza anagrafico dello stesso e dei propri familiari, documentazione questa dalla quale si evinceva chiaramente il fatto che la sua presenza sul territorio Italiano non fosse estemporanea e che, nello specifico, realmente lo stesso avesse deciso di vivere in Italia assieme alla propria famiglia.
Chiaramente, dette circostanze venivano messe in risalto affinché la Corte di Appello di Roma potesse ritenere sussistente il suo radicamento in Italia ed applicare, quindi, il sopra citato articolo 18bis lett. c) l.n. 69 del 2005 rifiutando la richiesta di consegna derivante dal mandato di cattura Romania.
Questo è il fondamentale passaggio della sentenza emessa dalla Corte di Appello di Roma dal quale si evincono chiaramente le nostre richieste difensive.
In questo caso, quindi, la Corte di Appello di Roma, una volta riscontrato l’effettivo radicamento del nostro assistito in Italia, non poteva fare altro che rifiutare la sua consegna alla Romania avendo il medesimo richiesto il riconoscimento della sentenza in Italia, al fine di poter scontare in Italia la sentenza applicata nei suoi confronti dalla Romania.
Infatti, da questo punto di vista il Tribunale argomentava in questo modo: “sussistono le condizioni di cui all’art. 10 D.Lgs 161/2010 posto che il condannato, come sopra osservato, è radicato nel territorio italiano (art. 10 lett. b), si trova nel territorio italiano (art. 10 lett. c), dove è stato tratto in arresto in forza di M.A.E. e ha chiesto di scontare la pena in Italia (art. 10 lett. d), i fatti per i quali è stato condannato sono previsti come reato anche nel sistema italiano (art. 10 lett. e)”.
Il rifiuto della consegna con conseguente riconoscimento della sentenza straniera in Italia
Così come ti dicevo in precedenza, la Corte di Appello di Roma, al fine di rifiutare la consegna del nostro assistito alla Romania ha dovuto procedere al riconoscimento in Italia della sentenza emessa dal Tribunale romeno nei confronti dello stesso..
In questo caso, quindi, una volta disposto il riconoscimento, lo stesso veniva messo in immediatamente in libertà, venendo quindi revocata la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, in attesa che il Procuratore Generale gli notificasse un ordine di esecuzione sospeso per il residuo di pena che ancora doveva scontare.
Infatti, essendo la sua posizione parificata a quella di un qualsiasi condannato Italiano, lo stesso potrà beneficiare della sospensione dell’ordine di esecuzione fino a che il competente Tribunale di Sorveglianza non deciderà in merito alla possibilità di applicazione di una misura alternativa alla detenzione.
Non potete immaginare l’incredulità e la gioia del nostro assistito e dei suoi familiari allorquando gli abbiamo comunicato la notizia del riconoscimento della sua sentenza di condanna in Italia, potendo un eventuale provvedimento di consegna alla Romania compromettere anni ed anni di vita in Italia durante i quali aveva cercato di creare un futuro diverso per lui e per la sua famiglia.
Considerazioni Conclusive
Nel caso del nostro assistito, grazie alla preparazione dei nostri professionisti, siamo riusciti ad ottenere un provvedimento assolutamente in grado di soddisfare le sue esigenze e la sua esigenza di rimanere sul territorio Italiano per eseguire la sentenza di condanna in uno Stato in cui era ormai pacificamente radicato assieme alla propria famiglia.
Infatti, attraverso la semplice applicazione della specifica normativa inerente il mandato di arresto europeo ed il riconoscimento della sentenza straniera di condanna in Italia, lo stesso, dopo essere stato giudicato colpevole di reati che gli venivano contestati in Romania e per i quali era stato emesso nei suoi confronti un mandato di cattura Romania, non è stato consegnato a questo Stato e potrà scontare la sua pena in Italia, sulla base della Legge Italiana.
In questo caso, la specifica preparazione dei professionisti del nostro studio legale in tema di mandato di arresto europeo e riconoscimento in Italia della sentenza sùbita all’estero, ha permesso al nostro assistito di non dover lasciare la sua famiglia e perdere il lavoro.
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Perché rivolgersi ad un esperto avvocato per mandato di cattura Romania?
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