Scarcerazione per Spaccio di Droga: Come è stata ottenuta?

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Scarcerazione per Spaccio di Droga: Come è stata ottenuta?

Al nostro assistito veniva contestata la cessione a terzi di sostanza stupefacente del tipo cocaina: gli Avvocati Vincenzo Ezio Esposito e Bernardo Brancaccio dello studio legale Avvocato Penalista H24 hanno ottenuto una giusta scarcerazione per spaccio di droga dopo circa 3 anni di custodia cautelare. Il processo è dunque da rifare con riferimento alla corretta qualificazione del reato.

Annullamento sentenza

I Fatti di causa

Il nostro assistito era stato condannato in primo grado di giudizio alla pena di anni 5 e mesi 4 di reclusione ed euro 18.000,00 di multa successivamente riformata in appello alla pena di anni 4 di reclusione ed euro 18.000 di multa per avere – secondo l’accusa – spacciato droga all’interno di un noto locale sito sull’isola di Capri in Provincia di Napoli.

Per tali fatti – dopo l’arresto – l’imputato era stato sottoposto alla misura della custodia cautelare sino a quando non abbiamo ottenuto giustizia dinanzi la Suprema Corte di cassazione.

Infatti, dopo l’annullamento con rinvio ottenuto nel giudizio di legittimità, il nostro assistito è stato prontamente scarcerato in quanto i giudici si sono resi conto dell’errore di diritto in cui fossero incorsi e – per tali motivazioni – hanno finalmente ritenuto di dover rendere giustizia.

Secondo la Corte di cassazione, la sentenza di condanna era fondata su prove inesistenti e – pertanto – la condanna ad anni 4 di reclusione non poteva essere confermata.

Avvocato per scarcerazione spaccio di droga in quest’articolo ti riporta la sentenza della Suprema Corte di cassazione che ha annullato la decisione di condanna emessa in primo e secondo grado di giudizio. 

Sono stati praticamente accolti tutti i motivi dedotti dagli avvocati del nostro studio a sostegno dell’annullamento della decisione di condanna intervenuta nei gradi di merito.

Ecco la sentenza della Corte di cassazione che demolisce la sentenza emessa dai Giudici della Corte di Appello di Napoli che aveva ingiustamente condannato il nostro assistito alla pena di anni 4 di reclusione ed euro 18.000,00 di multa.

La sentenza della Corte di cassazione

1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Napoli in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Napoli, ha ridotto la pena inflitta a C. A., per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, ad anni quattro di reclusione e C 18.000,00 di multa perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 73 comma 1 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 perché deteneva per la vendita n. 3 dosi di sostanza stupefacente tipo cocaina, del peso netto di grammi 0,58, 0,56, 0,03 di cui una veniva ceduta a R. E.. Con la recidiva reiterata infraquinquennale. In Capri il 1 settembre 2018. 

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. 

2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen. in relazione alla illogicità della motivazione sul diniego di riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. 

La motivazione sarebbe apparente dal momento che, a fronte di un peso ponderale esiguo, avrebbe argomentato la stabile dedizione all’attività di spaccio dell’imputato tenuto conto del contesto territoriale in cui era avvenuta la cessione a R. (davanti ad un locale notturno di Capri) e dal rinvenimento di una somma di denaro ritenuta provento di spaccio e dal collegamento con gli ambienti della criminalità locale, motivazione del tutto apodittica tenuto conto che l’imputato aveva giustificato la detenzione del denaro e del fatto che la contestazione aveva ad oggetto la detenzione finalizzata alla vendita di n. 3 dosi di cocaina. 

2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione alla erronea applicazione dell’art. 99 cod.pen. e all’omessa motivazione sull’applicazione della recidiva. 

2.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione al diniego di riconoscimento delle circostanze di cui all’art. 62 bis cod.pen. e mancanza di motivazione. 

2.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 73 comma 7 bis del d.P.R. 309/90, 240 bis cod.pen., 240 cod.pen. in relazione alla confisca del denaro sequestrato. 

La confisca non potrebbe essere giustificata alla luce del disposto di cui all’art. 73 comma 7 bis cit. e 240 bis cod.pen. in considerazione che non vi sarebbe stata condanna per il reato di detenzione a fini di spaccio ulteriore a quella di cui al capo di imputazione limitata a 3 dosi. 

In secondo luogo, la confisca del denaro, ritenuto provento di spaccio, sarebbe stata argomentata in modo apodittico. In data 24 aprile 2020 sono pervenuti motivi nuovi e in data 22 gennaio 2021 conclusioni scritte con cui si chiede l’accoglimento del ricorso 

La fondatezza del ricorso

4. Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni esposte innanzi. 

È orientamento consolidato nella giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo cui la fattispecie del fatto di lieve entità di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, anche all’esito della formulazione normativa introdotta dal d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, art. 2, conv. nella legge 10 febbraio 2014, n. 10, può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendosi escludere qualsivoglia preclusione derivante dalla eterogeneità delle sostanze o dalle modalità organizzate della condotta, essendo quest’ultimi elementi idonei ad escludere l’ipotesi del fatto lieve soltanto qualora siano dimostrativi di una significativa potenzialità offensiva offensiva (S.U. n. 51063 del 27/09/2018, M., Rv. 274076 – 02; Sez. 6, n. 29132 del 09/05/2017, Merli, Rv. 270562; Sez. 3, n. 27064 del 19/03/2014, Rv. 259664; Sez. 6, n. 39977 del 19/09/2013, Rv. 256610).

In tema di sostanze stupefacenti, ai fini del riconoscimento della fattispecie incriminatrice del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, il giudice è tenuto a valutare, secondo una visione unitaria e globale, tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli attenenti all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa) come manifestatisi nel peculiare caso di specie, senza nessun automatismo o preclusione, potendo escludere il riconoscimento della fattispecie in ragione del dato quantitativo della sostanza ovvero dei connotati dell’azione soltanto qualora essi possano ritenersi dimostrativi di una significativa potenzialità offensiva. 

Ciò premesso, nel caso in scrutinio la corte territoriale non ha fatto corretta applicazione dello ius receptum ed ha escluso il fatto di lieve entità con motivazione congetturale. 

A fronte di un quantitativo esiguo pari a tre dosi, del peso netto di grammi 0,58, 0,56, 0,03, la corte territoriale ha ritenuto che le modalità della condotta e segnatamente del contesto territoriale (locale notturno di Capri) fossero indicative dell’inserimento dell’imputato in un più vasto contesto di persone dedite allo spaccio con collegamenti con gli ambienti della criminalità locale. 

Trattasi all’evidenza di giudizio meramente congetturale

5. Anche il riconoscimento della recidiva e la sua applicazione sono argomentati in maniera del tutto apodittica e comunque in violazione dei principi giurisprudenziali, espressi dalle Sezioni Unite di Questa Corte di legittimità. 

Come è noto, in tema, al fine di porre alcuni punti fermi, sono intervenute le Sezioni Unite di questa Corte (S.U. n. 35738 del 27/05/2010 P.G. in Calibè, Rv. 247838) che hanno stabilito che la recidiva, operando come circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole, va obbligatoriamente contestata dal pubblico ministero, in ossequio al principio del contraddittorio, ma può non essere ritenuta configurabile dal giudice, a meno che non si tratti dell’ipotesi di recidiva reiterata prevista dall’art. 99, comma 5, cod. pen., nel qual caso va anche obbligatoriamente applicata (affermazione prima della sentenza della Corte costituzionale n.185 del 2015). 

Nell’enunciare tale principio, la Corte ha precisato che, in presenza di contestazione della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 cod. pen., è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali. 

Tale valutazione in concreto è mancata nel caso in esame essendosi limitato il giudice del merito a ritenere i precedenti (falsa testimonianza, spendita di monete false, ricettazione) espressivi di una maggiore pericolosità. 

Trattasi di motivazione apodittica che non tiene conto della natura dei reati, della qualità e del grado di offensività dei comportamenti, della distanza temporale tra i fatti e del livello di omogeneità esistente tra loro, dell’eventuale occasionalità della ricaduta. 

6. Il terzo motivo di ricorso afferente alla motivazione del giudizio di bilanciamento ai sensi dell’art. 69 cod.pen. tra le circostanze attenuanti generiche e la recidiva rimane, allo stato, assorbito dall’accoglimento del secondo motivo di ricorso. 

7. Infine, deve essere accolto anche il quarto motivo di ricorso

La corte territoriale nel confermare la confisca della somma di denaro non ha qualificato la stessa (ai sensi dell’art. 240 cod.pen. ovvero ai sensi dell’art. 240 bis cod.pen.) ed è pervenuta alla conferma della confisca senza previamente indicarne i presupposti che condizionano poi la motivazione che deve sorreggere il provvedimento ablativo, presupposti che neppure erano indicati dal giudice di primo grado che in modo assertivo e immotivato aveva disposto la confisca in quanto appare palesemente provento dell’attività di spaccio. 

Deve rilevarsi che, diversamente dalla provvisoria imputazione, l’imputato è stato condannato per la detenzione a fini di spaccio di due dosi di sostanza stupefacente e per la cessione di una dose a R. E., senza alcuna condotta ulteriore come ab origine contestata. 

Dunque, nel giudizio di rinvio, il giudice dovrà, una volta qualificata giuridicamente la confisca della somma di denaro di € 1.365,00, valutare i presupposti applicativi derivanti dalla qualificazione della confisca e motivatamente esporre le ragioni giustificatrici della decisione. 

8. Conclusivamente la sentenza va annullata in relazione alla qualificazione della fattispecie di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, alla recidiva e alla confisca della somma di denaro con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli, alla quale spetterà la rivalutazione del trattamento sanzionatorio in dipendenza del nuovo demandato giudizio (nei limiti sopra indicati) anche in relazione all’art. 69 cod.pen. 

P.Q.M. 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo.

La scarcerazione del detenuto

A seguito della sentenza di annullamento della condanna ad anni 4 di reclusione ed euro 18.000 di multa inflitta ai danni del nostro assistito nei gradi di merito, abbiamo subito chiesto la scarcerazione dello stesso alla Corte di Appello di Napoli che – avvedendosi dell’errore di diritto in cui era incorsa – ha prontamente accolto la nostra richiesta. 

Scarcerazione del detenuto

Il nostro assistito – dopo ben 3 anni di custodia cautelare ingiusta – ha riottenuto la meritata libertà.

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